Enrico Letta ha proposto di aumentare l’imposta di successione sui patrimoni multimilionari e ha ottenuto il solito riflesso di pavlov da parte degli esponenti del centrodestra che hanno reso il nostro paese una eccezione nell’Europa occidentale. Oggi, infatti, l’Italia ha una tassa di successione che non è comparabile con nessuna delle grandi economie europee.

Nel caso di un parente in linea diretta, figli, mogli, mariti, le eredità e le donazioni sono esenti da imposta e invece sono sottoposte a un prelievo del 4 per cento solo se superano un milione di euro. Fratelli e sorelle pagano il sei per cento, ma solo oltre i 100mila euro, gli altri parenti pagano sempre il sei, mentre tutti coloro che sono esterni al nucleo famigliare l’otto per cento.

Italia vs Germania

Per dare una idea delle diverse scelte fiscali, in ehttp://editorialedomani.it/tag/Germania l’eredità ricevuta da figli, mariti e mogli è tassata tra il sette e il trenta per cento, quella destinata ai nipoti tra il 15 e il 43 per cento, quella di cui beneficiano zii, cugini, amici tra il 30 e il 50 per cento (la percentuale viene definita sulla base dei valori degli asset, quindi c’è anche una componente progressiva).

Anche la Germania prevede una soglia di esenzione che è superiore della media del valore delle eredità, quindi significa che anche in Germania la maggioranza delle eredità sono esenti dalle imposte, al contrario per esempio che in Francia, ma rispetto a una forchetta di aliquote che va dal minimo del sette per cento fino al 50, l’Italia si limita a una forchetta dal quattro all’otto per cento. Le nostre aliquote sono molto basse, differenziano poco tra parenti stretti, parenti e amici, smentendo persino il più condiviso dei totem italiani, la famiglia (anche se i veri liberali concepirebbero una tassa di successione pensata per ridistribuire al di fuori della famiglia), ma i difetti non sono finiti.

Le nostre imposte di sucessione sono “flat”, mentre ci sono paesi che hanno tasse di successione progressive. Chi come noi ha solo una imposta proporzionale, ad esempio la Danimarca, compensa con aliquote maggiori: a Copenaghen la aliquota minima è al 15 per cento.

Il risultato per le casse dello stato, certificato dal rapporto dell’Organizzazione dei paesi sviluppati, “La tassazione delle eredità nei paesi Ocse”, è deprimente: il fisco italiano incassa meno di un miliardo di euro contro i poco meno di tre miliardi della Spagna, i quasi sette della Germania, per non parlare della Francia che supera i 13 miliardi ed è con il Belgio tra i paesi con le più alte imposte di successione d’Europa.

Ultima in classifica

Questo combinato disposto di aliquote basse, mancanza di progressività, esenzioni alte e mancanza di differenziazione tra i beneficiari delle successioni, confina l’Italia all’ultimo posto tra i paesi sviluppati. per tassazione degli eredi diretti, ma anche per quelli non diretti, assieme a Lituania, Portogallo e Ungheria. In generale nei 24 paesi Ocse lo 0,5 per cento delle entrate fiscali vengono dalle tasse sull’eredità, sugli immobili e sulle donazioni. Belgio e Francia superano l’1,5 per cento. E sono sopra la media, anche Spagna, Irlanda, Gran Bretagna, Svizzera, Finlandia, Danimarca. Vicino al livello italiano ci sono solo la Grecia, il Cile, la Turchia, comunque con una percentuale maggiore, e sotto solo la Slovenia, la Polonia, l’Ungheria e la Lituania.

L’anno scorso l’Ocse ha deciso di dedicare un rapporto alla tassa di successione, considerandola la migliore risposta all’aumento delle disuguaglianze, anche in scia all’impatto della crisi pandemica. I pericolosi dell’organizzazione delle economie sviluppate spiegavano infatti che la tassa di successione offre i maggiori vantaggi dal punto di vista della mitigazione delle disuguaglianze, sia dal punto di vista dell’efficienza, che dell’equità e anche considerando gli eventuali ostacoli amministrativi nella raccolta delle imposte. In quel rapporto peraltro venivano smontate a una a una le argomentazioni contrarie: il disincentivo a donare è limitato, spiega il rapporto, gli effetti sui business di famiglia sono diversificati, l’incentivo al tax planning, cioè all’elusione fiscale, dipende da come la tassa è disegnata, il disincentivo a risiedere nel paese vale solo per quella ristretta minoranza di individui che scelgono la residenza in base alla tassazione.

Mentre la proposta del segretario del Partito democratico può essere discussa – visto che prevede di aumentare le imposte esattamente per quella ristretta minoranza e con lo scopo di finanziare una dote a tutti i diciottenni – quello che è certo è che la destra italiana ha distrutto il sistema fiscale, abolendo gli strumenti che nella stragrande maggioranza degli altri paesi sviluppati sono utilizzati come mezzo di riduzione delle disuguaglianze. Come ha ricordato Sestino Giacomoni di Forza Italia, il governo Berlusconi ha tolto la tassa sulle donazioni, sulle successioni, e ha cancellato l’Ici sulla prima casa. I governi che sono venuti poi hanno introdotto correttivi, ma sostanzialmente hanno mantenuto il paese nella trappola di un sistema pensato solo per chi ha di più e pagato da chi ha meno

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