Che si tratti di amministratori delegati o sindacalisti l’obiettivo è lo stesso: evitare il più possibile il contraccolpo del 25 settembre. Cioè l’effetto del cambio di governo su strategie industriali, nomine, esigenze di liquidità o taglio dei costi, o persino su quotazioni.

Da Siena a Roma, da Genova a Taranto è tutto un cercare di risolvere il prima possibile le questioni più complesse e a cui sono appesi i conti aziendali, prima che il rituale del nuovo ingresso in parlamento e a palazzo Chigi provochi l’usuale stallo nella gestione di emergenze o, peggio, la loro non gestione per propaganda.

Monte dei Paschi

Al Monte dei Paschi di Siena, dove conoscono molto bene le dinamiche politiche, il consiglio di amministrazione della stagione Draghi, guidato da Piero Lovaglio, ha convocato l’assemblea dei soci il 15 settembre per deliberare sul fondamentale aumento di capitale da 2,5 miliardi dell’istituto di credito: nonostante manchi ancora l’autorizzazione della Banca centrale europea, in questo modo il via libera sarebbe così incassato e messo in sicurezza dieci giorni prima delle elezioni.

Assieme alla data dell’assemblea, Lovaglio ha presentato ieri una semestrale che registra 27 milioni di utili – 18 milioni del secondo trimestre – rispetto ai 202 dello stesso periodo dello scorso anno. Il successo del piano di Lovaglio, come lui stesso ha ammesso, è la riuscita del piano esuberi: con i sindacati è stato firmato l’accordo per 3.500 esodi volontari (sui quattromila previsti dal piano), ora bisogna convincere i lavoratori e sperare che la politica non si metta di mezzo. Siccome l’aumento di capitale serve anche a finanziare il fondo esuberi, era la prima casella da mettere al riparo dalle variabili politiche. Il resto si vedrà.

Il gruppo Tim

Al ministero del Lavoro, giusto ieri, è stata sgombrata almeno una delle incognite sul futuro di Tim, l’azienda che al momento sembra più dipendendere dagli assetti politici prossimi venturi. Il gruppo e i sindacati hanno firmato un’intesa che, sotto il nome di «contratto di espansione 2022-2024», prevede formazione per 30mila lavoratori, ma anche il taglio dell’orario di lavoro per altrettanti dipendenti in diverse gradazioni (dal 10 al 25 per cento) e un piano di accompagnamento alla pensione per 2.200 persone, con riduzione del cento per cento dell’orario per chi esce nel 2023, che deve centrare l’obiettivo di 1.200 esodi volontari. I numeri delle assunzioni concordate non sono altrettanto chiari.

L’offerta per la rete unica da parte di Cdp Equity è slittata a fine agosto e quella vincolante deve arrivare entro fine ottobre. In mezzo ci sono le elezioni, e ci sono da convincere i soci francesi di Vivendi, ascoltando però i nuovi “padroni” di palazzo Chigi. Tenendo conto di queste variabili, prima di fare i conti sull’ammontare del debito di cui ci si potrebbe disfare, meglio intanto fare i conti sui lavoratori di cui si può fare a meno.

Cdp Equity

Tim, del resto, non ha solo la rete unica a cui pensare. Entro il secondo semestre bisogna attivare il polo strategico nazionale del cloud, che significa la migrazione di dati da moltissime amministrazioni. Per il collaudo ci sono tre mesi di tempo.

Un obiettivo «impegnativo», come ha certificato ieri la Corte dei conti, che è nelle mani di Leonardo, Sogei, Tim e della solita Cdp Equity. Francesco Mele, il nuovo amministratore della controllata di Cdp che ha in mano tutte le partecipazioni industriali che contano e preoccupano (Tim e Open Fiber, Saipem e Ansaldo Energi), è stato designato ieri ed entrerà in carica ufficialmente il 19 settembre, a meno di sei giorni dalle elezioni. In passato ha dimostrato di sapere gestire crisi non da poco, come la ricapitalizzazione di Mps del 2016: una dote che gli sarà molto utile nel nuovo ruolo.

Le richieste di pronto intervento sono già arrivate. Ansaldo Energia ha bisogno di una ripatrimonializzazione, dopo aver ridotto di un terzo il capitale sociale a causa di una perdita di quasi mezzo miliardo nel primo semestre, che si chiude anche con 787 milioni di debiti.

L’ad Giuseppe Marino ha fatto stendere alla Boston Consulting un nuovo piano industriale che rinuncia alla crescita e che, secondo Antonio Apa, coordinatore Uilm Liguria, «arretra la capacità produttiva riducendo gli obiettivi di produzione da 15- 20 macchine ad appena cinque l’anno». Il sindacalista chiede un confronto direttamente col nuovo ad di Cdp Equity: «Noi non possiamo aspettare le elezioni e l’insediamento del nuovo governo, poi ci sarà la nuova finanziaria, poi si apriranno i dossier e si andrà alla primavera prossima».

Anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, vuole chiudere rapidamente la vendita della maggioranza di ItaAirways: il Mef manterrà il 20 per cento e finora le risposte degli offerenti sulla governance, cioè su quanta voce in capitolo avrà lo stato italiano, non erano adeguate. Di certo, però, non sarà il prossimo governo a occuparsene. L’incubo dei capitani coraggiosi coi nostri soldi non dovrebbe ripetersi.

 

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