«Tutti quanti ce ne fottiamo dei simboli, vogliamo ragionare di progetti e di programmi». La frase, pronunciata a Ponticelli da Catello Maresca, candidato a sindaco di Napoli, ha scatenato la reazione dei partiti di centrodestra che potrebbero mettere in discussione il sostegno al magistrato in aspettativa. La decisione finale spetta ai leader nazionali. 

Divisi in casa

In realtà la frase ha un solo effetto, quello di mostrare la spaccatura all’interno della coalizione. Da una parte Lega e Forza Italia, dall’altra Fratelli d’Italia. «Alle regionali i voti raccolti dallo schieramento di centrosinistra e dal M5s, che per le comunali corrono insieme, superano l’80 per cento e, secondo lei, con questa premessa noi dobbiamo metterci a fare la polemica per il simbolo, Maresca ha fatto benissimo a dire “me ne fotto”», dice un esponente di rilevo di Forza Italia a Napoli.

Ma questa è solo la parte iniziale del ragionamento, in realtà i forzisti sperano che la spaccatura con il partito di Giorgia Meloni si consumi anche per calcoli elettorali. «Se vanno da soli attireranno anche i voti della destra estrema, gente che abitualmente non vota, così ci aiuteranno nell’unico obiettivo che abbiamo: evitare che Gaetano Manfredi (candidato di Pd, M5s e Leu, ndr) vinca al primo turno», continua l’esponente forzista.

Ufficialmente Forza italia ha preso le distanze dal “me ne fotto”, ma sono i dirigenti di Fratelli d’Italia gli unici a valutare seriamente l’ipotesi di correre da soli. Le ragioni sono diverse. La prima è che rivendicano una tradizione politica in città e Napoli rappresenta un test importante per misurare le ambizioni del partito.

«Parliamoci chiaramente, un partito senza simbolo in un capoluogo di regione non è un partito, ma la bocciofila, noi abbiamo una storia», dice Antonio Iannone, coordinatore regionale e senatore di Fratelli d’Italia. «Ma quale tradizione rivendicano? Il pregresso era il laurismo (Achille Lauro, ex sindaco di Napoli, ndr), Berlusconi li ha sdoganati portandoli nell’agone democratico, se vogliono contarsi e dire siamo il primo partito non serve, noi vogliamo andare al ballottaggio», dice il forzista. 

Frasi che raccontano il livello dello scontro all’interno della coalizione del centrodestra. Il partito di Giorgia Meloni, in realtà, da sei mesi ha già il candidato, a Napoli, si tratta di Sergio Rastrelli, figlio di Antonio, ex dirigente di Alleanza nazionale e già presidente della regione Campania. «Siamo già a un punto di non ritorno, per noi il candidato è Rastrelli, se Maresca dovesse accogliere il nostro simbolo potremmo ripensarci», dice Iannone che spiega che la decisione sarà assunta dai leader nazionali.

Il profilo del candidato

La destra napoletana non digerisce il nome e il profilo di Maresca anche per i suoi trascorsi. Prima di diventare magistrato è stato consigliere comunale di maggioranza a San Giorgio a Cremano per Alleanza democratica, un partito che si collocava nel centrosinistra, attivo dal 1993 al 1997. «Maresca era un ottimo consigliere, studiava e si preparava», racconta Aldo Vella, sindaco di San Giorgio nel 1993.

Gli ex missini non gradiscono, nella città di Napoli, un candidato con quel passato che vuole anche cancellare il simbolo. Berlusconi, Meloni e Salvini non hanno ancora trovato una via d’uscita. Il centrodestra, anche a Napoli, è in alto mare. Sul simbolo Fratelli d’Italia è irremovibile. Anche Forza Italia ha criticato l’uscita di Maresca, ma è, invece, convinta che escludere i simboli sia l’unica soluzione per provare a giocarsi una possibilità.

La Lega è pronta a rinunciare al simbolo e con i berlusconiani potrebbe dare vita a una lista unitaria. Ci sono già i nomi ‘Azzurri per Napoli’ o ‘Prima Napoli’. Sui territori la campagna elettorale è già iniziata con consiglieri di Forza italia che saranno con Maresca con o senza simbolo. L’ex magistrato, intanto, prosegue il suo viaggio che è partito dalle periferie.

Ha accolto la sfida lanciata dall’ex sindaco, di nuovo candidato, Antonio Bassolino e si è misurato con la piazza, quella di Ponticelli, periferia est della città. Un territorio, poche settimane fa, dove le bombe dei clan hanno imposto un coprifuoco con le persone chiuse in casa per paura dei botti di camorra. Ponticelli prima e poi San Giovanni a Teduccio con la visita alla casa famiglia "Figli di Maria”, dove spesso la politica arriva lasciando parole e promesse.

Il centro, due anni fa, ha ospitato anche l’allora primo ministro Giuseppe Conte. Maresca si è intrattenuto giocando a calcio prima di finire travolto da un gavettone. «Carmela Manco, cuore e mente di questa Onlus, è una donna straordinaria che accoglie e contrasta il disagio giovanile in un quartiere che deve tornare ad essere normale. Quando sono in questi posti mi sento a casa mia ed è un bene perché stare con bambini che sono presente e futuro di Napoli è un bagno di positività e di umiltà», dice Maresca. Il magistrato teme l’addio dei partiti, ma continua a ribadire il civismo del suo progetto e la necessità di avere come unico ideale Napoli e i suoi problemi. In realtà la battaglia sui simboli ne anticipa un’altra: quella sui candidati, visto che Maresca ha chiarito che con alcuni esponenti politici non vuole dividere nulla, neanche una foto sul palco. Nessun rapporto con Luigi Cesaro, senatore di Forza italia, citato in informative e atti giudiziari per i suoi rapporti con esponenti dei clan.

«Io sicuramente non ci salirò sul palco con Cesaro e con altri, il mio percorso non è scontato rispetto a quello che si racconta, il nostro è un progetto che si fonda sull’autenticità della pulsione, la professionalità delle persone. Io non ho interessi personali, io affronto questa candidatura con spirito di servizio», aveva chiarito Maresca a Domani preannunciando la sua candidatura. Dopo i simboli, arriverà la grana dei candidati.

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