Il governo italiano sta giocando d’azzardo sulla legge di bilancio. Quasi nessuno infatti si è accorto che nella manovra è stato infilato un meccanismo che imbelletta i nostri conti pubblici per parecchie decine di miliardi: 33,4 miliardi in totale. Per scoprirlo bisogna arrivare in fondo alla legge in dirittura di arrivo in parlamento: in uno degli allegati al testo compare, finalmente nero su bianco, il calcolo della cosiddetta “retroazione fiscale”, cioè del maggiore gettito che l’esecutivo stima di poter ottenere grazie alle misure introdotte con la finanziaria. Di solito non viene nemmeno considerato come copertura, questione di prudenza: è difficile calcolare l’effetto di un provvedimento e ancora di più calcolare quando e come si dispiegherà nel tempo.

Questa volta invece il governo, come finanziamento, ha calcolato un effetto di retroazione fiscale di 12,9 miliardi di euro per il 2022 e di 20,5 miliardi di euro nel 2023. Senza queste decine di miliardi le cifre dei conti pubblici dei prossimi anni saranno diverse o, detto altrimenti, se queste entrate non compariranno nelle casse dello stato i conti pubblici scritti nella manovra sono destinati a saltare. Così mentre il parlamento è pronto a impegnarsi in una marcia forzata sulla manovra, le cifre del deficit e del debito per gli anni a venire – nel 2023 il deficit cala al 3 per cento – sono al momento scritte sull’acqua. E questo pure se le stime del governo sono più ottimiste di quelle della Commissione europea – Roma calcola per esempio un debito al 155,6 per cento del Pil nel 2021, Bruxelles al 159,5.

Un castello di incertezze

Che le previsioni per 2022 e 2023 si basassero su entrate incerte lo aveva spiegato già il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, nella sua audizione del 12 ottobre di fronte alle commissioni economiche parlamentari. In pochi hanno prestato attenzione alle sue parole. Diceva che la maggior parte delle risorse si basava sugli effetti della retroazione fiscale «per loro natura incerti» e, particolare non da poco, «collegati alla effettiva capacità di realizzazione degli interventi pianificati».

In questo caso alla nostra capacità di attuare le misure del Recovery plan. Per questo, secondo il presidente dell’Upb, risultava «rischioso affidare a tali introiti il finanziamento di misure, di aumento delle spese o di riduzione delle entrate, con effetti di carattere permanente, che esigono coperture strutturali a regime». La scommessa d’azzardo del governo si basa, ovviamente, anche sull’effetto dei fondi in arrivo dall’Europa. Ma quegli aiuti e prestiti non sono nemmeno quantificati nel disegno di legge e al di là dei problemi che sta incontrando il negoziato con il veto di Ungheria e Polonia, le somme ancora ballano. Per esempio, la Commissione nel documento sulla manovra calcola 7,1 miliardi di anticipo per il 2021, mentre la nota di aggiornamento al Def italiano conta su dieci miliardi. Ma pure considerando tutti gli aiuti possibili e i progetti possibili, il governo ha inserito come coperture miliardi di entrate al momento virtuali.

Senza precedenti

Per dare una idea, la manovra 2021 vale 40 miliardi. In un’altra occasione le previsioni sulle entrate erano inserite in una finanziaria: era il 2017, la manovra valeva 27 miliardi e la retroazione era calcolata a 1 miliardo nel 2018 e 2,2 nel 2019. Quelle cifre così incerte possono essere usate come le clausole di salvaguardia (tagli automatici alla spesa che poi non si materializzano mai) inventate dal governo Berlusconi nel 2011 per far tornare i conti, e poi abusate da tutti i governi a venire per cercare di mostrare un certo impegno sul deficit. Lo sforzo economico è sicuramente difficile da comparare, per la Commissione le garanzie messe a disposizione dell’esecutivo arrivano a coprire il 30 per cento del Pil, qualcosa come 500 miliardi, se fossero impiegate tutte. La coerenza nella programmazione quindi è ancora più delicata, eppure il governo continua a mettere in agenda uno scostamento di bilancio dietro l’altro - altri due in programma tra dicembre e gennaio - nonostante la discussione in aula sulla manovra dovrebbe essere avviata il 18 dicembre.

Massimo Bordignon, professore di scienza delle finanze alla Cattolica e membro del comitato consultivo sulle finanze pubbliche europeo, organo che consiglia la Commissione europea su riforme attese come quella del patto di stabilità, dice che l’Italia è una sorta di termometro. «Visto che il nostro paese è il più in difficoltà sul fronte della crescita economica ed è anche il più aiutato è chiaro che se dimostriamo la capacità di spendere bene è un successo da cui può dipendere l’approfondimento del percorso di integrazione europea». Alla voce integrazione, spiega, c’è la possibilità di rendere permanente, rinnovandolo, il debito europeo contratto per i programmi di ripresa. Ma secondo Bordignon più risorse europee ci sono, più controllo c’è sull’evoluzione delle finanze pubbliche. Sul fronte del patto di stabilità la sospensione potrebbe essere estesa al 2022, in vista di una revisione generale delle regole, anche per adeguarle a questo contesto di alto debito generalizzato. Con tutto quello che c’è in gioco, le scommesse sui conti sono ancora più rischiose.

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