L’alternativa ad Amazon parte dal basso, a Bergamo come a Roma. La giornata del Black friday con le sue offerte di prodotti scontati in vista del Natale, tra centonovantamila negozi chiusi e i movimenti ridotti dovuti alla pandemia, è stata un appuntamento ancora più redditizio per la società di Jeff Bezos. Ma ha anche fotografato la crescita delle contestazioni e la nascita di alternative locali.

Secondo Confesercenti il giorno degli sconti di novembre è la terza occasione di guadagno per il commercio italiano, con vendite  tra i 700 – 900 milioni di euro. Quest’estate l’associazione aveva proposto agli Stati generali organizzati dal primo ministro, Giuseppe Conte, di creare tramite Poste «la Amazon italiana», dicitura che sembrava ironica finita nelle famose bozze del Recovery plan.

Il comune di Milano aveva lanciato un portale per il commercio locale che all’inizio nemmeno funzionava, a Roma la sindaca Raggi aveva spiegato la necessità di sostenere i negozi locali tramite l’e-commerce. Ma in realtà la prima sperimentazione che si affida a Poste è nata a Bergamo per iniziativa del locale Distretto urbano del commercio, un consorzio dei negozianti del comune che ha iniziato a lavorarci un anno fa.

La città offrirà la sua versione del servizio “prime”: consegne entro 90 minuti a sei euro e poi consegne entro 24 ore gratuite se la spesa supera i 40 euro. «Potremo consegnare dalle lenti a contatto al panettone, tutte le merci non deperibili: se ordinate la mattina arrivano nel pomeriggio, se ordinate il pomeriggio arrivano la mattina successiva», spiega il presidente del Distretto Nicola Viscardi.

L’accordo con Poste

L’idea di Bergamo smart shopping, dice Viscardi, è nata prima dell’emergenza sanitaria e aveva semplicemente l’obiettivo di far riguadagnare vantaggi ai piccoli negozi rispetto alle reti virtuali come quella di Amazon e a quelle fisiche dei centri commerciali. «Abbiamo pensato che il delivery fosse più utile e abbiamo studiato il progetto. Poste ha adattato al nostro servizio il suo portale interno per le consegne delle imprese».

Il progetto sfrutta una dinamica opposta e speculare a quella di Amazon. La multinazionale può tenere i prezzi bassi per gli utenti finali forte del numero di aziende che usano la sua piattaforma. Attraverso il distretto di Bergamo, un ente creato dalla regione nel 2009 che comprende associazioni di categoria, reti di negozi del centro, camera di commercio e istituzioni, decine di imprese possono ottenere da Poste prezzi migliori e soluzioni logistiche ad hoc perché si sono messe insieme. 

Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio digitale italiano, dice che la pandemia ha fatto fare un salto da cui non si torna indietro: «Con questa emergenza sono migliaia i negozi che si sono trasferiti autonomamente sul web».

Una Amazon di quartiere

La questione più difficile, però, dicono tutti è ottimizzare la logistica. A Roma è nata quasi per caso Daje che ha riscoperto il vantaggio competitivo che è sempre esistito nel fare gli acquisti nei negozi di quartiere: quello di poter comprare prodotti di tipologia diversa in breve tempo.

Jacopo Gambuti, 29 anni e Matteo Proietti, 25 anni, studi in Economia, rispettivamente in strategia di impresa e in marketing, a marzo si sono ritrovati senza lavoro e si sono accorti che nelle pagine Facebook di quartiere c’erano piccoli negozianti che volevano vendere i loro prodotti a domicilio, mentre le persone stavano ore in fila per entrare in un supermercato.

«Abbiamo pensato creiamo noi un sistema per ordinare e abbiamo scritto un post che diceva: “Che ne pensate se facciamo un piccolo Amazon di quartiere?”. Centinaia di like e di commenti dopo pochissime ore».

«Siamo partiti molto in piccolo». In tre raccoglievano le liste della spesa via whatsapp, chiamavano sei negozi e mandavano un link a PayPal, siglavano i contratti coi negozianti al telefono a distanza. Ora servono 90 negozi, tre quartieri, hanno assunto cinque neolaureati. Ma il titolare rivendica la strategia che c’è dietro: «Abbiamo cercato di snellire la logistica il più possibile. Le piattaforme di delivery hanno troppo tempi morti. Noi facciamo fare tutto un giro di ritiri e uno di consegne, e facciamo pagare al cliente 2,50 euro per dieci negozi differenti». In una città come Roma dove gli spostamenti sono difficili fa la differenza e lo stanno vedendo.

Un’alternativa al lavoro

Anche Amazon sta cercando ovviamente di prendersi il nuovo mercato. «Per supportare le aziende italiane non digitalizzate, rimborsiamo i primi tre mesi di abbonamento ai partner di vendita che si sono registrati tra il 6 novembre 2020 e il 5 dicembre 2020, cioè la durata del presente lockdown, e questa iniziativa verrà estesa in base all'evoluzione delle chiusure», ha fatto sapere ieri la società.

Intanto il combinato disposto tra pandemia e calendario ha un effetto diretto sul lavoro. «Il Black Friday con la pandemia e le feste in arrivo significa pressione per accelerare i ritmi», dice Danilo Morini, segretario generale della Filt Cgil. «Durante l’ultimo lockdown ci sono stati momenti in cui gli acquisti erano talmente tanti che non si riusciva a consegnarli. Mettere in scaffale, inscatolare la merce, predisporre i pacchi, caricare i furgoni e poi consegnare. Lavorare ad Amazon vuol dire fare un lavoro faticoso o ripetitivo se accompagnato da un robot». Anche qui serve un’ alternativa.

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