Il super bonus al 110 per cento è salvo, giubila il Movimento cinque stelle, giubila Forza Italia. Prime case, seconde case, abitazioni unifamiliari o condomini, senza alcun tetto di reddito equivalente (Isee) potranno accedere alla detrazione al 110 per cento e ottenere uno sgravio di imposta superiore ai costi sostenuti, solo per lo sforzo di ristrutturarsi di casa. Per il 2022 serve solo dimostrare di aver ultimato il 30 per cento dei lavori entro il 30 giugno. Per le aree colpite dal sisma il bonus durerà fino al 2025, mentre sono comprese ora anche le abitazioni servite dal teleriscaldamento. E per gli interventi sotto i 10 mila euro non si applicherà il decreto anti frode, voluto dopo le segnalazioni dell’Agenzia delle entrate sull’ammontare elevato dell’elusione attorno al bonus. 

Perché il M5s vuole rendere ancora più iniquo il super bonus?

Così riformulato l’emendamento aumenta l’aggravio sui conti pubblici di altri 790,8 milioni di euro, mentre gli interventi sono costati finora circa 11,6 miliardi di euro su patrimonio edilizio pari allo 0,42 per cento del patrimonio edilizio, secondo le stime dell’Enea. Cioè oltre tre miliardi in più delle risorse che abbiamo utilizzato per tagliare le imposte a tutti i contribuenti, quattro se consideriamo solo quelle destinate al taglio della imposta sui redditi delle persone fisiche. Ma poco importa. Giuseppe Conte rivendica con orgoglio l’eliminazione degli «ultimi paletti Isee», imitato poco più tardi dal suo ex ministro Matteo Salvini

Bonus e penali

L’ecobonus era il nodo che frenava l’intera legge di bilancio, la meno discussa di sempre e destinata ad essere approvata a ridosso del 31 dicembre, al limite dell’esercizio provvisorio. Forza Italia e Lega esultano per il rinvio delle caselle esattoriali di sei mesi, il Terzo settore supportato sia da un intervento del Pd che di Fratelli di Italia ha evitato l’obbligo di apertura della partita Iva per altri due anni, Italia Viva si è spesa per offrire a chi matura una parte della pensione all’estero l’esenzione al 62,5 per cento sull’Imu sul primo immobile in Italia. Sono stati prorogati bonus grandi e piccoli, dal bonus per la quotazione delle Pmi per una spesa fino a 200mila euro (prima era di 500 mila) al bonus idrico per chi decide di installare sistemi di filtraggio dell’acqua (5 milioni di euro di costo totale).

Disco verde anche per la norma cosiddetta "anti delocalizzazioni”  che obbliga le aziende a presentare un piano di re-impiego prima di avviare una procedura di licenziamento collettivo, pena il pagamento di un contributo di licenziamento, pari al doppio di quanto previsto in precedenza. Il piano aziendale può includere ricorso a formazione, tramite programmi nazionali e fondi interprofessionali, utilizzo di ammortizzatori sociali, incentivi all’esodo, cessioni di ramo d’azienda e tutto quanto possa assicurare livelli occupazionali.

Le quote di Banca d’Italia

Con due emendamenti gemelli di Lega e Forza Italia è stata, poi, innalzata al cinque per cento la quota di partecipazione nel capitale di Banca d’Italia, a cui dovrà seguire una modifica dello statuto della nostra banca centrale. Attualmente, infatti, il tetto era al tre per cento e per le quote eccedenti i dividendi erano sterilizzati e accantonati da Banca d’Italia e quindi anche non tassati. Con la modifica, che prevede una temporanea doppia tassazione dei dividendi, guadagna lo stato, e guadagnano Intesa San Paolo, che attualmente detiene il 16,8 per cento del capitale e Unicredit all’8,42 per cento.

Fondi ad hoc per Siena

Tra gli emendamenti votati a notte fonda o di prima mattina che dir si voglia, ci sono poi milioni di euro per l’istituzione della fondazione di Biotecnopolo che il segretario dem Enrico Letta aveva promesso al suo collegio di elezione: Siena. Solo pochi giorni fa a un evento della camera di Commercio Letta aveva spiegato che questa legge di bilancio sarebbe stata molto importante per la città perché avrebbe riservato fondi strutturali per quello che secondo lui potrebbe diventare «l’hub nazionale delle scienze della vita».
Detto, fatto: un emendamento già approvato prevede un investimento iniziale triennale di oltre 30 milioni di euro e poi fondi strutturali pari a 16 milioni di euro annui. 

Finanziamenti che secondo la senatrice a vita Elena Cattaneo, una delle più sensibili alla corretta distribuzione dei fondi per la ricerca, rischiano di finire a finanziare «l'ennesimo "centro in mattoni" per “realizzare programmi di ricerca” sulle scienze della vita, in un contesto nazionale e regionale già ricco di iniziative e soggetti attivi e produttivi proprio sullo stesso tema, da alimentare negli anni a venire bloccando risorse pubbliche che potrebbero essere meglio utilizzate». Per distribuire efficacemente fondi pubblici, dice Cattaneo, ci vuole concorrenza tra idee e per questo ha lanciato un appello pubblico per correggere l’assegnazione delle risorse.

I fondi per l’Eni

Per una norma da festeggiare per il Pd c’è anche un emendamento per cui i dem rivendicano l’astensione. E cioè quello presentato da Leu, Articolo 1 e M5s che elimina gli incentivi destinati ai progetti di cattura della Co2, come quello di Eni a Ravenna. Il senatore dem Stefano Collina ha criticato i colleghi per il tentativo di ostacolare il progetto utile «a non rendere Ravenna una area di crisi complessa». A festeggiare, invece, lo stop a un progetto con nome e cognome e già bocciato dalla Commissione europea sono i rappresentanti di Europa Verde.

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