La cura degli anziani e delle persone non autosufficienti sta diventando una delle maggiori criticità sociali e sanitarie nel nostro Paese. Con una popolazione in rapido invecchiamento e un sistema di welfare frammentato, sempre più famiglie si trovano a dover affrontare costi insostenibili per garantire ai propri cari una vita dignitosa.

La Cassazione si è espressa con due sentenze incisive sul tema, in attesa che anche la politica batta un colpo: oggi la ministra Alessandra Locatelli sarà in audizione per discutere una proposta di legge sul riconoscimento del ruolo del caregiver.

Riforma in panne

Ma la sua riforma della disabilità – con una fase sperimentale partita in 9 province prima di entrare in vigore in tutto il Paese nel 2026 – rischia di complicare ulteriormente la situazione, tra intoppi burocratici e complicazioni nella formulazione delle domande.

Secondo le stime, mantenere un anziano non autosufficiente costa in media 30mila euro all’anno, ma lo Stato restituisce, sotto forma di agevolazioni e indennità, poco più di 440 euro l’anno. Il carico economico e psicologico grava così sui familiari che, in molti casi, devono ricorrere all’aiuto di una badante per garantire un livello minimo di assistenza.

Tuttavia, il costo di una badante regolare è proibitivo per molte famiglie, oscillando tra 1.500 e duemila mila euro al mese. Questo contesto favorisce il lavoro irregolare: su circa 1,6 milioni di badanti, si stima che almeno la metà di loro lavori in nero.

Il fenomeno è aggravato dalla mancanza di incentivi fiscali adeguati per la regolarizzazione di queste figure professionali: se lo Stato agevolasse l’assunzione regolare delle badanti tramite un sistema di contributi previdenziali, si faciliterebbe la regolamentazione del settore e si garantirebbe maggiore protezione sia agli anziani che ai lavoratori. Tuttavia, il timore di perdere la possibilità di mantenere un livello Isee basso spinge molte famiglie a preferire il lavoro in nero, anche a costo di rinunciare a garanzie e tutele.

Sentenze della Cassazione

Un aspetto delicato riguarda la deducibilità delle spese sanitarie legate all’assistenza domiciliare. Con la sentenza n. 449 del 9 gennaio 2025, la Corte di cassazione ha stabilito che è possibile dedurre le spese sanitarie solo quando l’anziano è curato da personale qualificato, come un infermiere.

In caso contrario, se la cura è affidata esclusivamente a una badante, le spese non possono essere considerate di natura sanitaria e restano interamente a carico del contribuente. Questa decisione evidenzia una problematica importante: molte famiglie non hanno le risorse per assumere personale sanitario qualificato e si affidano a badanti per garantire assistenza continua.

Tuttavia, il mancato riconoscimento delle spese sanitarie in questi casi aggrava il peso economico sui nuclei familiari. La scelta alternativa per molte famiglie è il ricovero in una Rsa, ma anche questa soluzione è economicamente impegnativa: il costo medio di una retta mensile in una residenza per anziani si aggira intorno ai duemila euro, una spesa che non tutte le famiglie possono sostenere.

I costi per le famiglie

La retta è composta da due parti: una quota residenziale, relativa all’alloggio in struttura, e una quota sanitaria, per far fronte alle spese mediche. Secondo la sentenza n. 26943 del 17 ottobre 2024 (Cass. civ., Sez. III, Ord.), il Servizio sanitario nazionale dovrebbe coprire non solo la quota sanitaria, ma l’intera retta, almeno per i casi più gravi.

Tuttavia, questa sentenza è stata applicata a un caso specifico e non ha ancora portato a una modifica sistematica della normativa. Questa discrepanza crea un forte divario tra famiglie che riescono a ottenere il riconoscimento della copertura integrale e quelle che, pur trovandosi in situazioni analoghe, devono affrontare costi elevatissimi.

La mancanza di chiarezza su quali spese debbano essere effettivamente a carico del Ssn porta a una gestione disomogenea sul territorio nazionale, alimentando ulteriormente le disuguaglianze. Le due sentenze sono le ultime di una lunga serie con cui la Cassazione sancisce il principio che il costo delle rette delle residenze sanitarie assistenziali, soprattutto per chi soffre di Alzheimer o di demenza, debba essere completamente a carico del Servizio sanitario nazionale.

Latita il ministro della Sanità Orazio Schillaci, a cui è stata chiesta una norma che regolamenti un sistema che altrimenti rischia di implodere sotto i colpi giudiziari delle famiglie che ricorrono nei confronti dei gestori che a loro volta si rivalgono sulle aziende sanitarie locali.

La politica si muove?

Intanto oggi, martedì 25 febbraio, la ministra della Disabilità Alessandra Locatelli sarà in audizione alla Camera sulla proposta di legge per il riconoscimento del ruolo dei caregiver.

Il rischio è che la norma sia ricca di progettualità ma povera di contenuto economico, come del resto avvenuto finora. «Sarebbe un traguardo importantissimo, e ci auguriamo che si arrivi a una legge inclusiva e di equità sociale come richiesto nel Manifesto-appello che abbiamo presentato a ottobre», affermano in una nota Cittadinanzattiva e Carer (Associazione caregiver familiari), tra le organizzazioni che hanno partecipato al Tavolo tecnico, facendosi portatori di un manifesto-appello sottoscritto da oltre 100 soggetti tra associazioni, per dare dignità a una figura fondamentale ma troppo spesso sottovalutata.

Il tema della non autosufficienza riguarda il presente e il futuro di un Paese che deve saper riconoscere e proteggere il valore della vita umana in ogni sua fase, senza lasciare indietro i più fragili.

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