La prima versione della legge di bilancio prevedeva che i commercianti avessero l’obbligo di mettere a disposizione i Pos per i pagamenti elettronici solo per le transazioni dai 30 euro in su. Poi nei giorni di riscrittura della legge di bilancio, il limite è stato alzato ancora: niente pagamenti elettronici fino a sessanta euro, si legge nell’ultima versione pronta ad arrivare in parlamento.

Solo che in questo tentativo di assecondare le richieste del comparto del commercio e di chi non vuole tracciare i pagamenti, il governo non ha fatto i conti con gli impegni presi con tutti gli altri paesi europei e con la Commissione Ue quando abbiamo sottoscritto il piano nazionale di ripresa e resilienza ottenendo generosi sussidi e prestiti.

Le interlocuzioni

Le raccomandazioni all’Italia approvato dal Consiglio Ue nel 2019 che costituiscono un impegno vincolante per il piano nazionale di ripresa e resilienza, giudicavano negativamente il tetto all’innalzamento al contante e chiedevano la promozione dei pagamenti elettronici che «potrebbe incentivare l'emissione di fatture e scontrini fiscali, migliorando in tal modo l'adempimento degli obblighi tributari».

Anche per questo lunedì, con il testo della legge di bilancio ancora da far arrivare in parlamento, la presidenza del consiglio ha inviato una nota in cui si precisa che «sul tema delle soglie al di sotto delle quali gli esercizi commerciali non sono tenuti ad accettare pagamenti con carte di pagamento sono in corso interlocuzioni con la Commissione europea».

Di queste interlocuzioni, prosegue la nota, «si terrà conto nel prosieguo dell’iter della legge di bilancio». In altre parole, la Commissione europea potrà imporre una retromarcia sulla svolta anti tracciamento dei pagamenti in nome della lotta all’evasione fiscale e a favore dei conti pubblici italiani che il governo dovrebbe essere il primo a voler tutelare. E le forze parlamentari potrebbero essere chiamate a correggere quanto invece hanno cercato di infilare direttamente nel testo della manovra.

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