Gli “italiani” non vogliono più fare il mestiere di camionista? Ieri il Sole 24 Ore ha dato conto delle richieste di Anita, l’associazione delle aziende di autotrasporto aderente a Confindustria, che chiede di prevedere nuovi ingressi di lavoratori stranieri: al comparto della logistica, il cui giro di affari è stato gonfiato dalla pandemia e in cui le richieste sui tempi di consegna si sono fatte via via più stringenti, servono 17mila guidatori di tir in due anni, secondo le stime.

Il caso Fercam

Il presidente di Anita, Thomas Baumgartner, presidente della ditta di autotrasporto Fercam spa ha chiesto a nome della categoria di riservare una quota del decreto flussi che regola gli accessi per lavoro per i migranti all’autotrasporto di merci pesanti e si è detto pronto a scommettere che i nuovi istituti tecnici superiori, su cui il governo tramite il Recovery plan sta per investire 1,5 miliardi di euro, possano formare nuovi giovani autotrasportatori italiani.

Nel frattempo il sindacato dei Si Cobas sta difendendo due lavoratori licenziati proprio nella sua ditta. «Si sono rifiutati di fare un turno di riposo ridotto infrasettimanale. Tra la fine di una settimana e un’altra gli autisti devono poter godere di 45 ore di riposo o, grazie alla deroga prevista dal decreto legislativo 561 del 2008 di un turno di riposo ridotto di 24 ore. Tuttavia l’azienda non può imporre il riposo ridotto se l’autista si sente troppo stanco per non ottenere il riposo completo», dice il sindacalista Luca Esestime. Uno dei due licenziati, a proposito di decreto flussi, è marocchino.

Stipendi e diritti

Per chi conosce il settore o per chi il camion lo guida la domanda di autisti non è affatto una novità, basta leggere i forum sui social per vedere che la scarsità di guidatori è un argomento ricorrente, assieme a turni sempre più lunghi di guida e alla mancanza di strutture per il riposo degli autotrasportatori.

Il decreto flussi avrebbe il pregio di portare in Italia lavoratori da assumere, evitando quello che secondo l’ispettorato del lavoro è uno dei nuovi problemi, cioè il ricorso a finte cooperative, soprattutto dell’est Europa, con soci autisti. Il fenomeno dice il nuovo direttore dell’ispettorato del lavoro, Bruno Giordano, «non è recente, ma si è incrementato notevolmente», tanto che l’ispettorato italiano ha avviato indagini in collaborazione con gli ispettorati esteri proprio su questo fronte. Tuttavia, non risolve i problemi del settore che, almeno dal 2008 quando è stato eliminato il sistema della tariffa a forcella, ha condizioni di lavoro sempre più competitive. I lavoratori hanno difficoltà nel vedersi riconosciuti gli straordinari, e questo va di pari passo a maggiori richieste di formazione e spese a carico degli autisti. Condizioni che spiegano perché il mestiere non è più così attrattivo. «Il problema della carenza di autisti – ha confermato ieri il segretario nazionale della Filt Cgil Michele De Rose – per noi è riconducibile al peggioramento della qualità e della sicurezza sul lavoro e alle retribuzioni che sono diminuite».

L a paga di un autista è secondo il contratto nazionale di lavoro 1.750 euro mensili, con indennità di trasferta in base alle fasce orarie: per una trasferta che va dalle sei alle dodici ore sono circa 21 euro, 33 dalle dodici alle 18 ore, 41 euro se è compreso il pernottamento. Al contrario dei facchini, molte grandi società non riservano agli autisti le integrazioni per il lavoro notturno, anche se spesso le spedizioni delle merci che ordiniamo online viaggiano di notte lungo le strade italiane. Il sindacato di base è riuscito a inserire le integrazioni notturne durante i negoziati per alcune contrattazioni aziendali.

Per gli autisti non è prevista la clausola di solidarietà che fa in modo che i committenti della logistica siano chiamati a pagare in solido con chi ottiene l’appalto i contributi e la liquidazione ai dipendenti nel caso l’appaltatore non corrisponda il dovuto. Una interrogazione parlamentare presentata nel 2017 dal M5s su questa discrepanza non ha ottenuto risposta.

Di più, il sindacato dei Cobas denuncia come l’articolo 11 bis del contratto nazionale di lavoro prevede una deroga alle 39 ore di lavoro settimanale e porta il tetto fino a 47. Anche qui una interrogazione parlamentare depositata nel 2016 che chiedeva al governo un chiarimento se la deroga fosse legale è rimasta agli atti del parlamento senza risposta.

Fin qui per stare al contratto di lavoro corretto. Ma «ci sono anche aziende che applicano ai lavoratori dell’autotrasporto il contratto multiservizi come la logistica Bomi Spa, il contratto per i servizi fiduciari, in sostanza le guardie giurate», dice Esestime, sindacalista con un passato da camionista e turni tra Milano e Bolzano che andavano dalla mezzanotte di un giorno alle tre – quattro di pomeriggio del giorno dopo.

I dati dell’ispettorato

I dati dell’ispettorato del lavoro dicono che su 8.834 lavoratori controllati nel 2020, 511 erano in nero, 922 violavano gli orari di lavoro e ben 2,329, praticamente uno su quattro, era un esempio di interposizione fittizia, in sostanza falsi appalti che spesso si riscontrano nel settore della logistica. E questo senza contare le violazioni delle norme sull’autotrasporto, particolarmente degne di attenzione visto che rischiano di mettere in pericolo anche gli altri utenti della strada.

L’indagine di Savona

Il caso limite è quello che il 3 luglio scorso ha portato, dopo una indagine della polizia stradale in collaborazione con l’ispettorato del lavoro, a tre arresti in una azienda di autotrasporto di Albenga (Savona).

«In quel caso i cronotachigrafi erano truccati grazie all’utilizzo della calamita», racconta l’ispettrice Natalia Paturzo, «i lavoratori lavoravano 12 ore al giorno ed erano controllati tramite Gps, in modo che scoprissero se si erano fermati per mangiare o se mangiavano sul camion». L’èra delle trattorie dove i camionisti mangiavano a buon mercato, concordano tutti, è finita da un po’.

 

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