Tra i provvedimenti contenuti nel calderone del nuovo decreto Milleproroghe che comprende, tra gli altri, il sostegno alle attività chiuse durante il Covid, interventi per il turismo e lo sport, benefici fiscali per le piccole aziende, bonus termale, credito d’imposta a favore delle aziende energivore, interventi per scuola università, ce n’è uno sorprendente.

È all’articolo 18, con il titolo Riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi. Il testo stabilisce la soppressione della tabella A del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.

Nello specifico il punto 4 prevedeva uno sconto dell’accisa sul gasolio, pari al 70 per cento per l’impiego nei trasporti ferroviari di passeggeri e merci. In pratica viene cancellata la piccola riduzione dell’accisa per i gestori di locomotive di manovra e delle gru dei terminal ferroviari (anche portuali) e dei centri intermodali.

I beneficiari di questo sconto sull’accisa ferroviarie e dell’intermodalità sono imprese di trasporto sostenibile cioè quelle collettive di passeggeri e merci su ferrovia. Inoltre sono ancora molte le linee non elettrificate con trazione diesel sia della rete delle Fs sia delle ferrovie in concessione. Oltre mille i chilometri di rete con tratte di linee secondarie distribuite in tutte le regioni. Ma in particolare le aziende più colpite sono quelle che trasportano merci e che movimentano container e casse mobili dal treno alla gomma o viceversa.

Aumentare lo squilibrio

Mentre da una parte si fa un gran parlare di sviluppo del trasporto su ferro e il ministro delle Mobilità sostenibili Enrico Giovannini fa annunci roboanti («nel 2030 la quota di traffico merci su ferrovia e intermodale passerà dal 12 per cento al 26 per cento»), dall’altra si cancellano i già inadeguati incentivi del settore ferroviario.

Anziché ridurre gradualmente le accise dell’autotrasporto – i tir continuano a usufruire dello sconto già esistente – si è scelto di sostenerne la lobby.

In questo modo si aumenta, anziché ridurre, lo squilibrio tra il trasporto su tir e quello ferroviario che, meno flessibile e con costi fissi maggiori (rete e materiale rotabile), già non riesce a essere competitivo.

Inoltre non bisogna dimenticare che l’autotrasporto può aggirare norme come l’eccesso di velocità, il sovraccarico e le ore di guida degli autisti che spesso viaggiano a bordo di veicoli vecchi e, quindi, molto inquinanti anche per carenze manutentive.

In sintesi il comparto che genera maggior inquinamento, congestione e incidenti stradali continua a essere tutelato mentre quello ferroviario viene disincentivato. A cosa serviranno i miliardi che verranno spesi dal Pnrr per il potenziamento ferroviario se le aziende di trasporto merci ferroviario e intermodale saranno costrette a chiudere per l’assenza di incentivi che gli impediranno anche di fare investimenti su impianti e treni elettrici?

Il governo anche in questo settore chiave per l’economia, l’ambiente e la vivibilità dei cittadini, sta facendo il contrario di quello che si dovrebbe fare e dice di voler fare.

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