Il parlamento va avanti sul Recovery plan senza il governo, ma resta aperto il nodo della governance tanto che non è detto che non se ne discuta. Il parlamento oggi presenta il calendario dei lavori e le commissioni della Camera e del Senato hanno in programma una lunga serie di audizioni con parti sociali e istituzioni, dalla Confindustria ai sindacati, dall’Istat all’Anci, e alla fine dovrebbero approvare una risoluzione che indichi le modifiche al piano approvato dal Consiglio dei ministri il 13 gennaio.

L’ultima versione non prevede obiettivi e milestones, anche se una bozza precedente aggiornata al 29 dicembre dettagliava con più di precisione tempistiche e obiettivi, e al momento resta senza risposta la questione che ha fatto esplodere la crisi, quella della struttura di governo, semplicemente stralciata.

Le prossime scadenze

Il calendario europeo prevede che dopo l’entrata in vigore del regolamento sul Next Generation Eu - il testo definitivo nato dai negoziati è stato pubblicato dal Consiglio europeo il 21 dicembre - gli stati inizino a inviare i piani nazionali definitivi.

A oggi la Commissione europea ha ricevuto le bozze di undici paesi: Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Germania, Croazia, Repubblica Ceca e Slovacchia. L’Italia assieme a Svezia, Danimarca, Finlandia e Romania è tra i paesi che hanno inviato un ampio numero di componenti del piano.

Attualmente non c’è ancora una data precisa per iniziare a inviare i progetti, ma si tratta solo di attendere due passaggi. Il 9 febbraio il parlamento europeo deve approvare il regolamento del piano di ripresa durante la sessione plenaria, poi il testo deve essere adottato ufficialmente dal consiglio. Non c’è una data precisa, ma da Bruxelles confermano che l’appuntamento dovrebbe essere per metà febbraio. Perché possano invece iniziare a essere stanziati i fondi serve ancora la decisione sulle risorse proprie Ue che dovrebbe essere anche questa ratificata rapidamente, anche perché possono essere finanziate misure messe in campo da febbraio. La nostra legge di Bilancio prevede di spendere quest’anno almeno 15 miliardi.

La valutazione dei piani

Le bozze dei progetti nazionali potevano essere presentate a partire da ottobre, ma la scadenza formale per quelle definitive è il 30 aprile. Dalla data di presentazione la Commissione europea ha due mesi di tempo per valutare il piano sulla base di un sistema di criteri e di rating abbastanza preciso che valuta la rilevanza del progetto rispetto agli obiettivi, l’efficacia cioè l’impatto, l’efficienza e la coerenza del progetto. A ognuno di questi criteri sono associate diverse voci a cui viene assegnata una valutazione A, B o C e in base a queste valutazioni viene giudicata l’adeguatezza del piano e la possibilità che i fondi ottengano il via libera. La valutazione della Commissione deve, poi, essere approvata dal consiglio a maggioranza qualificata e entro quattro settimane.

Il regolamento europeo alla voce monitoraggio dice che gli stati devono garantire un’attuazione efficace dei piani con il calendario previsto, le tappe e gli obiettivi proposti e i relativi indicatori. E non solo le tappe e gli obiettivi proposti devono essere chiari e realistici, ma anche gli indicatori usati per misurare che l’obiettivo è stato raggiunto devono essere «pertinenti, accettabili e solidi». Viene valutata anche l’organizzazione per mettere in atto il piano «comprese disposizioni per garantire un’assegnazione sufficiente del personale». E ovviamente deve essere indicata «una struttura all’interno dello stato incaricata dell’attuazione, del monitoraggio e della rendicontazione». Di conseguenza il nodo va risolto rapidamente.

Semplificazione controlli

Il regolamento, del resto, insiste molto anche su un altro punto per cui la governance è fondamentale: il progetto «deve contenere una spiegazione dei piani, dei sistemi e delle misure concrete con cui il paese vuole prevenire, individuare e correggere i conflitti di interesse, corruzione e evitare i doppi finanziamenti».

Il governo francese ha annunciato la creazione di «comitati di monitoraggio a livello nazionale e locale», il primo è presieduto dal premier e si occupa di monitorare il rispetto delle tempistiche, gli altri a livello regionale devono individuare gli eventuali punti di stallo e le possibili soluzioni. Il governo spagnolo ha creato un comitato interministeriale, una struttura di monitoraggio sotto la presidenza del Consiglio e previsto una riforma amministrativa. L’Italia, con un governo che gestisce gli affari correnti, chi lo sa.

 

© Riproduzione riservata