Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha annunciato la costruzione di un inceneritore per risolvere i problemi della città legati al ciclo dei rifiuti. Il processo non sarà breve. Occorrono poteri speciali, un bando di gara e i tempi tecnici di costruzione. La capitale nel frattempo resta sporca e abbandonata a sé stessa. E l’Ama, l’azienda municipale che si occupa della gestione dell’immondizia, che fa?

Ha premiato nuovamente la società di un imprenditore vicino al clan Di Silvio, a processo per voto di scambio elettorale politico mafioso, che ha già patteggiato in un altro filone di inchiesta per corruzione. Un imprenditore che in passato ha finanziato la campagna elettorale della Lega a Latina.

Pulire la città

Dopo l’incendio di sabato scorso nel parco di Centocelle, qualcuno ha evocato il terrorismo dei piromani, qualcuno addirittura ha scomodato la mafia. Tesi suggestive, utili a trasformare in un complotto, senza prove né indizi, l’incapacità di affrontare situazioni complicate.

Eppure è proprio dalle decine di determinazioni dell’Ama che sembra emergere qualcosa di poco trasparente. Si tratta di due società, secondo gli inquirenti riconducibili all’imprenditore Raffaele Del Prete e gestite dai suoi famigliari che ne detengono le quote. Si chiamano Del Prete srl e Del Prete Waste Recycling S.r.l e si occupano di raccogliere i rifiuti attorno ai cassonetti dopo il passaggio del personale dell’Ama.

Niente di male se non fosse che Del Prete, nel dicembre 2017, è stato arrestato in un’inchiesta che, si legge nelle carte, aveva svelato uno scenario di diffusa «corruzione nella gestione della cosa pubblica che coinvolgeva a vario titolo sia funzionari pubblici locali che imprenditori privati».

L’imprenditore ha patteggiato una pena per corruzione ma gli investigatori hanno continuato a indagare e, nel luglio 2021, Del Prete è finito ai domiciliari con l’accusa di voto di scambio politico mafioso. Indagato con Emanuele Forzan, suo collaboratore e allora esponente territoriale della Lega a Sezze, in provincia di Latina, è stato rinviato a giudizio.

Il rapporto tra le aziende di Del Prete e l’Ama è iniziato nel 2016, quando non c’era alcuna accusa a carico dell’imprenditore. All’epoca le imprese si erano aggiudicate due lotti della gara per la raccolta dei residui della pulizia stradale. Nel 2018 Del Prete ha ceduto alla madre le sue quote della Del Prete Waste Recycling s.r.l.

Quello stesso anno le aziende si sono aggiudicate la nuova gara Ama e tre lotti della raccolta. In attesa di un nuovo contraente lo scorso aprile, con una deliberazione del dirigente Marco Casonato, direttore della direzione igiene ambientale, l’Ama ha prorogato l’affidamento alle società di Del Prete per altri sei mesi, per un importo massimo intorno a un milione e 300mila euro. Tutto legittimo, ma opportuno?

Le accuse dell’antimafia

Secondo le accuse dell’antimafia di Roma Del Prete avrebbe ingaggiato Riccardo Agostino, boss poi pentito del clan mafioso Di Silvio e, dietro il pagamento di 45mila euro, gli avrebbe chiesto di procurare «voti alla lista Noi con Salvini e al capolista candidato Matteo Adinolfi» in occasioni delle comunali di Latina del 2016.

Forzan e Del Prete sono a processo con giudizio immediato perché avevano misure a carico mentre Matteo Adinolfi, oggi parlamentare europeo della Lega, resta indagato per lo stesso reato e aspetta le decisioni della procura. Intanto si dichiara innocente. Del Prete aveva rapporti anche con un altro leghista, Francesco Zicchieri, oggi deputato della Repubblica e totalmente estraneo all’indagine. Zicchieri era dipendente, nel 2016, nella Del Prete Waste e l’imprenditore lo ha sostenuto alle comunali a Terracina in quell’anno .

Nel processo gli inquirenti dovranno dimostrare le accuse lanciate nel luglio del 2018 da Riccardo Agostino: «Su Raffaele Del Prete posso dire che è un corrotto da quindici anni. È amico intimo di Di Silvio Armando detto “Lalla”. Mi chiese se potevo curare la sua campagna elettorale Noi con Salvini su Latina, sapendo chi eravamo noi e chi ero io, il clan·Di Silvio».

«Le accuse dovranno essere dimostrate in dibattimento, nulla è emerso in merito a contatti con Di Silvio, mentre Riccardo Agostino conosceva Del Prete perché erano vicini di casa a mare e Agostino gli aveva chiesto una mano per trovare qualche lavoretto, anche per attaccare i manifesti, nulla più. L’accusa parla di denaro, ma sono le parole di Agostino, lo sentiremo al processo. Sulle aziende, Del Prete non è il titolare e non se ne occupa poi se da brillante imprenditore vuole dare una mano alla famiglia è legittimo», dice Gaetano Marino, avvocato dell’imprenditore.

Quando Del Prete è stato arrestato, nel luglio 2021, la giudice del tribunale di Roma Bernadette Nicotra ha attaccato le amministrazioni che continuano a dare appalti alle ditte «a lui riconducibili»: «Appare peraltro singolare che, financo dopo il procedimento penale che l’ha visto direttamente chiamato in causa (quello concluso con il patteggiamento, ndr), le due aziende si siano aggiudicate significativi appalti in diversi comuni della provincia di Roma e di Latina».

A quell’elenco bisogna aggiungere il comune di Roma e l’Ama. Che sono riusciti ad affidarsi alle aziende della famiglia Del Prete, non solo dopo il patteggiamento, ma anche dopo il rinvio a giudizio per voto di scambio elettorale politico mafioso. L’Ama fa sapere che le «aziende non risultano destinatarie di sentenze definitive, non sono sottoposte a divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e non sono destinatarie di interdittive antimafia».

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