Per autorizzare i lavori del 5G ci vogliono 5 mesi: la burocrazia nemica della rete veloce

Accelerare sulle infrastrutture di Tlc? In Italia è una chimera perché le tempistiche, quelle della burocrazia, continuano a rappresentare la zavorra numero uno, disallineando il nostro Paese dal resto d’Europa e soprattutto dagli obiettivi della cosiddetta “Gigabit society”. Per non parlare della partita dei data center e dell’intelligenza artificiale su cui scommette il governo ma che, senza reti a banda ultralarga, diffuse in modo massiccio sul territorio, sarà impossibile da giocare. Telecomunicazioni, il governo promette 629 milioni e un voucher da 200 euro a famiglia per installare la fibra Al centro Italia le maggiori criticità Sul fronte delle reti fisse, quelle in fibra, per ottenere l’autorizzazione agli scavi ci vogliono in media 92 giorni. E c’è forte disomogeneità a livello territoriale e questa volta è il centro Italia a registrare il peggiore risultato per quel che riguarda gli scavi per le reti fisse: al Centro ci vogliono 103 giorni, al Sud 94 e al Nord 85. La situazione peggiora per le reti mobili: 144 giorni per completare l’iter necessario all’installazione delle reti 5G. Questi i dati che emergono dallo studio “Verso la nuova connettività. L’approccio delle comunità locali al deployment delle reti fisse e mobili”, condotto dall’Istituto per la competitività I-Com con Join Group con il supporto delle aziende del settore Ericsson, FiberCop, Inwit, Open Fiber, Unidata e WindTre. Telecomunicazioni, rischio flop per il governo: è guerra aperta sulla fibra L’ostruzionismo degli enti locali Non sono bastati i decreti semplificazioni, le leggi sulla concorrenza e il Pnrr – per stare agli ultimi sette anni – a velocizzare le procedure e abbattere gli adempimenti a carico degli operatori di telecomunicazioni per la realizzazione delle infrastrutture fisse e mobili. Si marcia ancora a passo di lumaca e i miglioramenti sulle tempistiche sono risibili. «Nonostante la cornice normativa sia ormai in generale abbastanza definita e chiara, persistono una serie di criticità che necessitano di una correzione. Le azioni intraprese hanno sì generato effetti positivi sulle procedure autorizzative, ma non ancora sufficienti a garantire un rapido dispiegamento delle infrastrutture di rete in Italia», sottolinea I-Com nel segnalare il persistere di «ritrosie» fino ad arrivare ad «aperte violazioni» da parte degli enti locali. «Le tempistiche di risposta pur mostrando miglioramenti rispetto allo scorso anno, risultano ancora eccessivamente lunghe e non conformi alla normativa. È fuor di dubbio che gli enti locali si trovino a gestire l’applicazione di una normativa complessa, stratificata negli anni e dall’elevato tecnicismo ed è evidente che soprattutto le realtà più piccole soffrono maggiormente di carenza di risorse e competenze, ma permangono numerosi problemi di disomogeneità applicativa tra i vari territori che in alcuni casi si traducono in aperta disapplicazione della normativa primaria in favore di una normativa locale che determina una proliferazione del contenzioso». Non sono rari, infatti, i casi – segnala l’Istituto di competitività – in cui gli enti locali, «per mere finalità ostruzionistiche, adottano ad esempio ordinanze di sospensione dei lavori per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza pubblica prive di legittima giustificazione avverso le quali è spesso necessario attivare l’autorità giudiziaria con tutto ciò che ne discende in termini di tempi e di costi». La filiera delle telecomunicazioni in crisi chiede garanzie al governo (e un aiuto a Big tech) Tutte questioni che hanno impattato e continuano a impattare in particolare sui progetti Pnrr, in primis il Piano Italia a 1 Giga. «Gli operatori hanno segnalato rilevanti criticità nelle regioni non ancora completate. In tutti i casi analizzati è stato riscontrato un atteggiamento poco efficiente da parte delle amministrazioni locali, per cui la media nazionale di convocazione delle conferenze si attesta intorno al 15% del totale delle richieste presentate». Peggio degli enti locali fanno quelli nazionali, in particolare i gestori delle grandi infrastrutture di trasporto: «I giorni medi per ottenere un’autorizzazione da parte delle entità che gestiscono le infrastrutture stradali sono 130», si legge nel report. Sicuramente meno dei 202 di un anno fa ma si tratta comunque di tempistiche inaccettabili. Il dato peggiora se si considerano gli altri enti autostradali: ci vogliono 250 giorni per l’ottenimento delle autorizzazioni – nel 2024 fa ammontavano a 266, dunque siamo ancora all’anno zero. Focus sui data center Nel report I-Com anche un focus sulla gestione dei processi burocratici e delle tempistiche degli iter autorizzativi legati alla realizzazione di edge data center (gli edge data center sono quelli di più piccole dimensioni). Permesso di costruire, autorizzazione sismica e segnalazione certificata di inizio attività (Scia) le tre attività mappate: «Le tempistiche medie rilevate per il rilascio delle autorizzazioni risulta in linea con i termini previsti dalla normativa di riferimento. Tuttavia, la peculiarità, le sfide e le opportunità che caratterizzano questa tipologia di infrastruttura richiedono una procedura dedicata che vada oltre quanto stabilito dal Testo unico edilizia, anche in linea con quanto previsto dal disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento». L’operazione Tim spinge Poste ai massimi storici in borsa: riflettori puntati sul dossier telecomunicazioni