In tempi in cui riemerge con forza il tema del rapporto fra uomo e macchina, sarebbe fondamentale riprendere il suo studio del 1995, “Alle origini del concetto di macchina”, un classico del settore, così come i suo studi sugli a automi
Si è spento l’8 luglio, a quasi novant’anni, Gianni Micheli. Importantissimo storico della scienza e della tecnica, Professore ordinario alla Statale di Milano per decenni, autore di studi fondamentali sulla scienza rinascimentale e moderna, è stato fra gli ultimi rappresentanti di quella grande scuola filosofica di Milano partita dal mai abbastanza apprezzato Piero Martinetti.
Passata, poi, per la generazione successiva, che ha visto in Antonio Banfi il suo più noto esponente, poi giunta fino a quella degli Enzo Paci, Mario Dal Pra e il maestro di Micheli stesso Ludovico Geymonat, grande pioniere degli studi di filosofia della scienza nel nostro Paese.
Oltre all’amicizia famigliare, a Micheli, in questi giorni ricordato da tutte le principali associazioni filosofico-scientifiche italiane, mi lega un ricordo personale, che, a mio modo di vedere dice già molto sulla levatura dello studioso.
Ero un giovanissimo studente e, sulla consueta pressione paterna, gli chiesi un colloquio per indirizzare i miei studi. Subito mi disse che, da ebreo, sicuramente conoscevo un sacco di lingue. Cosa, purtroppo, verissima fino alla generazione dei miei genitori. Con imbarazzo, risposi che avevo invece assorbito la consuetudine italica ostile alle lingue straniere. Ben che vada, la possiamo prendere come segno di un’integrazione ben riuscita, visto che io, mio fratello e i miei cugini di primo grado siamo la prima generazione nata in Italia.
Iniziò, poi a elencarmi i testi fondamentali che avrei dovuto studiare. Mi ricordo che citò, bontà sua, la Metafisica di Aristotele, oggi credo studiata solo dai grecisti (!), ricordandomi che lui l’aveva affrontata tre volte, a distanza di decenni, nella sua vita.
A sottolineare che certi testi non si leggono, si studiano e a diversi livelli, in diverse stagioni del proprio percorso intellettuale. Le ultime chiacchierate durante il lockdown, quando stavo scrivendo il mio libro su Spinoza e gli chiedevo lumi sul rapporto con la fisica cartesiana. Mi diede importantissimi consigli di lettura, ma, soprattutto, mi concesse molto tempo a discutere.
Dialoghi sempre conditi dalla sua grande ironia. Come mi ricordava una volta Fabio Minazzi, epistemologo che a Varese ha continuato la stagione del razionalismo critico milanese, fondando anche l’Archivio Preti (altro grande esponente di quella straordinaria scuola) e Cattaneo, ben lungi dall’essere il proverbiale topo da biblioteca e studioso chiuso in se stesso, era anche un grande conferenziere. Mi raccontava di suoi interventi davanti a centinaia di persone, che lo seguivano con entusiasmo.
Stupisce fino ad un certo punto questa sintesi fra specialismo e divulgazione in una generazione che agiva sul crinale fra cultura e politica, dove l’elaborazione intellettuale va resa accessibile ai più. Oggi, come in tutto, pare poter stare o dall’una o dall’altra parte. In tempi in cui riemerge con forza il tema del rapporto fra uomo e macchina, sarebbe fondamentale riprendere il suo studio del 1995, Alle origini del concetto di macchina, un classico del settore, così come i suo studi sugli automi.
Mi è d’obbligo consigliare un suo articolo, pubblicato per la «Rivista di filosofia» ormai quasi trent’anni fa, intitolato Il concetto di automa nella cultura greca dalle origini al sec. IV a.C., dove estende i propri interessi al mondo antico, verso cui non ha disdegnato incursioni.
Lascia figli, nipoti e la moglie Pina Madami, sindacalista di lungo corso, donna di rara intelligenza, anche lei parte di quel mondo che si era stretto attorno alla figura di Geymonat.
Come il marito, mi sia concesso dirlo, esponente di una sinistra critica ben distante dal conformismo attuale. Che la terra gli sia lieve, altri sapranno ricordarlo assai meglio di queste mie poche righe. Grazie, caro Gianni, per le discussioni e il tempo concessomi. Lasci tanto a chi viene dopo.
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