Il ricatto di Vladimir Putin sul prezzo del gas fa chiarezza nel torbido; ci mostra che il vero obiettivo è indebolire l’Europa, la sola che ne patirà le conseguenze.

Non ne avranno certo gli Usa, produttori che godranno dei rialzi di prezzo e il cui sostegno militare è essenziale all’Ucraina.

Putin sta anticipando – a prezzi maggiorati anche dalla guerra – le vendite di gas e petrolio negli anni successivi, che in mercati “normali” avrebbero reso molto meno.

È una strana attualizzazione, che aumenta l’incasso anziché ridurlo, conveniente nel breve ma suicida nel lungo periodo, in cui le persone saranno morte, ma non gli stati.

Putin così butta nel cestino un grande lascito dell’Urss, un secolo di totale affidabilità commerciale, mantenuta anche nei periodi più caldi della Guerra fredda.

Costringe l’Europa a svezzarsi dalla dipendenza dal suo gas; sarà difficile e penoso ma, come l’abbandono del latte materno, può aprire la strada alla nostra crescita istituzionale.

La Ue capisca d’essere il vero nemico e prenda le misure necessarie a contrastare la guerra economica mossa da Mosca.

Per farlo, smetta l’attuale approccio incrementale; pensi, e attui, mosse prima inconcepibili ma ormai indifferibili. Bisogna uscire dalla mentalità ordinaria per entrare in quella di un’economia di guerra.

I governi sono comprensibilmente restii a lanciare messaggi angoscianti, ma per superare le difficoltà che ci attendono dovranno farlo, guardando in faccia la realtà.

Nessuno può farlo meglio d’un governo dimissionario; è augurabile che Mario Draghi lo faccia dopo il 25 Settembre, quando un aspro messaggio non sarà strumentalizzabile. Anche i piani di razionamento, certo allo studio, andrebbero resi pubblici, per prepararci al futuro.

Il bazooka finanziario

Sono perciò interessanti le proposte di Giovanni Cagnoli su Linkiesta, che presuppongono tale netto cambio di mentalità. A parte qualche misura tecnica per correggere le storture del mercato olandese del gas, Title Transfer Facility, egli propone che la Ue imbracci un vero bazooka finanziario per contrattaccare, con tutta la forza dei suoi 450 milioni di cittadini, cui certo si unirebbero 70 milioni di britannici.

Un ricchissimo mercato cui Putin sta dicendo addio per il futuro prevedibile, appropriandosene a danno di generazioni di suoi concittadini.

Va sconvolto il campo di gioco; per Cagnoli la Banca centrale europea (Bce), o un’altra istituzione, deve creare un fondo che approfitti del momento straordinario per vendere il gas alle stratosferiche quotazioni attuali, e acquistarlo quando il prezzo scenderà; nel breve, seguendo le quotidiane variazioni di mercato, o nel lungo periodo.

Esso immancabilmente si sgonfierà quando tale drôle de guerre si muterà in una drôle de paix, una strana pace, o assenza di guerra, che metterà assieme i cocci attuali.

Il gas nel mondo è sovrabbondante, e l’urgenza del cambiamento climatico, rilanciando le rinnovabili, non gli gioverà nel lungo periodo.

Questo fondo venderebbe gas di cui non dispone, aprendo contratti che permettono di ricomprarlo a date scadenze, a prezzi inferiori; in gergo si dice “shortare”, o “andar corto”, su un titolo sopravvalutato.

Ci si può ricoprire, acquistando il gas venduto senza possederlo, rivendendolo poi quando sale, e così via, anche giorno per giorno. Gli interventi avverrebbero, nei due sensi, entro un ambito predefinito, e non comunicato.

Gli operatori dovrebbero tener conto di questo ingombrantissimo “collega”, contro cui non sarebbe saggio scommettere.

Mai mettersi contro la banca centrale

Come si dice in gergo, don’t fight the Fed, mai mettersi contro la banca centrale, degli Usa o di altri grandi paesi.

Andò bene a George Soros quando attaccò la fragile sterlina, ma oggi nessuno – tranne forse la Cina che ha ben altri problemi e priorità – s’imbarcherebbe in tale follia attaccando la forza finanziaria della Ue.

Il fondo smorzerebbe anche una delle grandi cause dell’attuale corsa inflazionistica, e ridurrebbe i sussidi che bisognerà dare ai cittadini non in grado di affrontare i rincari attuali e previsti.

Per Lenin, i capitalisti avrebbero venduto ai comunisti la corda con cui essi li avrebbero appesi; proprio ciò sta avvenendo in questa drôle de guerre, ma ora noi dobbiamo riprenderci la corda e immobilizzare chi ci voleva impiccati.

Non per uccidere un grande paese che un giorno a questa tragedia sopravvivrà, ma per difendere le conquiste civili a così caro prezzo conseguite, e quasi ottant’anni di pace europea.

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