Il primo giorno di consiglio dei ministri sul piano di ripresa per spendere i duecento miliardi in arrivo dall’Europa è finito con uno scontro sulla governance e il quasi pieno accordo sul testo del programma.

I poteri sostitutivi

Il punto più contestato sono i poteri dei sei manager che dovranno essere scelti dalla presidenza del consiglio per guidare le sei missioni del piano, visto che il testo prevede che abbiano «poteri sostitutivi per eliminare gli ostacoli che impediscono l’avanzamento dei progetti» e che ad attuare quei progetti possono essere ministri e enti locali.

La richiesta di Bellanova

Italia Viva con la ministra Teresa Bellanova ha chiesto che ci sia almeno una donna all’interno del comitato esecutivo, oggi formato dal premier Giuseppe Conte e dai ministri Gualtieri e Patuanelli. I nomi dei sei manager, che avranno poteri di coordinamento, controllo e possibilità di segnalare ritardi e mancanze, non ci sono ancora. E la richiesta di  Bellanova potrebbe valere la scelta di almeno uno dei sei in quota Italia viva. Ma il piano portato in consiglio – che si riaggiorna l’8 dicembre – è quasi definitivo e elenca progetti su cui c’è già capacità di spesa.

Il piano deve colmare il divario strutturale tra l’Italia e «realizzare la transizione verso l’economia della conoscenza». Più prosaicamente agguantare la crescita: nello scenario più ottimista dovrebbe avere un impatto crescente sul Pil, dallo 0,3 di crescita nel 2021 al 2,3 del 2026.

La ripartizione dei fondi

La ripartizione dei 193 miliardi segue, e non poteva essere altrimenti, i paletti Ue: il 40 per cento vanno a investimenti verdi e il 23 per cento in digitalizzazione. Più precisamente al capitolo transizione ecologica vanno 74,3 miliardi di euro – la fetta più grossa 40,1 miliardi all’edilizia e alla conversione energetica degli edifici, confermando di fatto le politiche dei bonus ristrutturazione, 18,5 alla transizione energetica e invece solo 6,3 all’economia circolare. A livello industriale ci sono i fondi per la filiera dell’idrogeno a cui possono partecipare Eni, Enel e Snam, oltre che fondi per l’eolico offshore, su cui Eni sta investendo.

Rifare la pubblica amministrazione

La digitalizzazione è il secondo capitolo di spesa: 48,7 miliardi di euro. Le voci sono due: oltre dieci miliardi per l’ammodernamento della pubblica amministrazione e 35,5 per innovazione, competitività digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione. É il potenziamento di industria 4.0, su cui il Mise ha consultato anche tutte le grandi partecipate. A cui si aggiungono gli investimenti su 5 G e altre tecnologie chiave.

Nella prima voce è per esempio compresa la creazione di una rete moderna di cloud e data center dello stato che sostituisca quella vecchia di oggi -  22 mila enti con ben 11 mila data center distribuiti e per il 95 per cento «mancanti di requisiti minimi di sicurezza, i minimi di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza». Programma fondato sulla collaborazione pubblico privato e, anche qui, già iniziato, basti pensare ai progetti di data center di Intesa San Paolo e Google per la Pa. Si punta a concludere le incompiute  - identità digitale, firma elettronica, strumenti di pagamento digitale, fascicolo sanitario elettronico – mentre per l’alfabetizzazione c’è l’invenzione di un Servizio civile digitale che dovrebbe coinvolgere 4.500 giovani. E dovrebbe nascere anche il centro  di sviluppo e ricerca sulla Cybersecurity.

Grandi opere

Terzi per portafoglio vengono i capitoli di spesa che dipendono dal ministero di Paola De Micheli: 27,7 miliardi di cui 23,6 miliardi andranno a finanziare l’estensione dell’alta velocità soprattutto al centro sud e la manutenzione intelligente delle strade. Su questo ultimo capitolo del resto già Fincantieri, Ibm e la Aspi dei Benetton stanno collaborando.

All’istruzione vanno 19,2 miliardi euro di cui 10,1 per il diritto allo studio e 9,1 per la ricerca di impresa, da sempre punto debole del paese. Una cifra con cui potrebbe essere siglata la pace con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Ma sono previste anche semplificazione per i dottorati e la creazione di poli di ricerca nel Meridione.

Ci sono 4,2 miliardi per la parità di genere, con il piano asili e per la creazione di strutture di assistenza agli anziani, con l’idea di sgravare delle incombenze le donne lavoratrici. Si destinano 3,2 miliardi per giovani e lavoro, una cifra lontanissima da quella che servirebbe per le politiche attive. E altri 3,8 vengono ripartiti tra sport terzo settore e inclusione. Mentre per piano aree interne, isole e per il completamento della ricostruzione post terremoto vanno 5,9 miliardi

La maggioranza che si scontra sul Mes destina solo 9 miliardi di euro - 4,8 per assistenza territoriale e telemedicina e 4,2 in innovazione –  al capitolo salute.

Riforma fiscale e giustizia

Ci sono poi gli obiettivi delle riforme strutturali. Il governo si impone da solo il vincolo esterno scrivendo chiaro che per la riforma di processo civile e penale vorrebbe l’approvazione entro giugno prossimo della legge delega ed entro giugno 2022 dei decreti delegati. Viene confermata la riforma fiscale con attenzione soprattutto ai redditi della classe media (tra i 40mila e i 60 mila euro), annunciato un completo riordino (l’ennesimo a dire la verità) del sistema di formazione e selezione degli insegnanti.

Stop al conflitto con le regioni

Al ministro per gli affari europei Enzo Amendola è stato affidato il ruolo sia di collegamento con la Commissione europea che con il parlamento: ogni tre mesi andrà alle camere a riferire sullo stato di avanzamento del programma.

Il governo vuole norme ad hoc per evitare i conflitti con tutti gli enti locali. in modo per esempio che «non possano sorgere questioni attuative in ordine al riparto di competenze Stato-Regioni». Per la gestione contabile sarà creata anche una apposita unità all’interno della Ragioneria generale dello Stato. I super manager avranno poteri di sorveglianza, ma è previsto anche un audit indipendente, «attraverso il controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti, svolto in stretto raccordo con la Corte dei conti europea».

© Riproduzione riservata