La crisi politica del Movimento cinque stelle arriva proprio nel momento in cui il partito dei grillini si appresta a rinegoziare alcune delle sue misure economiche di bandiera. A due anni dal matrimonio con la Lega e a un anno da quello con il Pd, il governo Conte 2 si appresta a interrompere Quota 100 e a rivedere il reddito di cittadinanza, mix confuso di necessario sostegno alla povertà che è stato il cavallo di battaglia del partito e di aiuto all’occupazione. L’obiettivo è farne un sistema nazionale, visto che ad oggi Anpal è una scatola vuota che sta attorno a 20 politiche regionali differenti.

Raphael Raduzzi, deputato del Movimento 5 stelle membro della commissione Bilancio e Finanze della Camera spiega che il reddito è tutt’ora una bandiera del suo partito: «Abbiamo visto l’utilità che ha avuto nel sostenere le persone che vivono in povertà, poi aveva anche la funzione del trovare lavoro e lì va rivisto. C’è da migliorare l’incontro tra domanda e offerta, ma anche ricordare che abbiamo messo un miliardo sui centri per l’impiego che sono sempre stati un colabrodo». Secondo l’Anpal, però, di miliardi ne servirebbero almeno una dozzina, almeno stando alle sue richieste di finanziamento tramite il programma Next Generation Eu.

Lo sviluppo economico

Il Movimento 5 stelle, che prima delle elezioni del 2018 ancora sosteneva l’uscita dall’euro, ha capito più e prima della Lega la necessità di un collocamento chiaro a livello europeo.

Oggi su molti fronti, più o meno importanti, fa di fondi e progetti Ue la chiave delle sue politiche. Luigi Di Maio definisce il Recovery Fund un treno che non passerà più, il ministero dello Sviluppo economico guidato da Stefano Patuanelli punta sul Just Transition Fund «per ottenere una parte dei fondi per la conversione di Taranto mentre propone un investimento di 25 miliardi in difesa seguendo gli indirizzi del Consiglio europeo e in vista della nuova riforma Ue della cyber security. Ma le vecchie crisi aziendali, dalla Embraco alla Whirpool fino all’Ilva sono ancora lì.

Le crisi aziendali

Patuanelli, dicono in tanti, ha modi democristiani. Per la ricognizione sulle misure a favore delle imprese ha deciso di coinvolgere tutte le partecipate di Stato con un approccio conservativo: se si può meglio non inventarsi nuovi strumenti. Difficile trovare qualcuno che sia in conflitto con lui. Eppure l’attesa di un intero anno solo per assegnare le deleghe dell’energia dà un’idea dei problemi interni al ministero.

Per Rocco Palombella segretario generale dei metalmeccanici della Uil, il ministero soffre ancora della ristrutturazione fatta ai tempi del capo politico del M5s. «Con l’avvento di Di Maio – dice – è stata azzerata la memoria storica, sono state sostituite persone che erano lì da anni, che avevano competenze e nei rapporti con le multinazionali, mancano le voci autorevoli». Palombella fa l’esempio di Giampiero Castano, ex responsabile dell’unità vertenze del ministero. «Ora se lo contendono le aziende», dice.

Il sindacalista descrive alcuni pregi, ma anche molti difetti del ministero a guida 5 Stelle. «A ogni sollecitazione ci convocano con una rapidità che non avveniva prima. Il problema è che il modo in cui affrontano le questioni è avventato perché non c’è capacità di comprendere e allora si dice tutto e il contrario di tutto. A ogni incontro il ministro c’è sempre, ma è più una questione formale perché non si può dire un giorno facciamo l’Ilva green e poi cambiare il giorno dopo».

Banche

Anche sulle banche, altra misura di bandiera, i termini sono molto cambiati. L’avvocato Letizia Vescovini, legale dell’associazione Vittime del salva banche, dice: «I 5 Stelle hanno fatto la campagna elettorale della loro vita. Poi hanno capito che chi la toccava veniva bruciato, ma i leghisti lo hanno capito prima di loro. I risparmiatori partecipano molto sui social, e soprattutto quando le aspettative venivano disattese si sono fatti sentire». I rimborsi ai risparmiatori delle quattro popolari risolute nel 2015 e delle due popolari venete cedute a Intesa nel 2017, altro punto del programma dei 5 stelle, sono in ritardo, soprattutto a causa del rifiuto di un primo accordo da parte delle associazioni dei risparmiatori del Veneto che Vescovini definisce «più vicine alla Lega».

I criteri di nomina dei cda delle banche, altra battaglia dei 5 Stelle, sembrano essere spartiti dall’agenda, a guardare alla spartizione politica (in quota Pd) del cda della Popolare di Bari. Sul punto Carla Ruocco, oggi presidente della Commissione banche, dice: «La situazione della popolare di Bari in commissione è ampiamente monitorata». Ruocco continua a sostenere il ruolo dello stato nel settore del credito, «superiamo lo stato riparatore». Ma dice: «Quello delle banche è un argomento tecnico, delicato, l’aspetto principale è che vengano considerate, non se entrano nella dialettica politica». Chi l’avrebbe mai detto del Movimento che sulle banche ha raccolto i voti

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