L’intermediario del gruppo Banco Bpm nel 2024 ha fatto il pieno di profitti. Grazie al collocamento delle azioni dell’istituto di Siena su incarico del ministero dell’economia
Tocca ai pm della procura di Milano, che indagano ormai da settimane, far luce sulla cessione del 15 per cento del Monte di Paschi da parte del Tesoro e, nel caso, provare che le regole non sono state rispettate. C’è un documento, però, almeno uno, che in qualche modo giustifica e spiega la sorpresa con cui gli operatori finanziari, in Italia e all’estero, hanno accolto l’operazione gestita dal ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti. Questione di numeri, quelli del bilancio di Banca Akros. Ma andiamo con ordine, non senza aver fatto qualche premessa.
Come noto, la vendita portata a termine il 13 novembre scorso ha avuto come controparti, nel ruolo di compratori, il gruppo Banco Bpm-Anima, il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone e la holding Delfin della famiglia Del Vecchio, tutti coinvolti nella grande partita delle ops bancarie che sarebbe partita di lì a poco.
La prima volta
Negli ambienti finanziari lo stupore è stato grande quando si è saputo che il Mef aveva affidato la gestione dell’asta di mercato a Banca Akros, un intermediario mai chiamato in causa in passato per operazioni di questa portata e di dimensioni. Difficile non notare, poi, che Banca Akros ha gestito un’asta di mercato, in gergo tecnico accelerated book building, di cui è risultato vincitore anche il suo azionista di controllo, cioè Banco Bpm.
La vendita del 15 per cento del Monte, che ha portato 1,1 miliardi nelle casse del Tesoro, appariva fuori scala rispetto alla consueta attività di Banca Akros, aveva segnalato all’epoca più di un addetto ai lavori. Questione di opinioni? Bilancio alla mano si scopre che l’anno scorso l’intermediario controllato da Banco Bpm ha visto raddoppiare i proventi per il collocamento titoli, passati da 11,1 a 21,5 milioni. Un risultato più che positivo, soprattutto se si considera che tutte le altre voci incluse nella categoria “commissioni attive” sono rimaste praticamente immutate da un esercizio all’altro, con l’eccezione dei proventi girati alla controllata dalla capogruppo Banco Bpm.
Come si spiega, quindi, il gran balzo nelle commissioni registrato a bilancio? La risposta è stata messa nero su bianco dagli stessi amministratori di Banca Akros che nella relazione sulla gestione scrivono testualmente: «Di particolare rilevanza le commissioni registrate a fronte dell’operazione stipulata con il ministero dell’Economia e delle Finanze connessa alla cessione da parte di quest’ultimo del 15 per cento di Mps dove Banca Akros ha agito nel ruolo di Global Coordinator e Bookrunner».
Nel 2023 i conti di Banca Akros, al netto delle operazioni straordinarie, si erano chiusi in rosso di 4,1 milioni. L’anno successivo invece il bilancio è tornato in utile per 21 milioni grazie anche ai proventi di un’operazione, il collocamento del 15 per cento di Mps, che per dimensioni non ha eguali tra quelle segnalate in bilancio.
Quest’ultimo fatto può apparire sorprendente ma, di per sé, non ha rilevanza ai fini dell’inchiesta aperta della procura di Milano, un’inchiesta che avrebbe già alcuni indagati e che, nelle settimane scorse, ha portato gli investigatori della Guardia di finanza negli uffici di Banca Akros. «Tutto regolare», hanno reagito a suo tempo fonti del Tesoro. L’incarico è stato assegnato all’intermediario che «ha fatto l’offerta migliore». E la stessa Banca Akros ha ribadito di aver gestito l’asta «in modo corretto e trasparente».
Trova le differenze
Difficile non notare, però, che la terza e ultima asta di titoli Mps è stata organizzata dal Tesoro con modalità differenti rispetto alle due precedenti. A novembre del 2023, quando è stato messo sul mercato il 20 per cento del Monte, l’incarico di Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners è stato affidato a tre banche: Bank of America, Jefferies e Ubs. Bank of America e Jefferies hanno gestito anche il collocamento che è andato in scena a marzo 2024 e in quell’occasione sono state affiancate da altri due coordinatori: Citigroup e anche Mediobanca, che adesso, ironia della sorte, si trova a doversi difendere dall’ops del Monte.
Si arriva così all’ultimo atto, l’asta (accelerated book building) del 13 novembre dell’anno scorso. Questa volta escono di scena tutti i grandi marchi internazionali. Non solo, il Mef, a differenza dei collocamenti precedenti, ritiene di potersi affidare a un solo coordinatore, l’italianissima Banca Akros. La fine è nota: Banco Bpm, Caltagirone e Delfin hanno preso posto tra i grandi soci del Monte, che di lì a due mesi, con l’approvazione del governo, ha annunciato la scalata a Mediobanca che potrebbe rivoluzionare gli equilibri della finanza nazionale.
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