Ho investito in diverse titoli delle utilities come Enel e non solo perché avevo letto che si tratta di titoli difensivi e che garantiscono cedole pingui. Pur con tutto il dividendo incassato sul titolo Enel nell’ultimo anno ho perso più del 20% e non capisco cosa ho sbagliato. Cosa sta succedendo?

A.


Gentile A.,

in effetti Enel negli ultimi 12 mesi ha perso circa il 20 per cento contro una crescita di circa il 15 per cento della Borsa italiana ma va detto che se il confronto viene fatto su base triennale le performance di Enel e Piazza Affari sono pressoché identiche (+40 per cento).

Con il termine utilities si fa riferimento generalmente alle azioni di quelle società che generano, trasmettono e distribuiscono servizi “utili” e indispensabili come elettricità, acqua e gas dai propri impianti o da impianti di terzi.

Alcune delle attività di queste società (e in certi casi l’intero fatturato) deriva da tariffe regolate a livello nazionale dagli stati in cui operano. E questo dovrebbe consentire di poter contare su flussi futuri abbastanza stabili e poche nubi. Nel listino italiano sono da considerarsi utilities regolate le società che si occupano di trasmissione e trasporto di acqua, gas ed elettricità come Snam rete gas, Italgas o Terna.

Il settore delle utilities ovvero dei servizi di pubblica utilità è sceso in Borsa nell’ultimo trimestre condizionato negativamente soprattutto dall’aumento dei tassi (molte delle società che operano in questo settore hanno un debito elevato per finanziaria le infrastrutture), dalla concorrenza e dalla pressione sui rendimenti, nonché dal rischio politico e regolatorio.

Caro bollette

La crescita del prezzo del gas e del petrolio ha convinto alcuni governi (fra i primi quello spagnolo) a intervenire con misure drastiche sul fenomeno del caro bollette andando a decurtare i cosiddetti extra profitti delle società che erogano servizi di pubblica utilità e anche in Italia si è aperto questo fronte “punitivo”. E questo comunque ci ricorda che il business delle società di questo settore deve fare i conti anche con le autorità regolatorie e politiche statali.

Con posizioni talvolta anche paradossali poiché a pagare maggiormente le conseguenze negative dell’aumento delle bollette potrebbero essere gli investitori che avevano puntato maggiormente sulle energie rinnovabili ed Esg e le società energetiche che vendono alla clientela a prezzo bloccato.

I risultati preliminari 2021 di Enel hanno comunque evidenziato ricavi per 88,3 miliardi di euro, in aumento di 22,3 miliardi di euro (+33,8 per cento ma anche per effetto dei pesanti lockdown dell’anno precedente) un margine operativo lordo (Ebitda) a 19,2 mld di euro in aumento di 1,2 miliardi di euro (+6,7 per cento) rispetto ai 18 miliardi di euro del 2020 e un indebitamento finanziario netto di 52 miliardi di euro che è una bella cifra ma comunque in diminuzione e sopra le attese.

La ripresa dei consumi

Nel 2021 il consumo di elettricità e gas è ripreso in tutta Europa. Allo stesso tempo, i prezzi dell’elettricità e del gas hanno raggiunto livelli incredibilmente alti sulla scia della ripresa economica nella maggior parte dei paesi europei.

A questi prezzi, rispetto alle previsioni di utile, la società non sembra sopravvalutata (vale circa 11,5 volte gli utili previsti) e dovrebbe mantenere un dividendo elevato anche nei prossimi anni (intorno al 5-6 per cento rispetto al prezzo attuale in Borsa). Ma scegliere un’azione in base al dividendo non è una genialata come a molti risparmiatori troppo semplicisticamente appare o viene raccontato.

Rispetto alla narrazione “titoli delle utilities = titoli sicuri”, nella realtà le società di questo comparto hanno mostrato un andamento solo leggermente meno volatile del resto delle azioni e non possono considerarsi un investimento “passeggiata”, se mai ne esistessero.

Sono peraltro titoli molto sensibili ai tassi d’interesse visto che tradizionalmente le società che operano in questo settore tendono a investire molto in infrastrutture (e molte di queste società sono massicciamente ora impegnate nella transizione energetica) e quindi a indebitarsi e uno scenario dove i tassi d’interesse sono visti in forte salita non è il miglior habitat.

Mi ha molto incuriosito la notizia che potrebbe essere lanciato un fondo o per meglio dire un Exchange-traded fund (Etf) sulla colazione, l’Etf breakfast. Il sottostante sarebbero, infatti, i prezzi del caffè, succo d’arancia, pancetta di maiale, grano. Tutte materie prime che sono salite molto ultimamente. È vero? È già quotato?

P.


Gentile P.,

In effetti il gestore statunitense di Direxion che si è specializzato in Etf particolari e tematici ha presentato, secondo l’agenzia Bloomberg, domanda di quotazione alla Securities and exchange commission (Sec) un fondo passivo che investe proprio sugli ingredienti tipici della colazione in stile anglosassone.

Sfruttando il rialzo delle quotazioni di molte materie prime tra cui il caffè, il succo d’arancia, il granoturco (corn flakes) e la pancetta. “Io l’inflazione me la magno” potrà forse un giorno dire il risparmiatore che comprerà questo Etf.  

I prezzi dei generi alimentari inclusi nel cosiddetto «Etf per la colazione» sono aumentati notevolmente lo scorso anno. I prezzi del caffè sono cresciuti del 77 per cento e questo perché il Brasile, il più grande produttore mondiale, ha subito un forte calo della produzione a causa di condizioni meteorologiche estreme come siccità e gelo.

Anche i prezzi di cereali, succo d’arancia, zucchero e pancetta sono aumentati trainati dalla domanda e dalle misure di stimolo del governo scontrandosi con una carenza di scorte causata  delle interruzioni della catena di approvvigionamento.

L’Etf colazione non è ancora negoziabile e comunque per noi europei fiscalmente comprare questo strumento non armonizzato non è molto efficiente visto che il risparmiatore italiano dovrebbe poi dichiararlo nel modello unico e pagarci sopra, in caso di profitti, le tasse in base alla propria aliquota fiscale a differenza della normale tassazione del 26 per cento.

Alla Borsa italiana, se comunque si vuole allargare l’operatività oltre che alla colazione anche al pranzo e alla cena, esistono numerosi strumenti quotati ed Etf. Fra i più longevi il Lyxor C. Refinitiv/CoreCommodity Crb che replica l’omonimo indice Crb che raggruppa tutte le principali materie prime agricole e non (a 12 mesi segna un +50,9 per cento) o l’Etf WisdomTree Agricolture che replica l’andamento di 27 materie prime agricole (dal grano al caffè).

Attenzione però perché gli strumenti derivati sulle materie prime hanno diverse insidie particolari e storicamente hanno mostrato una volatilità ben superiore a quello delle azioni.  

L’indice S&P Gsci che replica l’andamento di tutte le principali commodity ha perso dai massimi del 2008 oltre l’80 per cento e, nonostante i recenti forti rialzi, a oggi ha recuperato solo la metà della discesa.

Molto più veloce e impressionante nell’ultimo anno e mezzo quello delle materie agricole (+100 per cento). Non sono comunque un investimento alla portata di tutti: non è come bere un succo d’arancia.

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