Il presidente di Stellantis in aula ha raccontato che il piano Italia non cambia. Ha sorvolato sui numeri da record negativo del 2024 e accusato il governo
Poche novità dall’audizione in Parlamento di John Elkann, presidente di Stellantis. Nessuna novità sui piani di investimento del gruppo in Italia e nessuna novità nello stile l’erede della dinastia Agnelli ha esordito con una lunga, confusa e inutile rievocazione dei 125 anni di storia Fiat in Italia, dalle tasse pagate alle scuole per i dipendenti. «Senza Stellantis in Italia non ci sarebbe più un settore auto» ha concluso.
Nella ricostruzione gloriosa, come l’ha definita il senatore Calenda, Elkann ha glissato sui numeri della produzione in Italia e sul disastro anche finanziario dei conti 2024; ha attribuito il calo della produzione al calo dei mercati, anche se Stellantis e i marchi ex Fiat hanno dato un robusto contributo con un crollo delle quote.
Elkann ha detto che «il mercato italiano dell’auto è calato del 30 per cento mentre l’occupazione si è ridotta del 20 per cento, quindi l’azienda ha difeso l’occupazione negli stabilimenti italiani». Un’affermazione difficile da digerire, visto che Stellantis ha investito centinaia di milioni per ridurre l’organico in Italia di oltre 10mila unità dalla sua creazione nel 2021 e che i dipendenti rimasti, 38.660 secondo l’ultimo bilancio, sono in gran parte in Cassa integrazione.
Un 2025 difficile
Elkann è intervenuto, ha detto, «come responsabile della gestione operativa di Stellantis» dopo le dimissioni di Carlos Tavares. Concretamente, il presidente ha riconfermato il contenuto del piano Italia presentato a dicembre, con 2 miliardi di investimenti nel paese e una serie di modelli che arriveranno però solo dalla fine del 2025 in poi. «Nel 2026 lanceremo dieci modelli in Europa» ha detto, ma il 2025 «sarà ancora un anno difficile».
Al discorso di Elkann è seguita una ventina di interventi dei parlamentari, a volte elogiativi al limite della piaggeria, in pochi casi critici. Tra questi ultimi quello della 5Stelle Chiara Appendino, che ha accusato il presidente di Stellantis di non essere credibile viste i precedenti di mancato rispetto degli impegni; e quello di Calenda, che ha fatto una domanda chiave rimasta senza risposta: «Quanto dei piani che avete presentato potrà essere messo in discussione dal futuro amministratore delegato?». Tavares ha ricevuto numerose frecciatine dai parlamentari, frecciate che erano state più rare a ottobre quando il manager era stato a sua volta ascoltato nella stessa sede.
Michele De Palma, segretario della FIOM, ha detto che «la comunicazione di Elkann in parlamento conferma le nostre preoccupazioni e le incertezze occupazionali. La mancanza di investimenti sulla ricerca, sviluppo e l’assenza di prospettiva produttiva industriale, ci dicono che i numeri del 2025 saranno peggiori di quelli di un 2024 già drammatico».
Elkann e i suoi collaboratori, tra cui il numero uno europeo di Stellantis Jean-Philippe Imparato, hanno evidenziato alcuni dei fattori che rendono l’Italia meno competitiva di concorrenti asiatici ma anche europei. Quello di gran lunga più rilevante è il costo dell’energia: quello italiano è pari a dieci volte quello cinese ma anche a cinque volte quello della Spagna; il risultato è che il costo diretto di produzione di una fabbrica spagnola è di 516 euro contro i 1.414 dell’Italia. Questo fattore, secondo Elkann, è tra quelli che rendono più difficile la scelta di impiantare una fabbrica di batterie – estremamente energivora – in Italia.
Per ridurre il divario, dice Elkann, bisognerebbe agire sul mix di fonti energetiche; sull’imposizione fiscale a livello nazionale; con misure che favoriscano l’autogenerazione di energia rinnovabile a livello di impianto produttivo.
Per quanto riguarda l’Europa e la transizione verde, Elkann si è allineato alla battaglia che i costruttori europei stanno conducendo prima contro i limiti alle emissioni di CO2, poi contro il Green deal in generale e lo stop alle auto a combustione. Perché in Italia si vendono ancora poche auto elettriche? Antonella Bruno, responsabile Stellantis del mercato italiano, ha accusato l’infrastruttura di ricarica carente e il prezzo elevato delle auto per il costo ancora alto delle batterie.
Destra anti transizione
Prima e dopo l’esposizione di Elkann, l’audizione si è tradotta anche in un palcoscenico per la scatenata propaganda anti-ecologica della destra di governo, con i parlamentari leghisti in particolare evidenza che si sono nuovamente scagliati contro il Green deal europeo accusandolo di tutte le difficoltà che il settore auto sta oggi attraversando.
Elkann ha ribadito più volte una richiesta all’Europa, quella di “avere certezze”, che rivela tutte le contraddizioni della posizione di Stellantis e degli altri costruttori.
La normativa europea sulle emissioni di CO2 entrata in vigore quest’anno è stata varata otto anni fa, i costruttori hanno avuto abbondante tempo per prepararsi ma hanno costretto la UE a cambiare le rergole in corsa e adesso si lamentano: «Ci siamo preparati per cercare di raggiungere il 20 per cento di auto elettriche, poi a inizio marzo è cambiato tutto [con le nuove norme europee]», ha detto Elkann. Le certezze, insomma, sono solo quelle che vanno bene alla lobby.
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