Tra le poche certezze nella composizione della squadra di governo del centrodestra c’è il gradimento unanime per Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria, accostato a diversi dicasteri, da ultimo al ministero della Transizione ecologica. Negli anni ruggenti del berlusconismo D’Amato è stato sempre a un passo dalla candidatura, a sindaco di Napoli, a presidente della regione Campania, a parlamentare. Ma ogni invito, anche da parte della sinistra dove l’industriale ha comunque ottimi rapporti, è stato sempre rispedito al mittente.

Nella sua magnifica villa, ad Anacapri, ha ospitato il gotha dell’imprenditoria nazionale, prefetti, magistrati e politici di ogni schieramento.

Sua moglie, Maria Luisa Faraone Mennella, in passato è stata destinataria, con le sue società, di un sequestro di beni per un valore di 5,5 milioni di euro per presunti reati fiscali, ma tutto si è risolto con l’annullamento del provvedimento. La coppia ha un sogno che coltiva da anni: il rilancio della zona est di Napoli, promosso dall’associazione NaplEst et Pompei.

Nel dicembre scorso, nella sede della Confindustria campana, è stato presentato il piano che prevede investimenti per un ammontare di 8 miliardi e mezzo di euro, promosso dalla fondazione Mezzogiorno, presieduta proprio da D’Amato. «Il progetto Green rielabora in una logica di concentrazione e addizionalità delle risorse previste dal Pnrr (il piano nazionale di ripresa e resilienza), da altri fondi europei e da investimenti privati», si legge sul sito della fondazione.

Il progetto è stato promosso anche dall’Unione industriali Napoli, dove nei mesi scorsi si è aperto uno scontro con il ritiro delle deleghe da vicepresidente a Francesco Tavassi, accusato di aver aderito all’associazione Est(ra) Moenia, senza, come previsto dallo statuto, informare i vertici. Da una parte il presidente Maurizio Manfellotto, sostenuto dai coniugi D’Amato, dall’altra Ambrogio Preziosi (un tempo socio di Mennella), sostenuto da Tavassi, poi epurato dal ruolo di vice. In mezzo idee, progetti e visioni diverse di sviluppo su quell’area.

I soldi a Forza Italia

Il progetto presentato da D’Amato copre un’area che parte dalla zona orientale della città e si estende fino alla penisola sorrentina, assunto come base del contratto istituzionale di sviluppo, approvato dalla ministra Mara Carfagna.

Nel frattempo l’ex presidente di Confindustria si occupa della sua società, la Seda, impegnata nel settore degli imballaggi. Nel settembre 2021 la Seda international packaging ha finanziato con 40mila euro Forza Italia, lo scorso maggio Seda Italy, la più grande azienda del gruppo, ha versato altri diecimila euro ai berlusconiani. Dalla stessa Seda Italy risulta un altro versamento da 70mila euro nel settembre 2020 con medesima destinazione.

D’Amato da tutti

Da presidente di Confindustria, tra il 2000 e il 2004, D’Amato ha avuto ottimi rapporti con Berlusconi all’epoca presidente del Consiglio. Successivamente D’Amato, da presidente della Federazione dei cavalieri del lavoro, ha dovuto gestire la pratica dell’ex premier che si è autosospeso da cavaliere dopo la condanna a quattro anni per frode fiscale. Nel 2014 D’Amato ha creduto alle promesse di riforma di Matteo Renzi senza dimenticare il vecchio amico, oggi tornato a palazzo Madama.

In realtà l’ex presidente di Confindustria ha sempre mantenuto rapporti ottimi con tutti. Ruggini e contrasti sulla visione della città lo hanno portato ad appoggiare, nel 2011, Luigi de Magistris, l’ex pubblico ministero che quell’anno, a sorpresa, ha vinto le comunali. Una scelta che ha sancito quella che sembrava una rottura insanabile con Gianni Lettieri, imprenditore e candidato del centrodestra alla carica di primo cittadino.

I due si sono anche ritrovati l’un contro l’altro in tribunale. «È evidente che sia in campo una partita fondamentale che è della legalità contro l’illegalità della camorra», diceva D’Amato nel 2001 parlando della sfida delle amministrative a Napoli. Parole che avevano spinto Lettieri a presentare querela. In primo grado D’Amato è stato condannato, in secondo è stato assolto, mancava il sigillo della Corte di cassazione che avrebbe potuto chiudere il caso o ribaltare il verdetto.

Lo scorso luglio la vicenda processuale, dopo più di dieci anni, è terminata con la rinuncia al ricorso da parte di Lettieri. Le scuse e il rinnovo della stima reciproca sono bastate a ricucire il rapporto. E ora per D’Amato potrebbero aprirsi le porte del governo.

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