Il nuovo l’indice globale di percezione della corruzione che riflette la reputazione internazionale di 180 Paesi nel mondo, pubblicato oggi da Transparency International, mostra una decisa frenata dell’Italia nella rincorsa ai paesi più virtuosi: il nostro paese si posiziona al 52esimo posto,a metà classifica mondiale e nella parte bassa di quella europea. La valutazione, uguale all'anno scorso, è di appena 53 su 100, e comporta la perdita di una posizione. 

Per inquadrare meglio la situazione a livello continentale, l’unico su cui abbia davvero senso fare comparazioni e confronti, è sufficiente constatare come solamente Grecia, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Ungheria e Romania facciano peggio di noi.

Corruzione come fattore di sottosviluppo

In linea di massima la separazione fra nord e sud Europa è piuttosto evidente, con Danimarca, Finlandia, Svezia e Olanda a guidare la classifica mondiale e continentale. Il mondo visto da Transparency International appare nettamente diviso tra un nord virtuoso e un sud dove al contrario la corruzione dilaga, cosa per altro facilmente comprensibile dato che per l’ong internazionale la corruzione è proprio una delle maggiori cause della povertà e arretratezza economica nei Paesi africani, asiatici e latino americani.

La fotografia è ancora più precisa se si guarda alla classifica del G20, dove a superare la sufficienza sono solamente Germania, Australia, Canada, Uk, Giappone, Francia, Usa e Corea del Sud, mentre gli altri dodici Stati, Italia compresa, prendono voti inferiori al 6, con Messico e Russia relegati a fondo classifica.

È tanto più interessante osservare questa classifica in quanto il G20 quest’anno sarà ospitato per la prima volta proprio dall’Italia e avrà, come nelle ultime edizioni, un suo specifico tavolo di lavoro dedicato al contrasto alla corruzione. Le priorità del governo italiano in tema di agenda anti corruzione del G20? Guarda caso proprio il tema degli indicatori internazionali considerati inaffidabili - evidentemente le continue bocciature non piacciono - oltre a una particolare attenzione alle forme moderne di corruzione, sempre più legate al crimine economico ed organizzato.

Vedremo come e quanto i governi del G20, in piena emergenza pandemica ed economica, dedicheranno attenzione e risorse al problema della corruzione, pubblicamente definito come un ostacolo allo sviluppo e alla crescita economica, ma solo raramente contrastato con efficacia nella pratica.

Il Recovery senza strategia anti corruzione

Oltre che sul G20, gli occhi di tutti - soprattutto quelli delle istituzioni europee - saranno puntati sui famosi 200 e rotti miliardi del Recovery plan che arriveranno in Italia. Come verranno assegnati, spesi e soprattutto, vista la diffusione sistemica della corruzione nel nostro paese, quali strumenti di controllo e monitoraggio verranno messi in campo per evitare che finiscano nelle mani sbagliate? La risposta finora è stata piuttosto deludente, nonostante le tante richieste in questo senso da parte di autorità, tra cui la direttrice dell’Europol Catherine De Bolle, e di molte organizzazioni della società civile.

Non solo il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, non prevede un meccanismo ad hoc di monitoraggio sui tantissimi progetti in cantiere, ma anche quel poco che era stato previsto nelle prime bozze è scomparso misteriosamente dal testo finale. Come denunciano molte associazioni che operano nell’ambito della trasparenza e dell’anticorruzione, nelle bozze preliminari del piano era previsto infatti un ruolo di supporto al monitoraggio da parte del forum italiano dell’Open government partnership (Ogp), a cui partecipano decine di associazioni grandi e piccole, nazionali e locali. L’accenno al ruolo di Ogp, quindi del terzo settore, non è però più presente nel piano portato in consiglio dei ministri il 12 gennaio.

Un peccato, dato che come dimostra il nuovo Cpi l’Italia non può fare a meno di una specifica strategia anticorruzione da affiancare al Pnrr. L’unica risposta, poco convincente a dire il vero, arrivata dal Governo è la cosiddetta “Alleanza contro la corruzione” presentata dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede lo scorso dicembre: un nutrito gruppo di accademici, rappresentanti di autorità e forze dell’ordine, di cui non si capiscono bene né gli obiettivi né le modalità operative. Il timore è che si tratti dell’ennesima inutile task force, solo con un nome diverso, da cui vengono escluse però tutte le realtà associative che da anni si battono sui territori denunciando e contrastando la corruzione.

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