L’obiettivo del G20 italiano è trovare un accordo sulla tassazione dei profitti a livello globale: al primo meeting dei ministri e dei governatori dei paesi delle prime venti economie per prodotto interno lordo, l’impegno è stato ribadito e l’orizzonte è più concreto. Dopo che il cambio di posizione dell’amministrazione statunitense ha fatto superare lo stallo che finora bloccava il dossier a livello globale, si punta ad avere una intesa tra pochi mesi a luglio nel vertice programmato a Venezia, dove si discuterà anche di una tassazione ambientale. 

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, che presiedeva la riunione, ha spiegato: «Non dobbiamo pensare che sarà una passeggiata, bisogna passare da linee guida generali a una proposta precisa e il diavolo sta nei dettagli». Molto lavoro è stato fatto dall’Ocse e «la nuova posizione statunitense faciliterà il raggiungimento di una intesa», ha detto Franco, che ha spiegato come gli Stati Uniti non abbiano più institito sul mantenimento dei regimi fiscali semplificati (safe harbour).

Tassare i profitti

L’ultimo G20 aveva previsto l’accordo per metà 2021 e la presidenza italiana punta a ottenerlo al meeting di Venezia di luglio. L’intesa, ha ricordato il ministro, riguarderà da una parte il meccanismo di regolamentazione della localizzazione dei profitti e dall’altra l’individuazione di un’aliquota minima comune di tassazione. L’accordo riguarda le multinazionali, ma il ministro ha ricordato che di fronte a una progressiva digitalizzazione dell’economia e ed essendo le imprese del digitale anche importanti multinazionali, sarà chiaramente rilevante per il settore.

Il gruppo di lavoro del G20 si occuperà proprio nel vertice di Venezia di un evento per discutere di tassazione ambientalmente sostenibile con la partecipazione di esperti e mondo accademico. Il governatore Ignazio Visco ha anche detto che uno dei temi sul tavolo sono gli obblighi di trasparenza da parte delle aziende. 

Nuovi strumenti del Fmi

Oggi i ministri hanno discusso soprattutto la situazione dei paesi in via di sviluppo che rischiano di non poter accedere a lungo ai vaccini, inficiando le strategie di superamento della crisi dei paesi più ricchi. Franco alla domanda se fosse preoccupato dei divari tra Ue, Usa e Cina nell’andamento della ripresa e della risposta alla pandemia ha detto che i divari tra i paesi sviluppati dovrebbero colmarsi relativamente rapidamente, ma che il problema a livello globale le economie in via di sviluppo. 

«Vi è una grande preoccupzione che una parte considerevole del mondo non potrà disporre vaccini per lungo tempo, i diversi tempi di uscita della pandemia sono importanti per determinare i tempi della crisi, c’è il timore che alcuni paesi poco sviluppati possono avere a lungo cicatrici».

Di fronte a questo i problemi di taglia delle risposte fiscali o delle inflazioni dunque sono collaterali.  Il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco ha spiegato che si è discusso anche di «nuovi strumenti» in seno al fondo monetario internazionale «per gestire i bisogni finanziari dei paesi africani». Si sarebbe arrivati molto vicino a un accordo per l’utilizzo di fondi denominati in Dps, diritti speciali di prelievo, il paniere di valute utilizzato ritenute di rilevanza globale dal Fmi. «C’è stata una proposta, ma è ovvio che c’è un trade off tra la taglia dell’ammontare e la sostenibilità politica della proposta in alcuni paesi». L’accordo sembra possa arrivare nel prossimo incontro di aprile. 

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