Il giorno dopo il colpo a sorpresa di Mediobanca, con l’annuncio dell’offerta su Banca Generali e l’addio alla storica quota nell’omonima compagnia triestina, l’attenzione del mercato si è concentrata sui titoli della banca d’affari.

Ebbene, spinta da un volume di scambi quasi doppio rispetto alla media del mese di aprile, l’istituto guidato dall’amministratore delegato Alberto Nagel ha messo a segno un rialzo del 5,27 per cento a 18,37 euro, toccando nel corso della seduta il massimo storico di 18,39 euro. Dal 9 di aprile quando quotava poco sopra 14 euro, il titolo ha fatto un balzo del 30 per cento.

Mani forti

È evidente che la battaglia in corso sugli assetti complessivi del sistema bancario aumenta l’appeal speculativo di Mediobanca, che si trova al crocevia di offerte e controfferte. C’è però anche l’ipotesi che mani forti stiano facendo incetta delle azioni dell’istituto.

Resta da capire se i compratori si stanno muovendo in soccorso di Nagel, oppure per affondare i suoi piani in vista dei due appuntamenti decisivi di giugno. Nel primo, il 16 del mese, l’assemblea dei soci della banca d’affari dovrà dare via libera all’ops su Banca Generali. Un paio di settimane dopo sarà invece ai nastri di partenza l’offerta pubblica di scambio di Mps per l’istituto di piazzetta Cuccia.

Saranno entrambi momenti di svolta per gli equilibri del sistema bancario nazionale. Nagel si presenterà davanti ai soci per convincerli della bontà del suo piano per rilevare uno dei più importanti operatori nazionali nel settore della gestione di patrimoni.

E chi tra i soci di Mediobanca voterà per l’integrazione con Banca Generali molto difficilmente un paio di settimane dopo consegnerà i suoi titoli al Monte dei Paschi, che, se avrà successo, probabilmente deciderà di accantonare il piano annunciato lunedì.

La posta in gioco

Nagel quindi si gioca tutto, forse anche la poltrona, all’assemblea del 16 giugno. Per vincere la partita il manager dovrà conquistare il voto del 50 per cento più uno del capitale presente all’assise dei soci. Certo Nagel parte favorito, perché negli ultimi anni ha sempre saputo convincere gli investitori istituzionali, a cui fa capo ben oltre il 50 per cento del capitale di Mediobanca.

I probabili contrari al piano dell’amministratore delegato, ovvero il gruppo Caltagirone e la famiglia Del Vecchio, controllano in totale una quota del 27 per cento, mentre una pattuglia di soci legati tra loro da un accordo di consultazione pesano per l’11,8 per cento.

Tra questi, la partecipazione più rilevante è quella di Mediolanum, con il 3,49 per cento e sul mercato c’è curiosità per capire come si schiererà quest’ultima, che è concorrente diretta di Banca Generali nella gestione di patrimoni.

La reazione di Siena

Se quindi l’ops proposta da Nagel avrà successo, le probabilità che Mps riesca a concludere con successo la sua Ops su Mediobanca sembrano destinate a ridursi di molto. A caldo, subito dopo l’annuncio a sorpresa dell’offerta di piazzetta Cuccia per Banca Generali, fonti vicine al Monte hanno reagito con ostentato distacco, sottolineando che la nuova operazione annunciata dalla banca d’affari «non è ostativa» per l'ops annunciata da Siena, ma anzi ne «rafforza il valore industriale».

Di certo l’andamento recente in Borsa delle due società coinvolte ha ampliato la forchetta tra l’offerta di Mps e la quotazione di Mediobanca.

Sulla base dei valori dell’ultima seduta, il prezzo delle azioni di Piazzetta Cuccia è superiore di quasi il 5 per cento rispetto alle 2,3 azioni del Monte messe sul piatto come contropartita per ciascun titolo della banca d’affari.

Questo significa che, se gli equilibri resteranno questi, Luigi Lovaglio, l’amministratore delegato di Siena, dovrà aggiornare al rialzo la sua offerta per colmare il divario tra le due quotazioni e possibilmente garantire un premio agli azionisti di Mediobanca. Un aggiornamento che potrebbe costare oltre un miliardo, sempre sotto forma di azioni.

Il voto di Trieste

Nagel, comunque, oltre a superare lo scoglio dell’assemblea dei soci, sarà costretto ad attendere i via libera anche da Trieste, che dovrà privarsi della controllata Banca Generali. È probabile che nei prossimi giorni dal fronte degli oppositori dell’operazione venga sollevato il tema del potenziale conflitto d’interessi all’interno del cda di Generali, visto che 10 dei 13 amministratori appena eletti facevano parte della lista presentata da Mediobanca e uno di loro, Clemente Rebecchini, è un manager della banca d’affari, che con la sua quota del 13,1 per cento è ancora l’azionista più importate della compagnia.

Ipotesi assemblea

Di certo l’operazione che i consiglieri dovranno esaminare andrà valutata dal comitato parti correlate all’interno del cda, un comitato, che, per altro,dve ancora essere formato. Alcuni osservatori, però, interpretano le norme vigenti nel senso che l’eventuale via libera del consiglio d’amministrazione potrebbe non bastare per autorizzare la vendita della controllata e quindi ritengono che dovrebbe essere convocata un’assemblea ad hoc.

Secondo atri, invece, il peso di Banca Generali sul totale delle attività del gruppo di Trieste è limitato. Di conseguenza la cessione potrebbe essere deliberata dal cda, dove è rappresentata con tre consiglieri, anche la lista presentata dal gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, che, in quanto grande azionista anche di Mps, difficilmente si schiererà a favore dell’ops proposta da Mediobanca.

Se invece l’operazione venisse sottoposta al voto dei soci in assemblea, andrà in cena una replica del voto di pochi giorni per il rinnovo del cda di Trieste, dove non sono mancate le sorprese. Il voto di Unicredit a favore dei candidati di Caltagirone è stato notato da tutti.

Un’altra presa di posizione imprevista è invece passata praticamente inosservata. La Fondazione Crt, forte di un 2 per cento del capitale Generali, si è schierata con Caltagirone. Proprio come era successo tre anni fa, in occasione del precedente rinnovo del cda. Eppure, la nuova presidente dell’ente torinese, Anna Maria Poggi, più volte nelle settimane scorse aveva pubblicamente lasciato intendere un cambio di rotta rispetto al passato.

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