«Tutto è bene quel che finisce bene». I leghisti cantano vittoria dopo la più recente presa di posizione di Andrea Orcel: l’ad di Unicredit ha infatti fatto sapere alla Goldman Sachs European Financial Conference 2025 che dal suo punto di vista la probabilità di proseguire con l’Ops su Banco Bpm «è al 20 per cento o meno».

Insomma, il fulmine a ciel sereno che aveva scombinato i piani del Carroccio, mettendo nel mirino dell’istituto la banca cara alla Lega nordista, sembra essersi abbattuto sul terreno senza provocare conseguenze. «Dovete considerare che se il golden power non viene chiarito in qualche modo ci ritireremo» ha continuato Orcel, che è in attesa del giudizio di merito del Tar del Lazio, a cui si è rivolto contro l’applicazione del golden power da parte del governo per bloccare la scalata a BancoBpm.

Il numero uno si toglie però anche qualche sassolino dalla scarpa: «Non è una critica al governo o ai politici, ma è una critica all'uso di questo approccio come strategia difensiva, perché impedisce al mercato di funzionare correttamente e sposta l'intero dialogo su un altro piano» sottolinea. «Non è fattuale, non è razionale, non crea valore, è solo difesa per il gusto di difendersi».

Nel frattempo, il Tar sta maneggiando anche un’altra questione che interessa da vicino Orcel, cioè il ricorso di Banco Bpm contro la decisione della Consob di prorogare l’Ops di Unicredit per altri trenta giorni, in scadenza tra poco meno di due settimane.

Non è un caso che Giancarlo Giorgetti venga descritto come molto sereno dai leghisti che ha incontrato nelle ultime ore. «Sembra che la combinazione tra golden power e lettera di motivazione del ministero abbia fatto il suo» racconta chi ha avuto modo di confrontarsi con il ministro. Dalle parti di ministero e piazza San Luigi dei francesi, dove hanno sede i gruppi della Lega, si conta sul fatto che Orcel si rivolga ora interamente alla campagna di Germania.

Ed effettivamente, nonostante la lettera durissima del governo Merz di martedì, l’ad di Unicredit non sembra pronto a mollare i suoi piani di acquisizione nei confronti della banca tedesca. Anche perché in Italia sembra essersi cacciato in un vicolo cieco. «Probabilmente entro la fine di questo mese avremo tutte le autorizzazioni per arrivare al 30 per cento» ha detto. «È un dato di fatto che ho il dovere nei confronti dei miei azionisti di proteggere quell'investimento» continua. Ma Orcel ne ha anche per la governance della banca e per il governo tedesco che, spiega, in un primo momento erano favorevoli alla mossa di Unicredit e poi è tornata sui suoi passi. «Ancora non capisco questa storia dell'opacità, dell'ostilità, perché se mi vendi qualcosa e poi ti giri e dici che è opaco e ostile, non capisco».

«Anche l’altra questione potrebbe mettersi sui binari giusti nei prossimi giorni». Con “l’altra questione”, i leghisti intendono il vero obiettivo di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, per una volta sulla stessa linea: la scalata Mps su Mediobanca, che incontra anche il favore di palazzo Chigi.

«Unicredit è l’ultima delle priorità in questo momento» spiegano i parlamentari di maggioranza, che raccontano di un governo pienamente concentrato sull’appuntamento di lunedì, quando gli azionisti devono decidere se accettare o no l’ops della partecipazione in Generali proposta da Alberto Nagel per disinnescare l’interesse di Mps e, per interposto governo, del gruppo Delfin e del gruppo Caltagirone.

Piazzetta Cuccia intanto, per non lasciare niente di intentato, ha presentato nelle ultime ore un esposto in procura per accertare un presunto concerto tra il gruppo Caltagirone e la Delfin, soci di Mps, delle Generali di cui Mediobanca è primo azionista e di Mediobanca stessa.

Lo stesso documento era già stato presentato anche da Consob e Banca d’Italia. Per il resto, c’è solo da aspettare: ogni parte sta facendo i conti nella speranza di arrivare a lunedì con i voti necessari. È di ieri la notizia del via libera alla cessione della partecipazione da parte del più grande fondo sovrano al mondo, Norges Bank, a cui si aggiungono gli ok della famiglia Doris dai cda di Banca Mediolanum e Mediolanum Vita.

Stanno convergendo dunque sul sì gli investitori istituzionali, tra cui fondi pensione statunitensi (New York City Comptroller, California State Teachers' Retirement System, Florida State Board of Administration, CalPERS) e asset manager (Calvert e Praxis) che hanno già comunicato la propria decisione di voto, allineandosi al giudizio unanime dei principali proxy advisor (ISS e Glass Lewis, insieme a PIRC, agenzia europea specializzata sui fondi pensione).

«Ma Giancarlo è tranquillo», continuano a ripetersi come un mantra in tutta la maggioranza.

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