Era il 24 agosto 2016 quando alle 3.36 un terremoto colpì la valle del Tronto e il comune di Amatrice: 20 secondi di scossa, la prima, a cui ne sarebbero seguite diverse altre nella notte e nei mesi a venire provocando 303 morti, circa lo stesso numero di feriti, più di 40 mila sfollati e circa 16,5 miliardi di danni, in quattro diverse regioni italiane, Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio.

O meglio i danni in realtà non si conoscono ancora, perché una nuova verifica dopo la prima stima fatta sull’onda dell’emergenza è stata avviata finalmente nell’aprile 2021. Questo è solo uno dei rilievi della delibera pubblicata ieri dalla Corte dei conti sulla gestione della ricostruzione post terremoto nel centro Italia. Una trattazione dei guai della ricostruzione che è anche un monito per  il Pnrr che ha da venire ie i 209 miliardi in arrivo dall’Ue.

Per quattro anni infatti, dal 2016 al 2020, la ricostruzione, affidata prima alla protezione civile, poi a un commissario straordinario e ai presidenti di regione come sub commissari, ma in realtà a sei sistemi di gestione diversa, una per ogni terremoto, è andata a dir poco a rilento. Al 30 dicembre 2020 le risorse stanziate erano pari a  più di 4 miliardi, quelle impegnate 2,7, il resto giaceva nei conti.

Foto LaPresse/Marco Cantile Nella foto: le macerie, le case cadute ed i soccorsi ad Amatrice

Troppe norme e soldi non spesi

Al 30 giugno 2020 i finanziamenti erogati per la ricostruzione pubblica erano il 9,30 per cento di quelli programmati. Oggi siamo arrivati al 17 per cento, meno di un quinto, con un’accelerazione dalla fine del 2020 che i magistrati contabili definiscono «un deciso cambio di passo» nella gestione della ricostruzione. 

Anche la ricostruzione “privata” ha accelerato nell’ultimo anno, a colpi di semplificazioni, aumento dei poteri commissariali e ordinanze speciali – ne sono state adottate 26 solo da aprile a settembre 2021 - e con la svolta dell’affidamento ai professionisti privati della certificazione sui progetti.

Il risultato complessivo è che al 30 giugno 2021 gli importi richiesti dai cittadini per danni lievi e gravi erano pari a 5,4 miliardi. quelli concessi dalla gestione centrale 2,96, quelli liquidati 1,03 miliardi, meno di un euro su cinque.

I magistrati contabili ripetono più e più volte nella loro relazione quanto la stratificazione di norme abbia contribuito all’incertezza ella difficoltà di comprensione – solo le scadenze per le domande di fondi sono state prorogate undici volte. 

Il problema dei dati

Poi c’è la mancanza di dati. Gli elenchi degli sfollati che hanno ottenuto contributi per una sistemazione nella prima fase dell’emergenza sono semplici file Excel: la regione anticipa ai comuni i contributi e poi domanda i fondi alla protezione civile. Comuni e protezione civile utilizzano sistemi diversi per classificare i dati, una banca dati unica non esiste. E quei dati non sono a loro volta raffrontabili con gli elenchi degli interventi di ricostruzione dei privati approvati successivamente, in mano a gli uffici del commissario straordinario e a quelli per la ricostruzione delle regioni. 

Le opere pubbliche in ritardo

I ritardi maggiori, però, restano quelli della ricostruzione pubblica. Al 30 giugno 2020 erano stati erogati il 52 per cento dei fondi per le scuole – oggi siamo saliti al 59 per cento, l’11 per cento del programma opere pubbliche, l’8,65 per cento per il patrimonio artistico. I programmi che hanno funzionato di più sono stati quelli per la ricostruzione delle chiese, attorno e sopra l’80 per cento e quello per il miglioramento sismico degli edifici pubblici a uso abitativo (88,7 per cento). Ma i fondi per l’edillizia residenziale pubblica, gli interventi contro il dissesto idrogeologico e i due programmi per le opere pubbliche – strade e infrastrutture – sono sotto il dieci per cento. 

Per capire i problemi basta prendere i numeri dei finanziamenti arrivati alla regione Abruzzo per le 15 scuole su cui in teoria bisognava intervenire: alla fine del 2020 il presidente della regione aveva ricevuto 2,47 milioni di euro, ne aveva spesi 67 mila. 

Foto Piero Cruciatti / LaPresse 24-8-2016 Nella foto: Le zone colpite dal terremoto nel comune di Amatrice

La delibera della Corte dei conti riporta anche le osservazioni del commissario Giovanni Legnini, nominato il 14 febbraio 2020, sulla difficoltà del «raccordo costante con una pluralità di soggetti, alcuni dei quali (le Regioni ed enti locali), dotate di autonomia». Legnini spiega che la scissione dei compiti, da una parte la programmazione, coordinamento e controllo, in capo alla struttura centrale, e la gestione degli interventi, in capo agli uffici regionali, ha «certamente inciso sull’efficacia delle procedure». Non proprio un buon auspicio per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

 Amatrice e alcune frazioni limitrofe dopo quattro anni dal sisma (Foto LaPresse)

Ora intanto si cerca almeno di avere i dati, a breve dovrebbe concludersi il censimento per la ricostruzione chiesto dalla Corte dei conti per aggiornare le stime del fabbisogno finanziario, finora non calcolato, e che secondo Legnini «sarà notevolmente superiore rispetto a quanto era stato stimato nel 2017». 


 

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