La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sostiene che la vera evasione non sia quella dei piccoli commercianti, cui viene imposto il “pizzo di stato”, ma quella delle big company e delle banche. Le statistiche sull’evasione smentiscono questa convinzione.

Prima di discutere i dati, va sottolineata la retorica divisiva e polarizzante: le piccole imprese sarebbero solo quelle del povero commerciante onesto, mai quelle del professionista evasore, mentre le grandi aziende – che danno lavoro a 3,8 milioni di italiani – vengono definite con un titolo in inglese, per farle sembrare ancor più perfide conquistatrici dall’estero. Senza contare le banche, che nella retorica di Meloni vengono mostrate come il male assoluto.

Ma il problema non è tanto la retorica. Che certe categorie vengano dipinte in un modo piuttosto che in un altro è semplice politica, seppur spicciola. Il problema è la mistificazione della realtà.

Secondo Meloni, la responsabilità dell’evasione dipende soprattutto dalle grandi imprese, ma i dati dimostrano chiaramente che non è così.

Delle quattro principali imposte su lavoro, capitale e consumo in Italia, le due principali responsabili dell’evasione sono associabili soprattutto a piccole imprese e lavoro autonomo. Quasi il 70 per cento dell’Irpef che andrebbe pagata ogni anno da lavoratori indipendenti e imprese di piccole dimensioni non viene versata al fisco. Si trattava di oltre 32 miliardi di euro nel 2019, l’1,8 per cento del Pil.

C’è poi l’Iva, la seconda imposta più evasa in assoluto in Italia. Secondo la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, ogni anno non entra nelle casse dello Stato circa un quarto dell’Iva che dovrebbe essere versata da imprese e autonomi. Certo, l’Iva viene pagata anche dalle grandi società, ma per loro è più difficile da evadere perché la maggior parte delle transazioni sono tracciate. Per piccole imprese e autonomi è invece molto più semplice evadere, perché c’è un maggiore contatto diretto e quindi una maggiore probabilità di accordarsi sull’evadere tra fornitore e cliente finale. Basti pensare alla gelateria che non fa lo scontrino o al professionista che si fa pagare in nero per i propri servizi. In tutto, l’Iva evasa nel 2019 si stima valga 27 miliardi di euro. Supponiamo che anche solo metà dipenda dalle piccole imprese e dagli autonomi. Significherebbe che circa 45 miliardi di euro di evasione sarebbero imputabili a chi Meloni definisce costretto a pagare il “pizzo di Stato”, su un totale di 79 miliardi evasi ogni anno da tutte le imprese (grandi, medie e piccole) e dagli autonomi. Più della metà.

Nulla per combattere l’evasione

Le dichiarazioni di Meloni nascono come risposta a chi sostiene che il governo abbia “gettato la spugna” sull’evasione (non è così: non ha mai nemmeno iniziato a utilizzarla, la spugna).

Il governo ha in effetti quasi sempre combattuto le misure che miravano a combattere l’evasione. Una fra tutte, le fatturazione elettronica, che è sempre stata considerata dalla destra troppo complicata per le piccole imprese italiane.

La fattura elettronica ha in realtà aiutato molto nella lotta all’evasione, con effetti negativi solo per chi evadeva. Ne è una testimonianza la riduzione del cosiddetto gap Iva, ossia la differenza tra il gettito potenziale Iva e quanto effettivamente incassato con l’imposta.

Nel 2015, venivano evasi circa 35 miliardi di euro tramite il mancato pagamento dell’Iva (26,6 per cento del gettito potenziale); nel 2019 questo dato è sceso a 27 milioni (20,3 per cento del gettito potenziale).

Molte altre proposte contro l’evasione delle piccole imprese sono state contestate dal centrodestra, dal redditometro fino al cashback (che era una buona idea applicata molto male e con enormi spese dal governo Conte II).

Sono state contestate proprio sulla base della convinzione espressa da Meloni: il problema non sono i professionisti o le piccole imprese, che evadono poche migliaia di euro ciascuna, ma delle grandi imprese che, quando lo fanno, evadono molto di più.

Il problema è che le imprese con più di 250 addetti sono 4292 (dati 2021), mentre quelle con meno di 10 dipendenti sono più di 4 milioni. Se proprio non si riesce a fare la moltiplicazione per capire che poche migliaia di euro evasi da milioni di imprese risultano in miliardi di euro di evasione in totale, basterebbe leggere le relazioni che le commissioni tecniche redigono prima di tutto per il governo stesso.

Ma l’esecutivo guidato da Meloni, come molti altri in passato, preferisce ignorare l’evidenza e strizzare l'occhio alle retorica vittimista del commerciante oppresso dal fisco.

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