Fioriscono le app di puntate in Borsa, che invitano a maneggiare gli investimenti come fosse un videogame. Gli psicologi: «Simile a una droga». In Usa ed Europa le autorità provano a contrastarle, senza per ora riuscirci
Che nel mondo della finanza e degli investimenti stesse avvenendo qualcosa di grosso è diventato evidente una volta per tutte nel gennaio 2021.
Nel pieno della pandemia, un gruppo di piccoli investitori – coordinandosi tramite la pagina di Reddit chiamata Wall Street Bets – riuscì nell’impresa di resuscitare le moribonde azioni della catena di videogiochi GameStop, acquistandole in massa e facendone aumentare il valore anche del 1.625 per cento.
Ancor più significativo fu che dei piccoli azionisti riuscirono a mandare in crisi – facendo perdere loro oltre 20 miliardi di dollari – dei colossi dell’investimento come Melvin Capital e Citron Investment, che da tempo scommettevano sul costante declino del titolo di GameStop. Come scrisse Bloomberg, «gli utenti di Reddit avevano trovato un modo per arricchirsi rapidamente facendo inoltre il terzo dito ai professionisti di Wall Street e alle loro valutazioni».
A rendere possibile una rivoluzione di questo tipo non era stata soltanto la possibilità di organizzarsi tramite Reddit e piattaforme simili. Era stata soprattutto la diffusione di app come Robinhood ed eToro, in grado di rendere il trading – di azioni, criptovalute, materie prime e altro – semplice quanto acquistare qualcosa su Amazon o postare una foto su Instagram.
Trading alla portata di tutti
Esploso durante la pandemia e proseguito negli anni successivi sulla scia delle varie bolle speculative (meme stock, criptovalute, azioni delle Big Tech), il successo delle app di trading è dimostrato anche dai numeri: a fine 2024, la statunitense Robinhood poteva contare su 25 milioni di utenti attivi, in crescita dell’8 per cento rispetto all’anno precedente (nel 2017 erano solo due milioni).
L’app israeliana eToro arriva invece a 38 milioni di utenti e sta riuscendo a farsi largo anche in un continente, l’Europa, da sempre restio – almeno rispetto agli USA – agli investimenti finanziari: uno studio della società di consulenza Oliver Wyman prevede che la quota di adulti europei con un’esposizione finanziaria passerà dal 7 per cento del 2023 al 12 per cento del 2028 e che una larga parte di questa crescita sarà legata alla diffusione delle app per il trading, il cui panorama si è ampliato grazie all’arrivo sul mercato della cinese Webull o di alternative come Trading 212 (a cui si aggiungono quelle specializzate in criptovalute come Coinbase o Binance).
A prima vista, non c’è niente di male. Anzi, da più parti si era celebrata questa “democratizzazione della finanza”, che rendeva accessibili anche alle persone normali delle opportunità di guadagno che, fino a pochi anni prima, erano riservate a investitori esperti.
Speculazione impulsiva
Questa, però, è solo una faccia della medaglia: il rovescio è invece il modo in cui questi strumenti digitali di investimento espongono i meno esperti a grossi rischi, stimolando inoltre acquisti impulsivi invece che ponderati.
È stato ormai notato da diversi studi come le app per il trading incentivino in effetti un utilizzo poco responsabile di questi strumenti: «È molto simile a una droga», aveva spiegato la psicologa specializzata in dipendenze Kelly Mothner. «L’adrenalina provocata dall’utilizzo di queste app genera una scarica di dopamina, che spinge le persone a comportamenti molto impulsivi, con l’idea che, se continuano, dall’altra parte li attendano delle vincite importanti».
Ed è qui che entra in gioco l’elemento più contestato di queste app: la gamification (ovvero l’utilizzo di elementi caratteristici dei giochi, come i punti, i premi o i livelli), che rende la speculazione finanziaria simile a un videogioco e che mutua aspetti riconducibili anche alle slot machine per motivare i propri utenti a eseguire un gran numero di operazioni finanziarie.
Il primo di questi elementi è costituito dalle notifiche push, che compaiono sullo smartphone degli utenti nel momento in cui un’azione seguita dall’utente (o a cui si ritiene possa essere interessato) sta avendo dei rialzi. Notifiche spesso accompagnate da emoticon (tra cui quella del razzo, per segnalare come il prezzo stia andando alle stelle) che trasmettono l’idea di una “occasione da non perdere”, ma che spesso si rivelano un boomerang.
Dal momento che i bruschi rialzi sono solitamente seguiti da altrettanto brusche ricadute, gli investitori che – magari accettando il suggerimento giunto tramite notifica – acquistano impulsivamente un’azione rischiano di ritrovarsi con il cerino in mano.
Altri elementi della gamification finiti sotto accusa sono le ricompense e i badge, vale a dire premi o medaglie virtuali assegnate agli utenti più costanti, che possono così vantare uno status e una seniority da esibire nei confronti degli utenti appena arrivati. Si tratta di elementi impiegabili soprattutto nelle sezioni social sempre più spesso introdotte in queste app, che permettono non solo di commentare l’andamento delle azioni, di conquistare follower o di mostrare pubblicamente le proprie operazioni e i propri guadagni, ma anche – nel caso di eToro – di copiare automaticamente le operazioni finanziarie degli investitori considerati più esperti.
Dipendenza da trading
Inevitabilmente, i casi di persone che si sono rovinate o addirittura tolte la vita a causa di una dipendenza da trading e di operazioni scriteriate si sono moltiplicati: dal suicidio nel 2020 del ventenne Alex Kearns, che temeva di aver perso 700mila dollari (in realtà l’operazione non si era ancora conclusa, ma Kearns non riuscì a mettersi in contatto con il servizio clienti), fino ai tantissimi casi di utenti che hanno perso decine di migliaia di dollari per aver utilizzato, senza comprenderne i meccanismi, le leve finanziarie (che permettono di moltiplicare i guadagni, ma anche le perdite). Ma perché le app di trading incentivano così forsennatamente i loro utenti a compiere un ampio numero di operazioni finanziarie? La ragione è nel modello di business, che nella maggior parte dei casi si basa sul cosiddetto payment for order flow (Pfof).
In poche parole, ogni volta che un utente compra o vende un’azione, l’app non esegue direttamente l’ordine, ma lo inoltra a un intermediario esterno (come Citadel) che paga la piattaforma per riceverlo. Più operazioni l’utente fa, più ordini l’app può vendere e più guadagna. Il paradosso è che, anche se l’utente perde soldi, l’app incassa comunque ed è quindi motivata a mantenere il volume di operazioni più alto possibile. Come ha rilevato uno studio dell’autorità finanziaria britannica, «le app di trading che utilizzano un maggior numero di funzionalità problematiche sono state associate a comportamenti in cui i consumatori investono oltre la propria propensione al rischio, mostrando caratteristiche riconducibili al gioco d’azzardo patologico e operando con una frequenza elevata».
Le sanzioni
Le autorità, inevitabilmente, hanno iniziato a tenere d’occhio questi strumenti: Robinhood ha ricevuto, tra le altre, una multa da 65 milioni di dollari da parte della Sec (l’autorità dei mercati statunitense) per aver “fornito informazioni fuorvianti ai suoi clienti”. Sempre Robinhood è stata costretta a eliminare alcuni degli elementi più evidentemente legati alla gamification (tra cui la pioggia festante di coriandoli che si verificava alla conclusione di ogni operazione).
L’autorità per i mercati europea (Esma) ha invece condotto nel 2023 un approfondito studio, chiedendo che le app adottassero un’impostazione “neutrale e imparziale” nelle scelte offerte al cliente, evitando schemi manipolativi. Il rischio, insomma, è che il trading diventi sempre meno distinguibile dal gioco d’azzardo e sempre più vittima di meccanismi che conducono a una forma di ludopatia. Le slot machine, d’altra parte, hanno fatto scuola nel mondo digitale: molti dei loro elementi costitutivi sono stati replicati per massimizzare l’utilizzo dei social, delle app di dating e dei giochi su smartphone. Più in generale, la nostra è un’epoca in cui la gamification si sta insinuando in sempre più settori. Il caso del trading, però, mostra più di ogni altro quali siano i rischi a essa connessi.
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