Su Twitter Valeria Parrella, scrittrice, ha sintetizzato bene le vicende sui vaccini di questi giorni: «La fiducia nella medicina, per noi che medici non siamo, è fiducia nel razionale. Se le istituzioni – interfaccia tra noi cittadini e la medicina – mischiano le carte, ci costringono a un atto di fede – irrazionale. Non dico che sia sbagliato, dico che è molto più difficile». E le istituzioni non solo hanno mischiato le carte, ma hanno combinato un vero e proprio pasticcio sul piano del diritto.

Com’è noto, l’11 giugno scorso il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha emanato una circolare ai sensi della quale «il vaccino Vaxzevria viene somministrato solo a persone di età uguale o superiore ai 60 anni (ciclo completo). Per persone che hanno ricevuto la prima dose di tale vaccino e sono al di sotto dei 60 anni di età, il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRna». Il ministro ha usato una circolare, e non invece un’ordinanza, la cui valenza prescrittiva sarebbe stata più forte. Ciò nonostante, l’uso del verbo “dovere” rende chiara la prescrizione.

Le disposizioni della circolare derogano alle condizioni per l’uso dei vaccini, autorizzati per la somministrazione del medesimo preparato in entrambe le dosi. Per giorni il mix vaccinale è stato usato al di fuori delle indicazioni autorizzate.

La determina dell’Aifa

L’autorizzazione è arrivata ex post, con la determina dirigenziale del 14 giugno, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 15 giugno, e ha creato nuove criticità nel quadro regolatorio.

Innanzitutto, l’Aifa cita la circolare ministeriale tra le premesse della propria determina. Ma quest’ultima avrebbe dovuto essere la base della circolare, e non viceversa. Nella determina dell’Aifa si dice che i medicinali «Comirnaty» e «Covid-19 Vaccine Moderna» sono inseriti, «esclusivamente ai fini del razionale scientifico, nell’elenco dei farmaci di cui alla legge n. 648/1996». Ai sensi di questa legge «anche se sussista altra alternativa terapeutica nell’ambito dei medicinali autorizzati», l’Aifa può approvare l’uso al di fuori di quanto disposto dal bugiardino (off-label) nel rispetto di «parametri di economicità e appropriatezza». Per la “eterologa”, se il parametro dell’appropriatezza può trovare riscontro nel «razionale scientifico» richiamato nella determina, invece il parametro della «economicità» – secondo requisito di legge per l’uso off-label – non può dirsi rispettato. Infatti, il mix di vaccini costa molto più delle due dosi del medesimo preparato. In mancanza del doppio parametro cui la legge condiziona l’uso alternativo, la base normativa della determina resta monca: ci si chiede come essa possa reggersi giuridicamente.

Il riferimento alla legge n. 648/96 da parte dell’Aifa comporta inoltre che per l’utilizzo off-label serva il «consenso informato scritto del paziente dal quale risulti che lo stesso è consapevole della incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l'indicazione terapeutica proposta», come disposto dalla Commissione unica del farmaco, con provvedimento del 20 luglio 2000. Dunque, se il modulo di consenso non viene modificato con questa indicazione, il cittadino che accetta di farsi vaccinare con il mix non può dirsi realmente “informato”.

La determina dell’Aifa dispone che i vaccini indicati «possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto». Mentre il ministero della Salute aveva usato il verbo “dovere”, l’Aifa ricorre al verbo “potere”. Cioè l’agenzia del farmaco permette l’utilizzo della “eterologa”, ma non lo impone. Tuttavia, ciò non significa che l’Aifa apra la strada alla “possibilità” che i vaccinandi under 60, previo consenso informato, scelgano per la seconda dose il mix o il medesimo vaccino della prima dose: tale responsabilità non può ricadere su soggetti privi della competenza necessaria a decidere.

Di chi è la responsabilità

Già si era fatto presente, riguardo ai giorni in cui l’uso misto dei vaccini era rimasto privo di copertura autorizzatoria da parte dell’agenzia del farmaco, che sarebbe stato difficile districare le responsabilità qualora fosse successo un evento avverso, tra ministro della Salute, che ha imposto la “eterologa”, e presidenti di regione, cui spettano i poteri in tema di salute nel proprio territorio. Poi è arrivata l’autorizzazione dell’Aifa, che però si è limitata a consentire la “possibilità” dell’uso off-label, come detto, lasciando le responsabilità “a valle”.

Al groviglio si sono aggiunte affermazioni come quella del presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, secondo cui «il responsabile finale di ogni inoculazione è il medico che presiede alla somministrazione». Ed è presumibile sia proprio quest’ultimo a restare “con il cerino in mano”. È vero che i vaccinatori sono stati esentati da responsabilità nell’aprile scorso (d.l. n. 44/2021), ma ciò solo se «l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione».

Nel caso in esame, il doppio requisito per lo “scudo penale” è arduo da rispettare: mentre il provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio prevede le due dosi del medesimo vaccino, la circolare del ministero della Salute dispone il mix. Peraltro, sul sito dell’Aifa si legge che i casi di «accesso precoce al farmaco e uso off-label», tra cui rientra quello ai sensi della legge n. 648/1996, richiamata dall’Aifa stessa per la “eterologa”, «si svolgono sotto la responsabilità del medico prescrittore».

In conclusione, i dubbi sopra esposti rischiano di aumentare i timori non solo dei vaccinandi, ma anche dei vaccinatori.

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