Da Enrico Laghi a Jean Pierre Mustier a Roberto Colaninno, è molto probabile che gli otto esclusi eccellenti dal processo per il crac Alitalia debbano affrontare il dibattimento come gli altri 13 soggetti già rinviati a giudizio, tra i quali spicca Luca Cordero di Montezemolo. Si sta profilando una svolta decisiva verso l’obiettivo della ricerca della verità e delle responsabilità di chi ha giocato di fatto ruoli di primo piano nell’annosa e brutta vicenda della ex compagnia di bandiera. Anche in seguito a quegli eventi l’azienda di Fiumicino è stata ridotta a un fantasma, come hanno ribadito ieri in un’audizione alla Camera il direttore generale, Giancarlo Zeni, e il commissario straordinario Giuseppe Leogrande. I due hanno ricordato che senza l’arrivo immediato di altri soldi pubblici, la partenza in primavera della nuova compagnia Ita è un miraggio.

Il cambio di passo sul piano legale è stato voluto proprio dall’attuale commissario straordinario, il quale, come prima mossa, ha deciso di sostituire Paola Severino, la blasonata legale a cui si era affidato fino a quel momento. Severino è uno degli avvocati più famosi d’Italia, con un curriculum gonfio di successi, esercita la professione da più di 40 anni, ha rappresentato clienti del calibro di Romano Prodi, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Geronzi, ed è stata perfino ministra della Giustizia. Ma agli occhi del commissario per Alitalia stava tenendo una linea legale probabilmente considerata non del tutto condivisibile. Leogrande ha consegnato la pratica a un avvocato di minor grido, Roberto Borgogno, che è un semplice professore associato di diritto penale all’università La Sapienza di Roma.

Opporsi all’archiviazione

Finché la gestione della pratica è rimasta di competenza dell’avvocato Severino, Alitalia di fatto non si è opposta all’archiviazione degli otto imputati di grido. E proprio questa circostanza non è stata probabilmente condivisa dal commissario straordinario. Il nuovo legale voluto da Leogrande ha abbandonato l’approccio precedente decidendo di opporsi subito all’archiviazione degli otto esclusi. Il cambio di passo è stato concretizzato in un documento di 41 pagine molto dettagliato e preciso, inviato al procuratore capo di Civitavecchia (il tribunale che ha competenza su Alitalia), ai sostituti Mirko Piloni e Allegra Migliorini e infine al Gip, il giudice per le indagini preliminari.

Il quale, ricevuto l’atto il 5 gennaio, ha immediatamente deciso di fissare un’udienza il prima possibile (probabilmente a maggio) per discutere nel merito i contenuti dell’opposizione all’archiviazione. Nell’atto di opposizione l’avvocato Borgogno chiede al Gip un provvedimento coatto di imputazione nei confronti dei grandi esclusi partendo dal presupposto che le loro responsabilità emergono con chiarezza dai voluminosi e documentati incartamenti prodotti in tre anni di lavoro dai consulenti tecnici della procura: Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo.

Decretando l’archiviazione degli otto, la procura di Civitavecchia aveva invece preferito prestare un orecchio di riguardo alle tesi degli avvocati difensori. Il nuovo avvocato Alitalia lo dice senza perifrasi: «La richiesta di archiviazione è prevalentemente orientata a condividere acriticamente le tesi prospettate dalle difese degli indagati». Di fronte alla circostanza che al momento esistono due tesi contrapposte, quella emersa dal lavoro dei consulenti della procura e quella degli avvocati difensori degli otto archiviati, l’avvocato Borgogno ritiene opportuno che non siano i pubblici ministeri a emettere un giudizio sollecitando l’archiviazione, ma che il giudizio stesso sia opportunamente lasciato alle conclusioni di un dibattimento processuale.

Il recupero degli otto soggetti eccellenti all’interno del processo sul crac Alitalia consentirà ai magistrati di valutare anche l’operato di chi avrebbe dovuto vigilare sull’azienda come i sindaci revisori dei conti o di chi, pur non avendo deleghe precise, ebbe di fatto un ruolo decisivo e determinante nelle scelte strategiche industriali, economiche e finanziarie. Scrive nel suo documento l’avvocato Borgogni: «Agli amministratori privi di deleghe è richiesto di non limitarsi a essere meri passivi recettori di informazioni spontaneamente rese loro dagli amministratori delegati, bensì assuntori di iniziative volte a richiedere puntuali e esaustive informazioni in particolare allorquando si profilino segnali di allarme nel senso giuridico del termine».

Escludendo la valutazione dell’operato di questi soggetti, il processo Alitalia di fatto sarebbe svilito a dibattimento di serie B, forzosamente concentrato su dirigenti e esecutori di vicende magari scandalose, ma tutto sommato folcloristiche e minori rispetto al disastro aziendale, come le cene luculliane a spese dell’azienda, le mance da mille euro a botta ai camerieri o le scampagnate ad Abu Dhabi. Nel piccolo mondo chiuso degli incarichi di vertice delle aziende italiane, l’archiviazione degli otto indagati eccellenti Alitalia aveva avuto effetti immediati ed era stata sostanzialmente venduta come un lasciapassare giudiziario.

L’incarico dei Benetton

Il giorno dopo l’archiviazione, per esempio, a Laghi era stato attribuito dai Benetton un incarico molto importante e delicato: capo di Edizione, la holding di famiglia che controlla Atlantia e a cascata Autostrade per l’Italia, con il compito di rappresentarli come ambasciatore al tavolo della zoppicante trattativa con lo Stato dopo il crollo del ponte di Genova e l’eventualità della vendita di tutto il gruppo Autostrade alla statale Cassa depositi e prestiti affiancata da grossi fondi di investimento. Fino a quel momento quel compito era stato affidato al consigliere storico della famiglia di imprenditori, Gianni Mion, di cui però proprio in quei giorni erano state pubblicate intercettazioni più che imbarazzanti sulla gestione del gruppo e che comunque non aveva mai avuto grande familiarità con i palazzi ministeriali. Laghi dopo l’archiviazione per Alitalia era sembrato più affidabile.

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