E dopo Palenzona, Palenzona. Una volta impresso l’inconfondibile marchio di fabbrica Benetton all’Aiscat, la lobby delle 26 concessionarie autostradali di cui è stato presidente per un ventennio, ora che il sole Benetton è al tramonto, Fabrizio Palenzona si appresta a succedere a se stesso. Non proprio direttamente, per la verità, per interposta persona, sulla sua poltrona siederà un sostituto voluto da Palenzona e da lui stesso investito di potere.

L’operazione è in pieno svolgimento e salvo improbabili colpi di scena si concluderà il 10 settembre, giorno in cui è stata convocata l’assemblea generale dei soci Aiscat.

L’esito appare scontato perché i giochi sono fatti e non sono stati giochi piacevoli. I signori del casello si sono scontrati per mesi dietro le quinte con riunioni così furibonde da dover essere sospese per evitare che degenerassero dalle male parole al peggio.

Palenzona ha vinto, ma la sua rischia di essere la classica vittoria di Pirro perché le baruffe chiozzotte stanno facendo implodere Aiscat che sta perdendo per strada molti dei suoi affiliati.

Il gruppo piemontese Gavio con i suoi circa 1.500 chilometri di autostrade se n’era già andato da tempo da Aiscat, senza mai spiegare i motivi veri della sua uscita, che in realtà erano collegati al crollo del ponte di Genova. Giustamente quella tragedia era stata considerata dai Gavio uno spartiacque nella storia delle concessionarie autostradali e la prova provata che la lobby di riferimento non poteva continuare a essere Palenzona-Benetton dipendente.

L’uscita di Gavio

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Il gruppo italo-spagnolo Sis guidato dalla società Dogliani che si è rafforzato di recente togliendo proprio ai Gavio la Torino-Piacenza e la Tangenziale di Torino e aggiudicandosi la Tangenziale di Napoli non ha alcuna intenzione di allargarsi proprio ora dentro Aiscat che appare a un passo dalla dissoluzione.

Il gruppo Toto che controlla i quasi 300 chilometri dell’Autostrada dei parchi da Roma all’Aquila, Pescara e Teramo ha invece provato a far cambiare rotta all’Aiscat ingaggiando un serrato corpo a corpo con Palenzona per sostituirlo con Mauro Fabris, presidente dell’autostrada, ex senatore centrista ed ex sottosegretario nei governi D’Alema e Amato.

Ma Toto ha perso ed è già con un piede fuori dalla porta nonostante Fabris fosse riuscito a coagulare un fronte ampio a favore della discontinuità che oltre a Toto comprendeva l’autostrada Serravalle e le Infrastrutture lombarde, il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani, e perfino Maurizio Paniz, presidente di Autovie venete, ex parlamentare berlusconiano, amico dei Benetton e loro avvocato. Tutti convinti che si dovesse scegliere un presidente autorevole a garanzia della svolta presso le istituzioni e la politica, una figura che segnasse un cambio netto rispetto al passato.

In pratica la tormentata successione nel segno della continuità orientata da Palenzona sta producendo un paradosso: da associazione di concessionari privati con qualche spruzzata di pubblico, Aiscat cambia connotati e si accinge a diventare una lobby di concessionari pubblici (Aspi, la Autobrennero etc..) con qualche spruzzata di privato ora che Autostrade dell’Italia dei Benetton sta per transitare sotto l’egida di Cassa depositi e prestiti del ministero del Tesoro.

L’alias di Palenzona in Aiscat si chiama Diego Cattoni, un manager con un curriculum lusinghiero, dall’Accademia della Guardia di finanza a Bergamo all’incarico di amministratore delegato del gruppo dello spumante Ferrari passando attraverso la guida dell’associazione calcio di Trento e dell’Aquila basket.

Di autostrade e di tutto quel complicato marasma delle concessioni Cattoni però non si era mai occupato fino a quando un paio d’anni fa è stato chiamato a fare il presidente dell’Autobrennero, più di 300 chilometri da Modena al confine con l’Austria, un’autostrada importante, in mano agli enti locali di Trento e Bolzano, ma tutto sommato non centrale nel gioco dei pesi e contrappesi del potere autostradale, oltretutto da anni alla spasmodica ricerca di un allungamento della concessione senza passare dall’esame di una gara.

Dalle Alpi ai Parioli

Foto Valerio Portelli/LaPresse 18-07-2019 Roma, Italia Viabilità Italia Cronaca Nella foto: Roberto Tomasi AD Autostrade per l' Italia Photo Valerio Portelli/LaPresse 18 July 2019 Rome, Italy Viability Italy News In the pic: Roberto Tomasi AD Autostrade per l' Italia

Dalle Alpi Cattoni plana sulla sede roman-pariolina dell’Aiscat e Palenzona sarà al suo fianco come un esperto fratello maggiore, pronto a intervenire quando ce ne sarà bisogno per colmare eventuali vuoti e lacune causati dall’inesperienza di cui il futuro presidente inevitabilmente soffre.

In che veste ufficiale Palenzona potrà svolgere il suo ruolo di consigliori non è ancora chiaro, forse vice presidente con ampie deleghe come aveva inutilmente richiesto in un primo momento o forse anche niente. Ma questi sono dettagli, la sostanza è che Palenzona esce dalla finestra dell’Aiscat e rientra dalla porta.

Se fosse stato per lui avrebbe fatto anche a meno di questa messinscena e avrebbe continuato a fare da presidente quello che ha sempre fatto, cioè il manovratore sapiente e assoluto del sistema delle concessioni pubbliche, in particolare nell’ambito delle infrastrutture, dalle autostrade agli aeroporti.

Alla fine di maggio il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, gli ha però dato praticamente il benservito ricordandogli che la regola che vieta il cumulo di mandati vale anche per Aiscat e delle due l’una: o Aiscat esce dal sistema confindustriale o cambia presidente e licenzia Palenzona che sta lì da 18 anni. Per Palenzona sembrava la fine e invece da quel momento ha ingaggiato una battaglia che sta vincendo con il sostegno di un alleato formidabile: Roberto Tomasi, amministratore di Aspi, il controllore della maggioranza di Aiscat.

Gli interessi di Palenzona e Tomasi si sono perfettamente saldati: Palenzona vuole restare il manovratore indiscusso delle concessioni, Tomasi attraverso Palenzona spera di rimanere dov’è cambiando solo casacca, togliendosi quella ormai logora di fiduciario dei Benetton per indossare quella nuova di amministratore pubblico per conto della Cassa depositi e prestiti, trasformandosi in un amen da falco del profitto in aspirante boiardo di stato.

Tomasi ritiene che Palenzona all’Aiscat possa tornargli utile per essere accreditato con i futuri padroni della Cassa depositi e prestiti e in particolare il presidente Giovanni Gorno Tempini. Calandosi subito nella parte di manager pubblico con la manica larga, Tomasi ha preso di recente decisioni molto popolari come il cash back autostradale in favore degli automobilisti per i tempi di percorrenza allungati e i disagi causati dai lavori in corso. Ma la scelta ha fatto inviperire ancora di più gli altri concessionari, per niente contenti di dover mettere mano al portafoglio e di essere infilati dentro il cesto delle manchevolezze Aspi per i disservizi causati dai suoi cantieri.

Battaglia truccata

Nella riunione decisiva tre dei quattro vice presidenti di Aiscat che per statuto hanno il compito di indicare il nome del nuovo presidente al Consiglio direttivo dell’associazione si sono dichiarati a favore di un cambio della guardia indicando il nome di Fabris. Contrario solo Tomasi, favorevoli Maura Carta dell’autostrada Serravalle e anche Cattoni oltre ovviamente allo stesso Fabris. Il giorno successivo, al momento di designare ufficialmente il presidente, colpo di scena: prende la parola Tomasi e indica Cattoni come presidente. Il quale, rimangiandosi l’accordo del giorno prima, tra lo stupore dei presenti accetta la candidatura, anche se a scadenza, fino al momento in cui sarà formalizzato il passaggio di Aspi dai Benetton a Cassa depositi e prestiti. Si vota: il risultato è pari, 2 a 2, ma il voto di Tomasi viene fatto pesare di più.

La commedia non è finita, il sipario si rialza sul Consiglio direttivo. I componenti sono 12, ma la maggioranza pro Palenzona-Tomasi-Cattoni non è sicura e allora Tomasi si lancia in un altro acuto: scrive una lettera ad Aiscat, ricorda che lo statuto prevede 15 consiglieri e chiede che vengano integrati i 4 mancanti, tre nuovi più Castellucci decaduto nel frattempo. Detto fatto. Si vota e finisce 9 a 6: Palenzona stravince, Tomasi è contento, Cattoni è presidente.

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