Ad annunciarne la morte è l’avvocato Fabio Anselmo. «Oggi per la prima volta non mi hai sorriso», scriveva pochi giorni fa la senatrice di Avs. «Ti sei ammalato di dolore, un dolore inumano, inimmaginabile, sopravvivere al proprio figlio e vivere ogni giorno pensando a quanto ha sofferto lui»
«Ci sono parole che non si dimenticano, che restano incise anche quando le voci che le hanno pronunciate si spengono». Inizia così il post con cui l’avvocato Stefano Anselmo annuncia la scomparsa di Giovanni Cucchi, padre di Stefano e Ilaria. Scomparso all’età di 77 anni, l’uomo era malato da tempo.
«Ti sei ammalato di dolore, un dolore inumano, inimmaginabile, sopravvivere al proprio figlio e vivere ogni giorno pensando a quanto ha sofferto lui. Hai dimostrato tanta forza, anche nell’affrontare questa maledetta malattia. Sempre con il sorriso. Sempre!
Oggi per la prima volta non mi hai sorriso. Ora sei stanco di sorridere. Sorridere a questa vita che è stata così crudele con te. E come darti torto», aveva scritto solo pochi giorni fa la senatrice di Avs in un post sui social. Oggi la notizia della scomparsa.
Nel suo lungo post l’avvocato Anselmo ricorda come «Molti – troppi – hanno scritto e detto che a Giovanni non fregava nulla di suo figlio, che lo avesse abbandonato, che Stefano fosse solo. Lo hanno fatto per anni, per giustificare l’ingiustificabile, per infangare una famiglia già distrutta dal dolore». Una verità che, prosegue l’avvocato, è «crollata in un’aula di tribunale» quando Giovanni Cucchi ha letto la lettera che gli aveva scritto il figlio Stefano due anni prima di essere ucciso.
«Mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava. La voce si spezzava, ma non si fermava», continua Anselmo nel post.
«In quell’aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia.
Quelle parole – semplici, umane, limpide – hanno distrutto anni di odio, menzogne e depistaggi». E poi, l’ultimo ringraziamento: «Giovanni, con la tua voce hai dato voce a tuo figlio. Grazie per la tua forza».
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