Ho letto molte previsioni finanziarie per l’anno borsistico 2022 e sono confuso. I prezzi delle azioni, leggendo diversi indicatori, sembrano alti quasi come non mai e questo scoraggia l’investimento azionario. Ma i rendimenti dell’obbligazionario sono o miseri o addirittura negativi e anche tenere i soldi in liquidità non sembra il miglior luogo dove rifugiarsi, considerata l’inflazione graffiante. Che fare? Quali sono le prospettive per l’anno che verrà? Hanno un senso o valore queste previsioni?
M.


Caro M.,
Lo stesso premio Nobel per l’Economia Robert Shiller sulla sopravvalutazione delle azioni ha espresso da tempo un pensiero più articolato rispetto a chi fa notare che il valore medio dello stesso indicatore da lui ideato, il Cape Shiller (un rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo e dove la capitalizzazione di Borsa di un mercato è divisa per la media decennale degli utili), è su valori molto elevati e vicini ai massimi storici.

A inizio 2021 uno studio dello stesso Shiller insieme ad altri economisti ha evidenziato come i prezzi elevati delle azioni di oggi potevano ancora essere giustificati, perché i tassi di interesse erano molto bassi. Rispetto ai rendimenti reali offerti sui titoli di stato privi di rischio, i prezzi delle azioni hanno ancora un fascino immutato, concludeva lo studio. E il 2021 ha visto ancora un boom delle azioni.

Se l’orizzonte temporale d’investimento non è quello di una mosca, in oltre 50 anni di andamento dei mercati un paniere di investimenti azionari e obbligazionari e materie prime ben bilanciato ha prodotto un rendimento annuale reale sempre positivo e nettamente superiore a quello di coloro che hanno giocato a fare i guru e i trader (lo dicono le statistiche ufficiali). Ma evidentemente è più facile far credere ancora ai risparmiatori che qualcuno è in grado di possedere doti divinatorie sui mercati finanziari e fare “cinema”. Anche per farsi pagare grassi compensi e far credere di essere indispensabili al risparmiatore che si rivolge agli “esperti”. 

Previsioni senza senso

In realtà, come cantava Vasco Rossi, “un senso non ce l’ha” tutto questo fiorire di previsioni sull’andamento dei mercati borsistici. È stata analizzata la correlazione degli ultimi 20 anni fra previsioni sui mercati degli analisti e andamento effettivo dei 12 mesi successivi è il risultato è stato sostanzialmente zero. In pratica se lanciate una moneta non c'è molta differenza rispetto all'ufficio studi di una blasonata casa d'investimenti.

Scorrendo molti report di banche d’affari si legge che nel 2022 c’è da attendersi molta volatilità che è un modo elegante per dire che non si sa bene cosa accadrà poiché potrà salire ma anche scendere. Peraltro, anche 12 mesi fa molti report pronosticavano un 2021 molto volatile dopo le montagne russe (anzi cinesi per lo scoppio della pandemia) del 2020 mentre, invece, Wall Street ha visto quest’anno solo cinque sedute borsistiche con variazioni negative superiori al 2 per cento. Un record assoluto.

Il buio e l’alba

Un po’ come quando leggete le previsioni degli analisti finanziari che vi dicono che l’anno futuro sarà “selettivo”. Un modo furbetto per dire che ci sarà qualcosa che sale e qualcosa che scende, cosa che potrebbe dirci anche nostra madre pensionata.

Alla fine dell’anno scorso il consiglio quasi unanime degli strategist era sovrappesare la Cina e alleggerire la parte tech poiché già nel 2020 aveva sovraperformato. E piuttosto puntare sui titoli più sottovalutati ovvero “value” come si dice nel gergo del settore e più sull’Europa che sugli Stati Uniti perché più conveniente come multipli e scontata.

Inutile dire che si è avverato quasi tutto ma al contrario. La Cina (che alcuni gestori consigliavano di sovrappesare) è stata fra le grandi delusioni del 2021 (Msci China più 5,3 per cento nel 2021) condizionata dall’interventismo governativo “punta e tacco” del Partito comunista cinese e poi dalla crisi immobiliare.

L’Europa non ce l’ha fatta nemmeno quest’anno (Msci Europe più 25,2 per cento) a superare l’andamento di Wall Street (Msci Usa più 38,8 per cento) trainata soprattutto dai soliti tecnologici (Nasdaq più 40,4 per cento) e si è chiuso comunque un grande anno (Msci World più 32,9 per cento) nonostante uno dei report più citati (della casa d’investimento ING) lo scorso anno si intitolasse: The darkness before the dawn (Il buio prima dell’alba) e postulava che sarebbe potuto andare tutto molto male prima di andare molto bene.

Come l’astrologia

«Niente al mondo si può immaginare prima. Tutto è costituito da tanti elementi unici che non possono essere previsti» diceva Nostradamus. E se lo diceva Nostradamus…

I sacerdoti della finanza (e i loro compari) devono invece far credere di essere in possesso di doti divinatorie sui mercati (anche perché si fanno strapagare per replicare nel migliore dei casi cosa fa il mercato all’ingiù o all’insù) e sfornano continuamente previsioni (che raggiungono a fine anno l’acme e vengono definiti outlook) che è sempre uno spasso esaminare e confrontare con l’andamento dei mercati.

Resta inascoltato il monito di uno dei più grandi economisti della storia, John Kenneth Galbraith: «la sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile».

Mercati senza profeti

Nessuno, infatti, sa quello che succederà sui mercati finanziari come nessun astrologo potrà mai dirvi cosa vi succederà di bello o di brutto la prossima settimana o mese. Se si vogliono investire i risparmi con serietà e lungimiranza l’ultima cosa che si dovrebbe prendere in considerazione è farlo sulla base delle dritte che gli esperti sciorinano sui giornali o nei report. Compresi quelli dove si dicono che i prezzi sono troppo bassi (e più di così non possono scendere) o troppo alti (e l’apocalisse è imminente).

Anche i “profeti dell’imminente crisi” o del “crollo dietro l’angolo” ci sono sempre stati e sono sempre più presenti quando sui mercati ritorna la paura o i prezzi sono saliti molto. Per lo più hanno interessi personali, anche solo fosse la volontà di farsi conoscere, avere 15 minuti di celebrità o vendere i loro libri, fondi o newsletter che magari parlano delle previsioni riguardo a crack finanziari. Il momento perfetto per investire non esiste come non esiste lo Yeti ma è pieno il mondo (anche dell’investire) di aspiranti geni della finanza.

I mercati se ne fregano, insomma, delle previsioni ed è molto più importante avere invece un approccio ragionato agli investimenti che non si basi né sulla speranza né sulla paura ma su un paniere di strumenti diversificati (possibilmente a basso costo) in base all’orizzonte temporale, capacità di sopportare le perdite e a un minimo di conoscenza dei mercati finanziari.

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