Per ostacolare la concorrenza a volte basta rendere le procedure più farraginose, bloccare un processo automatico, complicare la vita ai consumatori. E infatti la guerra nel comparto della telefonia mobile tra Tim, Vodafone, e WindTre, e gli altri operatori come Iliad e Fastweb, che sono entrati nell’affollato mercato italiano relativamente da poco sta passando anche da questioni che sembrano marginali.

E cioè per esempio dalle procedure che toccherà fare a chi volesse cambiare compagnia telefonica e usa una sim acquistata e intestata a qualcun altro. È il caso di tutti i minori di 15 anni, ma anche di coloro a cui un amico, la fidanzata, il figlio ha comprato la sim.

Una nuova delibera Agcom, approvata nel 2021 e pronta ad entrare in vigore il prossimo mese, prevede sostanzialmente che i reali utilizzatori della sim, che però non sono intestatari del contratto telefonico, non possano più richiedere direttamente e autonomamente di cambiare compagnia telefonica.

La lotta alle frodi

Le nuove regole sono frutto di un lungo tavolo tecnico a cui hanno partecipato i diversi operatori telefonici e che serviva per mettere un limite alle frodi chiamate Swap Sim: cioè quelle in cui chi si appropria dei dati personali di un altro con lo scopo di accedere al suo conto corrente si presenta a un negozio di telefonia e chiede di cambiare compagnia dando i dati del truffato in modo da ottenere una sim e nuova di zecca collegata con l’identità fittizia, mentre l’originale viene disattivata, che permette di ricevere codici e messaggi di verifica dalla banca.

Prima della nuova delibera, infatti, non veniva chiesto di dimostrare di essere in possesso della vecchia sim. Le nuove regole invece prevedono un meccanismo di autorizzazione, oramai molto diffuso: prima di dare il via alla procedura di passaggio da una compagnia all’altra, il cliente riceverà sul telefonino un messaggio – codice attraverso il quale deve essere confermata la richiesta di passaggio alla nuova compagnia telefonica e in questo modo verrà anche confermato che la sim è in effetti in suo possesso e attiva.

Nel caso in cui non sia abbia la sim scatterà, invece, l’obbligo di denuncia di furto e smarrimento in caso. Per gli operatori entrati da poco nel mercato del mobile, come Fastweb, Iliad, CoopVoce, queste misure sono sufficienti a garantire la sicurezza.

Nel caso di un utilizzatore reale di una sim intestata ad altri, infatti, con il passaggio e la conferma via codice/messaggio la compagnia telefonica scelta per il passaggio acquisirebbe i dati reali dell’utilizzatore della sim e i database si riallineerebbero.

Al contrario, hanno sostenuto a marzo le tre società in una lettera inviata all’Agcom, chiedere l’identificazione di chi ha firmato il contratto della sim, con un aumento delle procedure, compresa la presentazione del codice fiscale fisico, renderebbe complicato il passaggio a una compagnia telefonica a un’altra, senza aggiungere nulla in termini di sicurezza, ma con molti effetti collaterali, compreso il danno per operatori “nuovi entranti”.

Vantaggi e svantaggi

È plausibile, spiegavano nella loro richiesta , che siano gli operatori «da più tempo sul mercato, ad avere una maggiore base clienti di “reali utilizzatori”», diversi dagli originali intestatari.

E la delibera quindi avrebbe effetti collaterali a loro vantaggio. Il cliente che non sapesse per diversi motivi chi è stato l’originale intestatario della sim, è l’argomentazione, dovrebbe rivolgersi alla compagnia telefonica attuale per avere i suoi dati e a quel punto l’operatore attuale non potrebbe fornirli per via della privacy, ma in compenso sarebbe a conoscenza della volontà del cliente di andarsene. A questo punto perché non offrirgli altro per restare? Nel gergo tecnico questa attività si chiama retention ed è una limitazione alla concorrenza.

Fasteb, Iliad e CoopVoce, chiedevano dunque di «garantire l’efficienza e la semplicità della procedura di passaggio finale per l’utente». E includevano anche Postepay indicandolo come un altro operatore che aveva «manifestato analoghe preoccupazioni».

Sia Fastweb che Iliad si sono rivolti al Tar contro la delibera: l’udienza è fissata il nove novembre a poche settimane dal previsto cambiamento delle regole.

L’authority, intanto, ha tirato dritto anche rispetto alle richieste di modifica avanzate dalle tre, forte del lavoro del tavolo tecnico. E un’altra lettera questa volta firmata solo da Iliad è arrivata venerdì scorso agli indirizzi dei commissari guidati da Giacomo Lasorella. Nella missiva si legge che gli effetti negativi delle nuove misure sarebbero estremamente significativi e coinvolgerebbero «fino a circa il 30 per cento dei clienti consumer della rete mobile». Più precisamente un’indagine citata nella lettera spiega che il 30 per cento consisterebbe nel mercato delle sim prepagate, che è esattamente dove Iliad in questi mesi ha guadagnato di più: secondo il rapporto pubblicato ad agosto dall’osservatorio sulle comunicazioni di Agcom, dal suo sbarco quattro anni fa con una aggressiva strategia di prezzo è arrivata a occupare una fetta di mercato del 13 per cento.

Nella sua lettera Iliad ricorda che in questo arco di tempo c’era già stato un tentativo di bloccare la portabilità del numero, che è la base per la concorrenza nel settore. Durante la pandemia Lega e M5s avevano presentato un emendamento ad hoc al decreto Cura Italia, provocando le proteste di Altroconsumo che si era rivolta al ministero dello Sviluppo.

La faccenda era stata archiviata e da allora, sempre secondo l’osservatorio sulle comunicazioni, gli operatori dominanti hanno perso quote del mercato mobile a favore di Iliad e altri nuovi competitor. A marzo, per esempio, Wind Tre aveva perso l’un per cento rispetto allo stesso periodo del 2021.

Tim e Vodafone, i maggiori operatori, entrambe con una quota di mercato superiore al 28 per cento, registravano un calo rispettivamente dello 0,4 e dello 0,5. Salivano Iliad con un più 1,1 per cento all’8,3 e altri operatori mobili virtuali con più 0,9 per cento, al 6,3. Allora la delibera era solo in fase di discussione.

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