È troppo presto per aprire i cancelli delle imprese, la fase del congelamento dell’occupazione e del blocco dei licenziamenti durerà almeno fino al primo di luglio: questa è la valutazione che il governo pare abbia condiviso, su indicazione dei sindacati, obtorto collo accettata da Confindustria.

La nuova proroga dovrà essere inserita nel prossimo decreto “Sostegno”, atteso tra una decina di giorni al massimo, in ogni caso prima della scadenza del 31 marzo.

Nel frattempo alcuni tasselli della riforma degli ammortizzatori sono pronti per essere anticipati, primo fra tutti la proroga fino a fine anno della cassa integrazione in deroga, la cosiddetta “cassa Covid”, che finora ha evitato l’emorragia di posti di lavoro soprattutto nelle piccole e micro imprese che costituiscono la trama del tessuto occupazionale in Italia.

Lo stato, attraverso la fiscalità generale, dovrebbe continuare a garantire i sostegni al reddito degli occupati in attività e produzioni soggette a chiusure e restrizioni.

Il ruolo dell’Inps

Altro anticipo della riforma sarà la centralizzazione delle erogazioni della cassa e degli altri sussidi, sostanzialmente saranno tutti nelle mani dell’Inps, come annunciato dal ministro del Lavoro Andrea Orlando nel primo tavolo tecnico con le parti sociali che si è svolto lunedì scorso. Orlando ha spiegato che intende prima di tutto «velocizzare e semplificare le procedure» per ottenere la cassa integrazione.

Renderà trasparente l’iter delle domande attraverso un sistema di tracciamento delle pratiche, che dovranno d’ora in avanti indicare non solo il numero dei dipendenti coinvolti ma anche la loro identità, in modo da poter avere un feedback della domanda presentata: a che punto è e dove eventualmente si è fermata. Non è una riforma da poco, visti i ritardi che si sono registrati dall’inizio del lockdown di marzo.

Nei prossimi due appuntamenti del tavolo tecnico, il ministro del Lavoro coadiuvato dal ministero dell’Economia affronterà il tema della platea dei nuovi sussidi, cioè «il perimetro della riforma», e infine il tema del costo degli interventi, collegato evidentemente alla platea da coprire. Nel primo documento sottoposto alle parti sociali Orlando ha specificato che intende procedere verso un sistema di ammortizzatori «universalistico» ma il disegno definitivo non sarà definito prima dell’estate. Mentre il dibattito pubblico inizia a toccare i temi caldi.

«Il punto fondamentale sarà velocizzare davvero i pagamenti di cassa integrazione, estendere la durata della Naspi, l’indennità di disoccupazione, per coprire i lavoratori temporanei, riformare il reddito di cittadinanza per permettergli di raggiungere le famiglie numerose e gli immigrati», sostiene Tito Boeri, professore alla Bocconi esperto di mercato del lavoro e ex presidente dell’Inps. Boeri insiste nel sottolineare come il blocco dei licenziamenti abbia finito per penalizzare sia le nuove assunzioni sia i contratti a termine, che non sono stati né rinnovati né riattivati.

«C’è un po’ di ipocrisia in chi invoca la prosecuzione del blocco dei licenziamenti», afferma, «perché il rovescio della medaglia è la penalizzazione delle donne, che sono la minoranza dei lavoratori ma sono la maggioranza dei lavoratori con contratti a termine e specialmente in settori come i servizi e il commercio al dettaglio, i più penalizzati dalla crisi».

Quanto alla Naspi ritiene indispensabile «aumentarne la copertura per estenderne la durata durante recessioni lunghe come questa» e pensa a una sua estensione fino a due anni anche per gli intermittenti e i giovani che non hanno almeno quattro anni di contributi continuativi. Ciò che invece fa saltare sulla sedia Boeri è l’idea di uno strumento unico di salvaguardia: «Mi sembra un’idea folle», sentenzia.

Tutele universali

La proposta è risuonata ieri durante una intervista di Maurizio Landini a “Omnibus” su La7. Nel corso della trasmissione il segretario generale della Cgil ha ipotizzato la nascita di «uno strumento universale che copra tutte le forme di lavoro, compreso quello autonomo», comunque diverso dal reddito di cittadinanza che a suo dire «ha funzionato come strumento per combattere la povertà ma non ha funzionato per le politiche attive». In realtà non si deve pensare ad un vero strumento unico: impossibile mettere nello stesso calderone chi un lavoro ce l’ha e chi lo ha appena perso, spiega Tania Scacchetti, segretaria Cgil per il mercato del lavoro.

«È chiaro», specifica, «che gli strumenti debbono essere modulati ma seguendo una impostazione che noi chiediamo universalistica delle coperture, per cui ad ogni lavoratore deve essere garantito lo stesso diritto ad essere sostenuto nei periodi di non lavoro, di buco, a prescindere dall’azienda grande o piccola in cui lavora, sia tramite la cassa integrazione sia attraverso la Naspi, che deve anche riassorbire lo strumento della Discoll dei parasubordinati e degli autonomi».

I sindacati, incluso il neo segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, insistono infine per un potenziamento dei contratti di solidarietà e di espansione, il che significa lavorare meno ma continuare a lavorare tutti, magari affiancati da progetti di formazione per le nuove competenze legate alla trasformazione digitale e “green” dell’economia.

 

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