Io ti nomino e tu mi paghi. Tutto dietro fattura. La rivelazione è del commercialista arrestato Michele Scillieri, che interrogato due volte e per ore, alla fine ha raccontato il “viaggio” che il denaro compie da chi ottiene incarichi in società pubbliche verso le casse della Lega di Matteo Salvini a titolo di contributo. E, per descrivere questo sistema, Scillieri ha raccontato agli inquirenti anche di aver presentato egli stesso una persona interessata a entrare in questo meccanismo, ma di aver ricevuto un rifiuto da parte del commercialista Andrea Manzoni perché bisognava prima guadagnarsi la fiducia. Insomma per entrare nel “giro” bisognava essere rodati.

Il racconto di Scillieri sul metodo della retrocessione va oltre lo scambio nominato-partito. E sfiora la questione centrale nella vita passata e recente della Lega: i 49 milioni di euro da restituire allo stato. Che fine hanno fatto? L’unica certezza è che quando è scoppiata la bomba della truffa sui rimborsi sui c’erano tutti quei milioni. Con la segreteria di Maroni e poi con quella di Salvini i conti sono stati prosciugati. La procura di Genova ha avviato un’inchiesta parallela per sciogliere il nodo maestro di questo groviglio finanziario: dove è finito il tesoretto della truffa? Così i magistrati hanno iniziato a indagare per riciclaggio di parte di quella somma. Scillieri, invece, è indagato nell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto Stefano Civardi della procura di Milano. I magistrati milanesi hanno scovato altre manovre finanziarie poco chiare a partire dall’operazione Lombardia film commission, la fondazione della regione al centro della compravendita immobiliare che ha portato all’arresto di Manzoni e Alberto Di Rubba (i contabili della Lega), Scillieri e Francesco Barachetti. Quest’ultimo, imprenditore diventato fornitore milionario della Lega di Salvini, è coindagato per peculato in quanto già nel 2016 era stato coinvolto nell’ideazione dell’operazione del capannone di Cormano dagli altri indagati. Ieri sono stati sentiti in procura Di Rubba e Manzoni: non hanno voluto rispondere alle domande. Il prestanome di questa storia, Luca Sostegni che ha iniziato a collaborare con la procura prima di Sciliieri, da quanto risulta ha chiesto in questi giorni di poter patteggiare una condanna a 4 anni e 10 mesi. Una definizione della propria posizione che non dispiacerebbe alla procura per il primo dei protagonisti che riconosce le proprie responsabilità e vuole archiviare quell’esperienza.

Non solo film

La vicenda film commission inizia nel 2017 quando il contabile della Lega, Di Rubbba, viene messo alla presidenza della fondazione su richiesta della segreteria del partito guidato da Salvini. È all’epoca che Di Rubba chiude la compravendita di un capannone a Cormano, provincia di Milano, al prezzo di 800mila euro, il doppio di quanto valeva. Il tesoretto pubblico pagato dalla film commission finisce a una società immobiliare, Andromeda Srl, per poi disperdersi in mille rivoli che portano direttamente a Di Rubba, Manzoni e a Barachetti, amico dei primi due. Dietro l’immobiliare che piazza il colpaccio con la regione c’era Scillieri, che era e continua a essere consulente della fondazione che dovrebbe occuparsi di promuovere produzioni cinematografiche sul territorio lombardo. Tra i misteri che Scillieri sta aiutando a decifrare con le sue dichiarazioni ci sono anche i pagamenti ricevuti dal partito tra il 2016 e il 2018: 90mila euro in due tranche, come raccontato da Domani.

Il metodo

C’è però un metodo a cui Scillieri accenna confermando indirettamente, con le sue parole, le analisi finanziarie dell’Unità informazione finanziaria (Uif), l’antiriciclaggio di Banca d’Italia, che dal 2018 collabora con le procure di Milano e Genova che conducono le inchieste sui soldi della Lega. Scillieri ai magistrati ha spiegato la procedura usata per retrocedere parte dei guadagni ottenuti da una nomina pubblica a Di Rubba e Manzoni e quindi al partito: i due commercialisti presentavano le fatture allo studio di Scillieri per consulenze svolte nel corso dell’anno.

In questa storia le fatture hanno un ruolo decisivo e uniscono i sospetti maturati nell’inchiesta sulla Film commission e quelli ipotizzati dalla procura di Genova che ha ricevuto numerose relazioni dell’antiriciclaggio. La prima risale a fine 2018. I detective finanziari nel titolo del loro report scrivono: «L’operatività dei conti monitorata è riferibile a società direttamente o indirettamente collegate ai medesimi professionisti (Di Rubba, Manzoni e il tesoriere Giulio Centemero ndr), titolari di incarichi ufficiali nel partito della Lega nord, e di altre società terze, finalizzata a veicolare, sotto forma di pagamento di prestazioni professionali fondi provenienti dal predetto partito o da altri soggetti collegati allo stesso». Tradotto: l’antiriciclaggio ha individuato più di un’anomalia nel pagamento di consulenze e forniture da parte della Lega a società fornitrici di servizi e professionisti della galassia leghista.

Mr fattura Barachetti

Tra questi c’è Barachetti, che negli ultimi anni ha fatturato alla Lega più di due milioni di euro. Soldi del partito che hanno arricchito l’imprenditore e impoverito il partito. Nello stesso periodo, però, l’antiriciclaggio segnala come dalla società di Barachetti siano partiti bonifici per i commercialisti. Un sospetto che riporta al sistema illustrato da Scillieri, resta da capire, lo faranno i magistrati, se i soldi dati da Barachetti ai commercialisti siano poi finiti in qualche modo nella disponibilità della Lega. La procura lo accusa di aver utilizzato la società Eco come schermo per fatturare i lavori di ristrutturazione presso il capannone di Cormano in modo di non far risultare direttamente il suo nome e poter poi redistribuire il denaro ricevuto dall’Immobiliare Andromeda più facilmente. Accuse ovviamente rigettate dai legali di Barachetti il quale, però, non ha ancora deciso se e quando fornire la sua versione.

Aziende e studi professionali che secondo i documenti consultati da Domani si «pongono come mero tramite, rendendo, conseguentemente, dubbia l’effettività, oggettiva e soggettiva, delle prestazioni rese da o nei confronti delle stesse e delle giustificazioni causali sottese ai relativi pagamenti». Chi partecipa a questo giro di bonifici e fatture lo scrivono nel report gli investigatori: «Per quanto riguarda i beneficiari finali dei sopra descritti flussi finanziari, dall’analisi tecnica emergono, in particolare, i nominativi dei commercialisti Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Giulio Centemero». Tutti uomini di partito, con Centemero deputato e tesoriere fedelissimo di Salvini.

Destinazione Lussemburgo

Sul ruolo del tesoriere del partito, su cui pendono due richieste di rinvio a giudizio per finanziamento illecito, c’è ancora un aspetto da chiarire. Scillieri avrebbe saputo dalla coppia Di Rubba e Manzoni che 7 milioni di euro dei famosi 49 sono stati mandati in Lussemburgo tramite altrettante aziende con sede nello studio dei due commercialisti del partito e controllate all’epoca da una società fiduciaria con la testa nella piccola nazione europea. Tra queste ci sono anche Growt and Challenge, amministrata da Centemero, e la Alchimia, che secondo una segnalazione dell’antiriclaggio è stata destinataria di 14.500 euro versati da Centemero. E lo ha fatto «utilizzando provviste derivanti dall’accredito lo stesso giorno di un bonifico della Lega Nord», si legge nel documento. In pratica soldi del partito potrebbero essere finiti nel Granducato. Proprio l’ipotesi che sta seguendo la procura di Genova. Il ruolo del tesoriere è sotto osservazione da parte dell’autorità antiriciclaggio da quando la procura di Genova ha chiesto informazioni sui suoi movimenti bancari per capire se avesse avuto un ruolo in questo schema di dare e avere con società fornitrici e studi professionali.

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