I raccolti dei campi della parte jonica della Calabria stanno bruciando e migliaia di agricoltori rischiano di andare incontro alla fame. Non è colpa degli incendi che in questi giorni martoriano la regione e neanche del caldo bestiale o della siccità: di acqua ce n’è a profusione, raccolta a decine di milioni di metri cubi nei laghi silani.

Per l’uso di quell’acqua, però, è scoppiata una guerra: da una parte c’è A2A, la grande compagnia multiservizi guidata dal presidente Marco Patuano e dall’amministratore Renato Mazzoncini, ex amministratore di Ferrovie dello stato. Un gruppo con 13mila dipendenti, quasi 7 miliardi di ricavi e 364 milioni di euro di utili. A2A usa l’acqua degli invasi silani per produrre energia elettrica in base a convenzioni e concessioni vecchie di decine di anni. Dall’altra ci sono due consorzi di bonifica, il Consorzio jonico catanzarese e il Consorzio jonico crotonese.

L’inerzia regionale

Entrambi avrebbero il compito di raccogliere le acque e distribuirle agli agricoltori, ma per loro l’acqua non c’è perché, mentre le campagne inaridiscono, viene usata da A2A per l’elettricità o trattenuta negli invasi in attesa del miglior utilizzo o, come insinuano i rappresentanti dei consorzi di bonifica, «in attesa di “turbinarla” quando il prezzo del kilowattora è più alto».

Tra i due contendenti in mezzo ci sarebbe la regione Calabria che per legge è la proprietaria di quell’acqua che poi dà in concessione, decenni fa all’Enel, e poi alle imprese che via via hanno preso il suo posto: Endesa, Eon e da ultimo A2A.

A lungo la regione se n’è però lavata le mani. La faccenda era complicata dal fatto che il demanio dell’acqua dipendeva da un assessorato, mentre i problemi dei contadini da un altro e tra conflitti di competenze e dormite burocratiche siamo arrivati a un’inedita siccità piena di acqua. Solo di recente le cose stanno cambiando: è stato individuato un punto di riferimento amministrativo unico, l’assessorato all’Ambiente guidato da Sergio De Caprio, l’ex capitano Ultimo. Il quale ha convocato le parti per trovare una soluzione, il 18 agosto ci sarà un incontro.

Non sarà una passeggiata perché gli interessi e le posizioni restano molto distanti. Fabio Borrello, il presidente del Consorzio jonico catanzarese, stanco di aspettare mentre andava in malora la produzione di pomodori, angurie, finocchi, mais nei 1.700 ettari di campagna assetata di acqua, si è rivolto al tribunale civile per ottenere ascolto.

Roberto Torchia, il presidente dell’altro Consorzio, quello crotonese, più che prendersela con A2A che in fin dei conti fa il suo lavoro per ottimizzare dal suo punto di vista le risorse idriche con l’obiettivo del massimo profitto, se la prende con l’inerzia della regione e della classe politica locale che hanno lasciato fare collocandosi anche in questa occasione mille miglia distanti dai problemi veri.

Il presidente Borrello squaderna la convenzione regionale del 1968 e il successivo regolamento del 1973 con il quale vengono concordate le priorità di utilizzo dell’acqua: «Il periodo di esclusiva utilizzazione idroelettrica (periodo idroelettrico) resta fissato dal primo ottobre al 31 maggio di ogni anno. Il periodo di preminente utilizzazione irrigua, industriale e potabile (periodo irriguo) resta fissato dal primo giugno al 30 settembre di ciascun anno». Nelle pagine successive la convenzione fissa in maniera molto dettagliata i volumi di acqua che spettano nei vari periodi a ogni soggetto utilizzatore interessato: l’industria idroelettrica, i cittadini per l’acqua da bere e gli usi irrigui, cioè gli agricoltori. Accusa Borrello: «Gli scarichi a valle degli impianti A2A sono assolutamente insufficienti a garantire l’erogazione del servizio irriguo tanto che esso al momento è quasi completamente sospeso».

Un fiume sprecato

La critica del presidente del Consorzio crotonese è ancora più pesante, affidata a un video realizzato con un drone in cui si vede un fiume d’acqua che incanalato finisce in mare. Secondo Torchia quelle immagini testimoniano uno spreco insopportabile: dopo avere sfruttato in tre impianti successivi le acque per la produzione di energia elettrica, A2A le butta via.

Il consorzio avrebbe bisogno di più dei 33 milioni di metri cubi a stagione garantiti dalla convenzione tra regione e A2A. Secondo Torchia quest’ultima sarebbe anche disposta a concederli solo a patto di essere pagata con un indennizzo pari al ricavo che avrebbe ottenuto utilizzando quella stessa acqua, che è di proprietà della regione, per produrre elettricità. Più di 7 milioni di euro per chiudere la partita.

A2A fa sapere di essere molto contrariata dell’avvio di un’iniziativa legale da parte del Consorzio jonico catanzarese mentre è aperta una trattativa. Mentre per la questione del Consorzio crotonese precisa che «quanto avviene alla risorsa idrica a valle del suo utilizzo idroelettrico non rientra nelle proprie prerogative di concessionaria né nelle proprie correlate responsabilità». E se qualcuno «intendesse realizzare un diverso uso di tali acque a valle non solleverebbe alcuna obiezione».


 

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