Alla fine delle tre offerte arrivate al fondo interbancario dei depositi (Fitd) per acquisire Carige, la ex banca popolare di Genova, nell’ultima concitata settimana ha avuto la meglio la prima presentata, quella di Bper (primo azionista gruppo Unipol). 

La storia va raccontata fin dall’inizio perchè è una tipica storia di banche all’italiana. Il fondo interbancario di tutela dei depositi, che sarebbe niente di più che uno strumento a cui le banche partecipano volontariamente per garantire i depositi delle altre, dopo essere stato protagonista della lunga stagione delle crisi popolari a suon di iniezioni di liquidità, ha acquisito la maggioranza delle azioni di Carige perché non c’era nessuno a caricarsela sulle spalle e sostanzialmente a salvarla dal fallimento. E ci ha perso quasi tutto: 500 milioni sui 600 investiti.

Ma il fondo interbancario paracadute del sistema non poteva diventare proprietario di una banca. Le operazioni per la cessione della partecipazione sono iniziate ad aprile scorso. E solo circa un mese fa Bper si è fatta avanti con una offerta non vincolante che ricalcava appunto quella della stagione delle crisi: un solo euro per prendersi l’88 per cento della banca genovese in mano a Fitd (quasi l’80 per cento) e a Cassa centrale banca, e il resto a 0,80 centesimi per azione. Del resto, lo aveva fatto Intesa San Paolo con le venete, anzi Bper è più generosa. Un solo euro, con all’orizzonte anche una cospicua dote delle Dta, incentivi fiscali per le fusioni inserite ormai regolarmente nelle leggi di bilancio e che negli ultimi anni sono serviti soprattutto a oliare i salvataggi bancari. Così fan tutti e così prevede la legge che tutti facciano.

Per rimettere in sesto i requisiti patrimoniali di Carige, la proposta di Bper obbligava il fondo interbancario, cioè tutte le altre banche, a una ricapitalizzazione di un miliardo di euro. 

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Il consorzio di tutela dei depositi anche volendo non avrebbe potuto accettare quella proposta. Lo statuto prevede, infatti, che il fondo possa intervenire a tutela delle banche con un capitale pari al 50 per cento dei contributi versati nell’anno precedente, aumentabili al massimo di un altro 20 per cento. Detto in altri termini: erano disponibili 700 milioni di euro. Per accontentare i desiderata di Bper si sarebbe dovuto chiedere a tutte le banche un contributo su base volontaria extra. Eppure la lunga fase di crisi del sistema è diventata una serie di gare al massimo rialzo per gli acquirenti.

Rifiuto obbligato

Il fondo interbancario dicevamo, ha dovuto rifiutare, tenendo però la porta aperta a una trattativa. E così mentre si negoziava tra il consorzio finanziato da tutte le banche e Bper per salvarne una terza hanno iniziato a spargersi rumor di offerte alternative. 

Niente di formale, solo rumor che però hanno fatto rialzare il titolo di Carige in Borsa. E che hanno messo in allarme Bper, la quale si è rivolta a chi di dovere, cioè la Consob, il mercato bancario è regolamentato e se ci sono offerte devono essere comunicate chiaramente al mercato. E invece no Bper ha dovuto chiedere lei stessa alla Consob di chiedere al fondo interbancario la presenza di eventuali altre offerte, in particolare di un interesse da parte di Credit Agricole. 

A questo punto, il 6 gennaio il fondo ha diffuso una nota laconica: «Anche su richiesta della Consob, il Fitd conferma che è da tempo in corso un processo finalizzato (...) alla raccolta di manifestazioni di interesse relativamente alla dismissione della partecipazione in Banca Carige. Nel contesto di tale procedimento, il Fondo ha ricevuto offerte preliminari e non vincolanti, subordinate, tra gli altri, allo svolgimento di attività di verifica e di due diligence e che contemplano la concessione di diritti di esclusiva». Allo stesso tempo Credit Agricole ha smentito una operazione.

Bper ha rilanciato modificando l’offerta in modo da non mettere nei guai il consorzio di banche, accontendandosi di soli 530 milioni di ricapitalizzazione e pensando agli incentivi fiscali, tra i 400 e i 700 milioni comunque disponibili. E all’ultimo miglio è comparso anche il fondo Cerberus dell’ex Unicredit Roberto Nicastro. 

Più 43 per cento

Al 13 dicembre le azioni di Carige valevano 0,62 centesimi con la prima offerta non vincolante di Bper sono aumentate a 0,74, poi dal 5 gennaio a oggi sulla spinta dei rumor sulle offerte alternative hanno avuto un altro rialzo progressivo e costante fino a stabilizzarsi dal 7 gennaio a 0,89 euro. Un rialzo del 43 per cento in meno di un mese. 

Oggi che il fondo interbancario ha finalmente sciolto le riserve ha confermato la scelta di Bper, offrendo una esclusiva di quattro settimane alla banca per una due diligence e poi per la finalizzazione dell’offerta. Si è tornati indietro di qualche settimana, intanto il titolo di Carige ora vale molto di più, il consorzio si può liberare di una banca e Bper si dovrà accontentare di un istituto di credito e una dote solo milionaria. La Consob domani presenterà  il rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, dimostrando di esserci ancora.

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