L’intento dell’Unione europea è più esplicito che mai: trascinare l’economia russa al fallimento. Lo ha detto ieri l’alto rappresentante per gli Affari esteri europei Joseph Borrell: «è una minaccia di default». Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha parlato di «una guerra economica e finanziaria totale alla Russia». Le Maire poi si è detto pentito di aver utilizzato la parola guerra, ma la sostanza resta la stessa.

Prima dell’offensiva occidentale, la Russia aveva un Pil pari a quello spagnolo, poca cosa rispetto all’insieme dei 27 paesi europei, ma il suo collasso ha conseguenze dirette anche sulla crescita dell’Unione. Il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha detto di stimare al momento un calo del Pil complessivo dell’Ue tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento.

L’impatto arriva su un contesto economico già provato dal doppio shock della pandemia e della strozzatura all’offerta che ha accompagnato la ripresa. Le rilevazioni statistiche sono dunque più incerte che mai e ora si aggiunge l’incertezza sulla durata del nuovo conflitto.

L’Italia arriva all’appuntamento con risultati migliori del previsto: crescita del 6,6 per cento nel 2021, deficit minore delle attese al 7,2 e debito al 150,4 per cento del Pil. L’inflazione invece supera le attese le superano: le stime preliminari di febbraio segnano una crescita congiunturale del 4,8 per cento, livello che non si toccava dal 1995, con una fiammata dei beni energetici a più 45,9 per cento.

«Al contrario che negli Stati Uniti, la domanda aggregata all’interno dell’Ue non ha ancora raggiunto i livelli del 2019, e questo già riduce gli argomenti per una restrizione delle condizioni finanziarie e per questo la Banca centrale europea è stata cauta sulla stretta dei tassi», dice l’economista Massimo Bordignon, membro dello European fiscal board e docente alla Cattolica. Ora la guerra toglie argomenti alla stretta, anche se contribuisce all’aumento dei prezzi sull’energia e nel tempo alla trasmissione dell’inflazione sugli altri beni di consumo. Si tratta di spinte contrastanti. Secondo Bordignon, «molto dipenderà dalla durata della guerra».

Il Patto di stabilità

Nell’incertezza, è probabile che sia la Bce che la Commissione europea si tengano le mani libere. La Commissione aveva previsto di presentare la proposta per la revisione delle regole fiscali a giugno e di eliminare la clausola di sospensione del patto di stabilità a inizio 2023.

Anche questo percorso, però, può essere messo in discussione dalla guerra che diventa argomento a favore di una maggiore flessibilità su fronte fiscale per diversi governi. I consiglieri economici del premier Mario Draghi spingono per estendere la sospensione del Patto di stabilità. Alcuni leader di partito si sono fatti messaggeri dei desiderata del governo durante la discussione parlamentare sulla crisi ucraina. Due giorni fa, a Parigi la capo economista del Tesoro francese Agnès Bénassy-Quéré ha diffuso una sua analisi su come modificare le regole di bilancio: «La guerra sarà costosa. Le nuove regole fiscali devono essere credibili e allo stesso tempo permettere agli stati di reagire agli shock».

Visto che siamo di nuovo di fronte a uno shock complessivo esogeno che colpisce in maniera asimmetrica, secondo Bordignon è possibile che l’Ue metta in campo meccanismi di compensazione, prestiti agevolati sul modello di Sure o altre forme di sostegno per finanziare le spese necessarie alla nuova ondata di rifugiati, ai maggiori costi energetici o alle conseguenze delle sanzioni economiche che l’Unione europea ha scelto come strumento principe del conflitto.

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