Entro il 27 luglio dovrà essere disponibile, per tutti i cittadini, il nuovo registro delle opposizioni, per difenderci dalle telefonate pubblicitarie moleste; ma ci sono forti dubbi che riesca a decollare nei tempi e nei modi giusti per combattere un fenomeno ormai endemico.

Tempi e modi sarebbero in effetti finalmente ufficiali grazie alla pubblicazione del decreto presidenziale, il 29 marzo in Gazzetta Ufficiale (“Regolamento recante disposizioni  in  materia  di   istituzione   e funzionamento del registro pubblico dei contraenti che  si  oppongono all'utilizzo  dei  propri  dati  personali  e  del   proprio   numero telefonico  per  vendite   o   promozioni   commerciali”).

Con le nuove misure, il registro accoglierà in automatico tutti i numeri non presenti negli elenchi telefonici, quindi quasi tutti i cellulari.

L’utente potrà anche chiedere di inserire in registro qualsiasi numero e – novità più dirompente – la presenza di un numero nel registro significa il divieto assoluto di chiamarlo a scopi pubblicitari (con qualche eccezione che comunque l’utente può regolare). L’iscrizione del numero cancella ogni eventuale consenso che l’utente aveva dato, in precedenza, a essere chiamato.

L’attuale registro accoglie invece solo i numeri fissi presenti in elenco pubblico e comunque non vieta la possibilità di chiamarli se l’utente aveva dato (consapevolmente o meno) consenso.

Ecco perché l’utente è ora indifeso contro l’abuso telefonico, secondo quanto denunciato per anni associazioni consumatori e Garante privacy.

I dubbi sull’efficacia

I lavori normativi per il nuovo registro sono andati lunghissimi: procedevano dal 2017; lo stesso arrivo in Gazzetta si è fatto pregare: è a tre mesi dall’approvazione del decreto. È vero, ora il decreto c’è ed è un comunque traguardo, a lungo sospirato. Al tempo stesso, i dubbi che questa sia davvero la volta buona arrivano da molte parti.

Un primo dubbio riguarda i tempi. “Bisognerà correre per rispettare i termini di luglio e dubito se la si faccia: serviranno altre consultazioni con gli operatori, audizioni e poi realizzare tecnicamente il registro”, spiega Vincenzo Donvito di Aduc, un’associazione dei consumatori. E sarebbe un grosso guaio se si mancasse quella data, perché per allora scadranno le norme che reggono l’attuale registro.

Si rischia insomma di lasciare il consumatore del tutto indifeso, se la nuova tutela non sarà presente prima che scompaia quella attuale.

C’è poi la questione efficacia contro gli abusi. «Il nuovo registro ha un indubbio vantaggio: consente alle società di telemarketing di rispettare la volontà del consumatore, di non essere chiamato perché finalmente diventa possibile esprimerla in modo facile e diretto», spiegano dal Garante Privacy. «Il problema si pone però per tutte quelle società che non hanno intenzione di rispettarla, questa volontà».

Stesso timore per l’associazione di settore Assocontact, la quale ha denunciato qualche giorno l’inefficacia del registro verso le società che operano nell’illegalità.

Per Assocontact si rischia insomma un boomerang: porre forti nuovi paletti valevoli però solo per chi è in regola, in effetti lasciando campo libero ai “pirati”. Con il risultato paradossale – teme l’associazione – che l’illecito aumenterà invece di diminuire.

Questo il timore anche di Aduc, in particolare verso i call center extra europei che difficilmente sono punibili in caso di illecito.

«La soluzione è costringere le aziende a controllare di più la filiera a cui affidano le campagne pubblicitarie», spiegano dal garante, che negli ultimi anni ha aumentato le multe contro tutti gli operatori (telefonici, energia eccetera) appunto per “omesso controllo”.

Gli operatori affidano una campagna a un’agenzia magari nota, che però poi per aumentare i profitti si appoggia a call center pirata.

Il garante ha presentato un esposto in procura contro questo fenomeno, ma l’arma più efficace al momento sembra quella delle sanzioni agli operatori e altre aziende, per costringerli a vigilare.

Si tratta comunque di una lotta impari contro un fenomeno ramificato, che si appoggia anche a Paesi extra-Ue e ha mostrato, in vari casi di cronaca, anche il pericolo di infiltrazioni mafiose.

«Abbiamo fatto molto negli ultimi anni, anche avvalendoci delle ispezioni della Guardia di Finanza; siamo pochi però e se fossimo di più potremmo fare molto meglio», dicono dal Garante.

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