Sarà forse questa la vota di un papa africano? Se i cardinal riunti in conclave volgeranno il loro sguardo all’Africa dopo aver scelto 12 anni fa il primo papa latinoamericano, è probabile che il successore di Francesco possa essere il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, francescano, 65 anni, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), fa parte dal 2020 del C9 il ristretto gruppo di cardinali che coadiuva il papa nel governo della Chiesa universale, è anche presidente del Secam, il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar.

Ambongo Besungu è una personalità forte della chiesa africana, di recente è salito agli onori delle cronache per aver dato voce all’opposizione delle conferenze episcopali del continente al documento vaticano Fiducia supplicans con il quale la Santa sede autorizzava la benedizione delle coppie omosessuali.

In una lettera diffusa nel gennaio di un anno fa, pur ribadendo la fedeltà e la piena comunione col papa delle chiese africane, il cardinale congolese a nome dei suoi confratelli, spiegava come i vescovi del continente «ritengono che le benedizioni extraliturgiche proposte nella Dichiarazione Fiducia supplicans non possano essere attuate in Africa senza esporsi a scandali». Quindi affermava: «Le Conferenze episcopali generalmente preferiscono – ogni vescovo restando libero nella sua diocesi – non impartire benedizioni alle coppie dello stesso sesso. Questa decisione nasce dalla preoccupazione per la potenziale confusione e per lo scandalo che possono nascere all'interno della comunità ecclesiale».

L’impegno per la pace 

E però sarebbe riduttivo circoscrivere l’impegno ecclesiale del porporato africano a quest’ambito. Forte è stato il suo al lavoro per la pace nella Repubblica Democratica del Congo per esempio. Nel giugno 2017 è stato eletto vicepresidente della Conferenza episcopale del suo paese; è in questo frangente che ha assunto un ruolo di primo piano nella ricerca di una soluzione pacifica alla crisi politica in atto nell'ex colonia belga, già piegata da un conflitto che provocava migliaia di sfollati in fuga dalle violenze, e dal virus dell'ebola che continuava a mietere vittime.

Ha co-presieduto il dialogo che, con la firma degli Accordi di San Silvestro (2016), ha portato a nuove elezioni alla fine del 2018 (che segnarono la fine del potere di Joseph Kabila durato 18 anni). Nell’agosto del 2024, nel corso di una cerimonia di beatificazione di 4 missionari morti in Congo, aveva detto: «Basta con le violenze! Basta con le barbarie! Basta con le uccisioni e le morti sul suolo congolese e nella sub-regione dei Grandi Laghi. Le violenze e le guerre sono frutto della stoltezza. Sono condotte da persone che si allontanano dal cammino dell’intelligenza, da gente insensata, che non ha né timore di Dio, né rispetto per l’uomo, creato a immagine di Dio!».

 Di qui, il reiterato appello ad abbandonare «la stoltezza della volontà di potere, della dominazione e del controllo armato delle ricchezze», privilegiando al contrario «la via del dialogo e della risoluzione pacifica dei conflitti».

Un profilo complesso 

Ma se questo è un tema classico della storia recente dell’Africa segnata da violenze e ingerenze di ch vuole sfruttarne a ogni costo le ricchezze, eppure non è coretto classificare Ambongo come un conservatore in campo ecclesiale. In un in un’intervista rilasciata ai media vaticani lo scorso 22 aprile, in merito a quale fosse l’eredità consegnata da Francesco alla chiesa, l’arcivescovo rispondeva senza esitazione: «Francesco resterà nella storia come il papa della riforma. Ha fatto molto per riformare la chiesa, e questo deve continuare, e credo che continuerà, per la semplice ragione che prima di partire ha concluso il ciclo del Sinodo sulla sinodalità. E ciò che è stato prodotto da questo Sinodo è diventato un patrimonio per l’intera chiesa».

Diceva poi di credere che le iniziative riformatrici intraprese da Francesco abbiano raggiunto un punto di non ritorno: «Ecco perché sono convinto che le riforme continueranno. Per la chiesa universale, si tratta soprattutto di questo avvicinamento che il pontefice ha voluto fare tra la chiesa e la società, cioè che la chiesa non viva come separata dalla realtà che la circonda. Ma, essendo sale della terra e luce del mondo, possa illuminare le realtà del mondo attorno a noi. Credo che questa sia un’eredità formidabile che il papa ci lascia». 

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