Airbnb ha concluso un accordo con l’Agenzia delle Entrate sulla cedolare secca da trattenere sui redditi degli host non professionali. L’intesa riguarda i proventi da locazioni brevi per il periodo che va da giugno 2017 a dicembre 2021. L’azienda pagherà 576 milioni di euro in totale, ma senza rivalersi sugli host. La somma da versare sarà divisa in circa 353 milioni per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni amministrative e 49 milioni di interessi.

«L’accordo significa che possiamo concentrarci nella continuazione della nostra collaborazione con le autorità italiane in materia di tasse, regole per le locazioni brevi e turismo sostenibile, a vantaggio degli host e degli ospiti. L’Italia è un mercato importante per Airbnb», ha detto l’azienda in una nota, precisando che non cercherà di recuperare la somma dai clienti. «Oltre tre quarti di loro hanno pubblicato solo un annuncio e circa i due terzi (il 59 per cento) ha dichiarato che i proventi realizzati con gli affitti permette loro di arrivare a fine mese», ha aggiunto la società statunitense.

Per l’imposta relativa agli anni 2022 e 2023 ancora non è stato trovato l’accordo, mentre per l’anno 2024, secondo la legge di bilancio che sta per arrivare in Parlamento, la cedolare secca aumenterà al 26 per cento per la locazione breve di due o più abitazioni. «Auspichiamo che l'accordo con l'Agenzia delle Entrate e le recenti novità normative possano fare chiarezza sulle regole riguardo gli affitti brevi per gli anni a venire», si legge nella nota di Airbnb. A inizio novembre, la procura di Milano ha sequestrato 779 milioni di euro alla società, dopo le indagini della Guardia di Finanza che hanno dimostrato che la piattaforma degli affitti si è sottratta al versamento della «cedolare secca» per il periodo compreso tra il 2017 e il 2021.

Dopo il sequestro, l’azienda ha continuato le trattative con l’Agenzia delle Entrate in corso già a giugno 2023.Secondo le norme varate nel 2017, Airbnb avrebbe dovuto fare da sostituto d’imposta per gli host nel versamento del 21 per cento di cedolare secca sui proventi degli affitti. La norma era stata impugnata da Airbnb davanti al Tar, poi il Consiglio di stato ed infine la Corte di giustizia dell’Unione europea. Il verdetto finale aveva dato all’Italia la possibilità di raccogliere le informazioni sulle locazioni e di applicare la ritenuta.

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