Come se non bastassero i problemi di conti lasciati da Luigi Gubitosi, il caos interno, l’assiepamento di banche di affari e pretendenti che ambiscono alla scorporo dei vari asset, Tim è ora al centro anche di un aspro scontro interno alla autorità delle comunicazioni (Agcom).

Il 3 gennaio infatti il consiglio dell’authority ha dato il via libera all’offerta di coinvestimento di Tim per la realizzazione della nuova rete in fibra ottica ad altissima capacità fino alle utenze finali. Si tratta di un coinvestimento che coinvolge per forza di cose Fibercop, la società della rete secondaria creata da Tim con il competitor Fastweb, in misura molto minore con Tiscali, e soprattutto con il fondo americano Kkr, lo stesso che tramite l’ex amministratore delegato Gubitosi ha presentato una manifestazione di interesse indicativa e non vincolante per una potenziale acquisizione della società.

La società Fibercop è diventata operativa a marzo 2021 con lo scopo di connettere con la fibra ottica il 76 per cento delle aree grigie e nere, quelle in cui quindi ci sono investitori concorrenti. Tim ha sempre dichiarato che l’operazione avrebbe rispettato il principio europeo del coinvestimento, cardine del nuovo codice europeo delle telecomunicazioni. Il coinvestimento tra ex monopolisti e operatori concorrenti come concepito dalle norme Ue serve a incentivare gli investimenti e la razionalizzazione delle infrastrutture digitali, diminuendo la regolamentazione ma senza limitare la concorrenza.

Il via libera del 3 gennaio

L’autorità delle comunicazioni ha approvato il via libera all’offerta di Tim a maggioranza il 3 gennaio, decidendo poi di avviare una consultazione pubblica aperta agli altri operatori. In attesa di questa decisione, a dicembre l’autorità antitrust aveva rimandato la conclusione della sua indagine, aperta molti mesi fa, sugli effetti sulla concorrenza della creazione di Fibercop.

Ora a quattro giorni di distanza dal via libera della autorità delle comunicazioni, Elisa Giomi, membro del consiglio dell’autorità per le comunicazioni ha diffuso un comunicato durissimo che mette in discussione profondamente la decisione della sua stessa authority. Giomi sostiene di nutrire seri dubbi che l’offerta di Tim sia in regola con le norme europee sul coinvestimento, e avanza dubbi sia sul merito della decisione che sul merito adottato dall’Agcom.

Affitto di rete

«Il coinvestimento di Tim», scrive Giomi, «consiste in una sorta di affitto di lungo periodo di grandi quantità di linee agli operatori coinvestitori, che al termine del periodo di coinvestimento non risulteranno proprietari neppure di una linea. La rete, realizzata anche grazie al loro contributo, resterà proprietà esclusiva del monopolista Tim».

Il problema si pone soprattutto dal punto di vista, secondo Giomi, dell’interesse pubblico e degli utenti finali.

L’obiettivo finale dovrebbe essere una rete tecnologicamente neutra e aperta, distribuita in modo capillare su tutto il territorio nazionale.

Secondo la commissaria però il progetto dell’ex monopolista Tim non corrisponderebbe a nessuno di questi criteri: «La rete, infatti, è chiusa dai livelli e fattori di splitting decisi da Tim: ciò viola i principi di neutralità tecnologica e architetturale della rete, che dovrebbero essere alla base di ogni tipo di coinvestimento infrastrutturale».

Problemi di metodo

Poi ci sono le questioni di metodo. Secondo il membro dell’authority «le deliberazioni più importanti» sono state prese dall’autorità garante delle comunicazioni «sulla base di una documentazione parziale e tuttavia spesso pari a centinaia di pagine, rese disponibili solo pochi giorni prima della riunione consiliare».

Giomi rivela anche di aver chiesto rinvii per esaminare meglio la documentazione, che le sarebbero stati negati, racconta di documentazioni arrivate all’ultimo a sostituire le precedenti, tanto da chiedersi «quale versione consolidata dell’offerta sia stata oggetto di approvazione da parte dell’autorità».

Si tratta di un atto di accusa durissimo nei confronti dello stesso funzionamento dell’autorità per la comunicazione. Per cui la commissaria si auspica che ora sia la consultazione pubblica «una occasione per ripensare in modo costruttivo l’offerta di coinvestimento di Tim nell’interesse del mercato, dell’utenza e del bene pubblico».

L'autorità Antitrust, da parte sua, aveva aperto una istruttoria, quasi dovuta, proprio sulla costituzione di Fibercop: la conclusione dell’indagine era stata rimandata da dicembre a febbraio 2022 proprio in attesa che si esprimesse l’autorità per le comunicazioni.

Nella nota in cui aveva annunciato l’apertura dell’istruttoria però l’antitrust già rilevava molti problemi: in particolare il fatto che Fastweb «non manterrà alcun controllo sulle scelte di FiberCop, ma passerà da un modello di operatore indipendente infrastrutturato a un modello di mero acquirente di fibra ottica». Alcune clausole, poi, «sembrano ridurre la concorrenza nei mercati dei servizi all’ingrosso e al dettaglio» e disincentivirebbero «una concorrenza basata sugli investimenti», aumentando «le barriere all’ingresso».

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