Se ancora qualcuno avesse perplessità sui benefici che l’abbraccio mortale tra affari e politica può produrre, deve guardare a Elon Musk. Mai come nel caso dell’istrionico e controverso miliardario, divenuto uomo chiave della nuova amministrazione Usa, l’assioma è palese.

Tesla col freno a mano tirato

La dimostrazione viene contando nel dettaglio che c’è nella cifra mostruosa di oltre 400 miliardi di dollari. A tanto ammonta il guadagno borsistico della sua Tesla dalla vittoria di Trump. Il titolo in Borsa è volato da 250 dollari del 5 novembre a oltre 400 dollari a fine dell’anno. Salvo poi ripiegare ai 355 dollari di questi giorni che “riducono” il guadagno stellare a “solo” 320 miliardi.

Di questa ricchezza creata dal nulla e dovuta solo ed esclusivamente all’ingresso dalla porta principale della nuova era trumpiana, Musk beneficia direttamente per una sessantina di miliardi a oggi avendo lui il possesso tra azioni e stock option del 20 per cento del capitale del produttore di auto elettriche.

Perché miliardi di dollari creati in un colpo solo dal nulla? Semplice: Tesla in realtà, prima della vittoria del duo Trump-Musk, stava lentamente declinando. Come si è scoperto subito dopo, per la prima volta nella sua storia decennale di crescita, l’azienda si è fermata. Nel 2024 come si è appurato solo a inizio del 2025 con la diffusione dei conti c’è stato il primo stop. I veicoli venduti sono stati 1,8 milioni con un calo dell’1 per cento sull’anno precedente. Sembra poca cosa, in realtà la battuta d’arresto è grave: i ricavi legati alla vendita delle auto sono scesi del 6 per cento e l’utile netto è crollato del 23 per cento a 8,4 miliardi su 98 miliardi di fatturato globale.

Prima brusca frenata della galoppata senza sosta del miracolo Tesla. E per un titolo che capitalizza la cifra enorme di 1.200 miliardi di dollari, anche solo uno stop nella crescita dei profitti è esiziale. Tesla infatti è in una grande bolla: vale 12 volte i suoi ricavi annui e ben 150 volte i suoi utili. Numeri da capogiro che si possono giustificare solo con un ritmo di marcia della redditività del 30-40 per cento all’anno, cosa che ormai sembra dietro le spalle. A meno che conti il fattore Musk politico di primo piano a convogliare frotte di investitore a comprare il titolo Tesla, come se comprassero la benevolenza del nuovo zar della politica di bilancio americana.

Tra l’altro per la prima volta la cinese Byd ha superato quanto a volumi di vendita la stessa Tesla. Segno che ormai la concorrenza ha rotto il monopolio muskiano sull’all electric.

Un pericolo per Musk, ma anche per la grande finanza Usa che vede i maggiori fondi d’investimento soci di Tesla, di cui posseggono almeno il 70 per cento del capitale. Un crollo di Tesla sarebbero guai non solo per Musk, ma per pezzi importante della grande finanza mondiale.

Ed ecco la ciambella di salvataggio dalla politica: i dazi sulle auto, anche quelle elettriche che ovviamente penalizzano l’agguerrita cinese Byd e proteggeranno Tesla.

SpaceX con i soldi pubblici

Ma gli affari di mister Musk non si fermano certo all’auto elettrica. Nel suo arco c’è lo spazio che di fatto ha colonizzato come nuovo grande monopolista con SpaceX e con la matrioska Starlink. Due business che vanno a braccetto. SpaceX ha inondato il cielo dei suoi Falcon, spediti lassù con i lanci spaziali. Ha mandato in orbita migliaia di satelliti che consentono sia usi civili come le comunicazioni via Internet che usi militari.

E anche qui la politica ha avuto e ha il suo peso. Di fatto SpaceX fa quasi metà del suo fatturato con le commesse della Nasa riuscendo a scalzare giganti come Boeing e Lockeed Martin come fornitori storici dell’agenzia spaziale Usa.

La prima commessa Nasa è arrivata nel 2008 con un finanziamento del valore di 1,6 miliardi e da allora è stato un crescendo. Ora secondo stime il 70 per cento dei lanci della Nasa sono appannaggio di SpaceX.

Dove ha trovato i soldi per investire e far crescere SpaceX? Non certo solo soldi suoi. Musk possiede di fatto il 40 per cento della società che si è finanziata fin da subito sul mercato privato dei grandi fondi Usa; gli stessi che hanno comprato nel tempo azioni Tesla. Si stima che SpaceX abbia fatto 30 round di finanziamento, vendendo mano a mano azioni della società ai fondi a prezzi crescenti con una raccolta di denaro dalla nascita per oltre 11 miliardi di dollari.

SpaceX non è quotata e non esistono bilanci pubblici. Gli unici a conoscere conti e prospettive sono gli investitori privati. Gli unici dati stimati arrivano da società di consulenza come Sacra e Quilty Space che hanno stimato ricavi per SpaceX per 14 miliardi nel 2024 con tassi di crescita a doppia cifra percentuale negli ultimi anni.

Dentro l’agglomerato della società spaziale di Musk e soci c’è Starlink che avrebbe realizzato nel 2024 sempre secondo le stime 7,8 miliardi di dollari di fatturato dai 2,3 miliardi del 2023. Sempre le stime indicano in 12 miliardi l’obiettivo di ricavi per quest’anno. In pancia Starlink ha commesse governative per almeno 3 miliardi per sviluppare il programma Pleo (Us Space Force Proliferated low orbit Earth) che mira a popolare l’orbita bassa della Terra con satelliti per ogni tipo di comunicazione.

E così se Tesla ora rischia di vedere crollare il valore stellare di Borsa, se la marcia delle vendite e dei profitti si fermerà, ecco che SpaceX e Starlink sono pronte a compensare eventuali futuri sboom della casa automobilistica.

Come per la storia decennale di Tesla qualsiasi cosa tocchi il nuovo Re Mida fa accorrere i famelici fondi d’investimento che scommettono sulle virtù dell’imprenditore sempre più abbracciato con il potere.

SpaceX avrebbe raggiunto, sulla base dei prezzi ultimi di vendita al mercato privato delle sue azioni, un valore di 350 miliardi di dollari. E come per Tesla non si può non parlare di valore drogato dall’effetto Re Mida Musk. Con un valore così elevato, Space X viene comprata oltre 20 volte i suoi ricavi e oltre 100 volte i suoi utili futuri: un livello, questo sì, stellare. Che non ha paragoni con le valutazioni, già queste ipertrofiche, delle grandi corporation del big tech Usa da Microsoft; ad Apple; ad Amazon fino a Nvidia.

Un nuovo mega-miliardario che si è issato sul tetto del mondo con una ricchezza finanziaria tra Tesla e le quote di SpaceX che vale oggi intorno ai 400 miliardi di dollari. E che ora ha le leve del comando sulla pubblica amministrazione americana con quell’incarico studiato ad arte, leggi Doge, per riformare l’intera spesa pubblica del Paese. L’opera è già iniziata con la cacciata di migliaia di funzionari pubblici nelle varie Agenzie che di fatto finiscono sotto il controllo diretto del mega-miliardario Musk.

Solo uno sprovveduto non può vedere il colossale conflitto di interesse tra gli affari presenti e futuri a cui tiene Musk e il ruolo delle commesse governative che ovviamente finiranno dirottate sui business di casa Musk.

Per decenni il mondo occidentale ha stigmatizzato e denigrato ruolo e funzioni delle oligarchie finanziarie sorte nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Un intreccio colossale con il potere autocratico che ha favorito la crescita del potere oligarchico finanziario spesso opaco e ambiguo. Un mondo corrotto e dominato dall’accumulo di ricchezze e potere nelle mani di una casta di eletti. Come in una paradossale nemesi storica tocca ora all’economia di mercato del Paese del turbo-liberismo soggiogarsi al nuovo modello di feudalesimo finanziario.

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