Far nascere una nuova compagnia aerea (ITA) per venderla, quando si poteva vendere la vecchia Alitalia, è davvero inspiegabile. L’ex compagnia di bandiera non è stata venduta per non essere costretti ad alleggerirla di migliaia di addetti come chiedevano i possibili compratori Lufthansa, Air France, Delta. Ciononostante, sono scattati robusti ammortizzatori sociali per tutelare l’esercito di ex addetti Alitalia e poter cercare di vendere il 40 per cento della Newco pubblica, con tutta probabilità alla solita Lufthansa.

I ricavi dimezzati di ITA

Quanto alla nuova compagnia, ITA è già in affanno rispetto al piano industriale presentato al Parlamento qualche mese fa e si stanno macinando più in fretta di quanto previsto i 3 miliardi per la neonata compagnia aerea pubblica. 

I ricavi dei primi tre mesi sono dimezzati rispetto alle stime, e tutte le previsioni si sono rivelate errate: si dava per scontato un mercato non influenzato dalla pandemia, ma poi è arrivata la variante Omicron;  è stata persa la gara per la continuità territoriale sarda (vinta dalla low cost spagnola Volotea); ci si è presentati male e in ritardo al nastro di partenza del 15 ottobre (la campagna pubblicitaria è partita solo cinque giorni prima).
 

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Il nuovo management già accampa scuse sulla prevedibilissima crescita del 15 per cento del prezzo del petrolio, e del 5 per cento del tasso di cambio dollaro/euro. Ma in quale contesto il ministero dell’Economia e i dirigenti di ITA pensavano di dare vita a una nuova compagnia aerea? Non solo ma l’ad di Ita, l’ex Alitalia Fabio Lazzerini, e il presidente, Alfredo Altavilla, ex Fiat, sono già ai ferri corti. Un film che si ripete e che non promette nulla di buono.

L’operazione di vendita, che dovrebbe aprirsi dopo la presentazione del piano alla fine di gennaio, parte con conti già sballati e il mercato della penisola sarà difficile da riconquistare, vista la presenza minoritaria di ITA e la supremazia delle compagnie low cost. 

Per Alitalia sempre trattamenti ad hoc

E Alitalia? Dopo la riforma degli ammortizzatori sociali approvata nella legge di Stabilità, si pensava che il quadro di riferimento dei trattamenti normativi e salariali degli ex dipendenti di Alitalia e delle sue controllate (City Liner) rientrasse, gradualmente, nelle norme universali disegnate nella riforma. Invece nei confronti del personale della ex compagnia di bandiera continuano i trattamenti di favore.

Alitalia lascia una scia di 13 miliardi di sprechi

L'integrazione salariale da sommare, fino al 2023, alla cassa integrazione straordinaria (e che nel 2021 è costata 188 milioni di euro), resta di fatto all’80 per cento e non al 60 per cento - come si voleva per far sì che i lavoratori potessero accettare l'assunzione nella neonata ITA Airways, visto che la somma di cigs e integrazione è paradossalmente superiore al salario offerto dalla nuova compagnia.

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Anche il decreto legge sulla previdenza contiene un nuovo regalo per piloti e assistenti di volo: una super agevolazione del passaggio dal lavoro alla pensione con soli 60 anni di età. A una precedente norma del 1997 che riduceva i requisiti per andare in pensione di 5 anni, il prossimo anno se ne aggiungeranno altri due, arrivando a ben 7 anni di scivolamento. 

Si tratta di due provvedimenti iniqui sia nei confronti del resto del lavoratori che dei 1.350 dipendenti di Air Italy, licenziati e rimasti senza cigs. Solo poche corporazioni possono ancora disporre di tali privilegi, ma non c'è governo che riesca a scalfire quella che è una vera e propria casta. I vari esecutivi, giustificando manager incapaci che per vent’anni si sono arricchiti con gli aiuti di Stato, hanno dovuto accettare che Alitalia diventasse l’ammortizzatore sociale di se stessa, mantenendo la più lunga cigs della storia delle aziende italiane e gestendo il consenso dei sindacati con pratiche consociative.

Air Italy, compagnia di serie B

La gestione delle due crisi di Air Italy e di Alitalia è stata iniqua dal punto di vista del trattamento economico/previdenziale dei lavoratori: si poteva fare meglio e con minori costi per la spesa pubblica. Ad esempio, l'involucro di Air Italy poteva essere utilizzato per subentrare alla ex Alitalia da parte dello Stato come azionista unico. I costi di avvio di una nuova azienda e il passaggio di certificazioni, autorizzazioni e di nuove sedi sarebbero stati risparmiati. Non solo, ma alla data del passaggio dalla ex Alitalia ad Air Italy, il 15 ottobre scorso, la perdita di prenotazioni e di utenza non sarebbe stata massiccia come invece è accaduto.

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Gli azionisti di Air Italy avevano designato nel febbraio 2020 come liquidatore il professor Enrico Laghi, un boiardo di Stato, già commissario di Alitalia, ed ex commissario della ex Ilva, ora agli arresti domiciliari per corruzione. Vennero rifiutate alcune proposte di acquisto di aziende internazionali e non fu presa neppure in esame (senza alcuna giustificazione) la proposta della piccola, ma agguerrita compagnia sarda PeopleFly, sancendo così la morte della compagnia. Errori su errori, tanto si torna alla casella del via. Con Ita da sostenere e le bollette del gas alle stelle.Come sempre pagano i contribuenti.

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