Continua con la sua tredicesima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

Da qualunque strada arriverai a Cinquefrondi, un cartello ti avviserà che sei arrivato al “Comune dei diritti”. «È stata una scelta precisa, il messaggio che abbiamo voluto spedire è che in questo territorio i diritti delle persone devono essere tutelati. Sempre», spiega Michele Conia, sindaco del comune di meno di 7mila abitanti che sorge quasi a metà tra Reggio Calabria e Catanzaro, sulle alture che dominano la Piana di Gioia Tauro. 

«Questo poi richiede una serie di applicazioni concrete», precisa il primo cittadino di Cinquefrondi, ente socio di Avviso Pubblico da oltre vent’anni. «Abbiamo dato la cittadinanza onoraria ad Annamaria Scarfò, la ragazza stuprata nel ‘99 da un branco di 16 mafiosi di un paese vicino», racconta il sindaco che accompagnava Annamaria in tribunale anche prima di presentarsi alle elezioni, quando era semplicemente militante di un collettivo giovanile. «E ci prendevamo gli sputi dei familiari degli accusati».

Lei lo colpì con una confidenza amara: «Mi disse: “Anche la mia comunità mi ha lasciata sola”, allora ho voluto fare quel gesto della cittadinanza onoraria per riconoscerle il coraggio di aver denunciato i suoi aguzzini nonostante fossero conosciuti come figli di mafiosi. Quel giorno abbiamo preso due decisioni importanti: abbiamo anche modificato lo statuto del Comune nel senso di rendere obbligatoria la costituzione di parte civile del municipio in tutti i reati di criminalità organizzata e abbiamo aggiunto anche qualunque tipo di procedimento per violenza nei confronti delle donne. Cinquefrondi, per Statuto, si costituisce parte civile ogni volta che sul nostro territorio si verifica un episodio di questa natura».

«Appartenere a un mondo ben preciso – dice Fausto Cordiano, consigliere comunale, membro del direttivo di Avviso Pubblico - significa fare scelte inequivocabili come quella di scrivere che l’amministrazione “deve”, non “può”, costituirsi parte civile così come aver dato la cittadinanza a una ragazzina offesa, insultata, vilipesa dallo Stato (sono serviti dieci anni a trovare quelle persone) e dai mafiosi, cartina di tornasole che rivela chi c’è e chi non c’è. Questo sta modificando la coscienza della gente che ora sta iniziando a pensare alla “compossibilità”, una parola forse terribile ma che uso per indicare la possibilità di rendere diritti ed economia compatibili e non di adattare i primi a una economia fatiscente. La battaglia è dura però siamo qui. Ogni giorno qualcuno, nei giornali o nelle università, scopre che qui è possibile amministrare diversamente e che facendolo si cambiano anche le coscienze».

E nel tempo del Covid l’economia della zona ha restituito tutta la sua fragilità, «qui ci sono banche di raccolta e non di investimento – spiega Fausto Cordiano - non le abbiamo mai viste agire qui sul territorio in maniera adeguata, non abbiamo mai visto offrire possibilità di crescita a imprese. Sono banche che raccolgono denaro per investire altrove. E questo, se è legalità, non è giustizia».

A preoccupare il primo cittadino è anche la situazione della sanità calabrese, su cui accanto alle 'ndrine hanno messo le mani anche «imprenditori borderline. C’è una struttura sanitaria che tende sempre più all’accreditamento a strutture private – spiega ancora Conia - che rende sempre più tragica l’azione di gestione. Il modello milanese qui diventerà una cosa esplosiva. La battaglia sulla sanità, prima di tutto, è una battaglia contro le mafie che la gestiscono. Ecco perché è importante fare rete con i nodi di Avviso Pubblico».

Conia è uno dei 500 sindaci ribelli al dirottamento di 60 miliardi del Pnrr verso il Nord: «Un piano che deliberatamente taglia fuori clamorosamente il Sud da qualsivoglia finanziamento, lasciando briciole agli amministratori meridionali che già con le briciole mandano avanti i territori cercando di tenere il passo e garantire servizi come nel resto d’Italia». Ora, a Cinquefrondi ci si aspetta che quei fondi vengano utilizzati «per questioni che abbiano una vera finalità sociale. Qui non abbiamo una mobilità pubblica. C’era il vecchio sistema delle linee taurensi che potrebbero essere riconvertite in metropolitana leggera, una scelta strategica che potrebbe rivelarsi intelligente per mettere in connessione i comuni. Mi piace di meno l’idea del Ponte sullo Stretto, chi c’è dietro la progettazione di un’opera che non si farà mai?».

Il piano simbolico non può essere sostitutivo di politiche concrete, entrambi i livelli servono alla crescita di una comunità nel contrasto, anche sul piano culturale, della criminalità organizzata.

«Nessuno ha la bacchetta magica ma la comunità, lentamente, sta diventando mentalmente più libera». Su una scalinata del centro storico un graffito ha riportato una frase di Peppino Impastato: «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà!». A Impastato due anni fa è stato dedicato un parco strappato al degrado. «È stata una festa con Giovanni Impastato e Cisco dei Modena City Rambles che ci ha fatto ballare tutti mentre cantavano “I Cento passi”», ricorda Conia. E ancora le parole di Impastato, nel 2018, Conia le ha fatte risuonare al S. Carlo di Napoli, durante un evento in memoria di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” ucciso dalla camorra: «Quando abbiamo sentito il nostro sindaco gridare che “la mafia è una montagna di merda” abbiamo capito che stavamo cominciando a risorgere su nuovi presupposti».

I diritti a Cinquefrondi vanno di pari passo con la cultura dell'accoglienza, ecco perché l'amministrazione ha deciso di attivare il sistema Sprar da sei anni, uno dei primi atti della Giunta dopo l’elezione al primo mandato. Flussi di nigeriani, pakistani e kurdi. La cooperativa Sankara, prima, e ReCoSol, poi, la Rete dei comuni solidali lo gestiscono e, ad esempio con le borse lavoro, provano a sottrarre i richiedenti asilo al mercato nero delle braccia.

La scelta di gestire piccoli numeri consente di avere rapporti personali con gli ospiti sottratti alle condizioni vergognose delle vicine tendopoli di San Ferdinando e Rosarno, «dove lo sfruttamento è spesso anche in mano alla criminalità organizzata perché mancano strumenti di sostegno e di prevenzione. Qui non abbiamo avuto, grazie a una gestione a misura d’uomo, episodi di contestazione da parte del paese nonostante qualche tentativo di speculazione politica all’inizio».

In questo comune la più grande comunità straniera, il 55 per cento del totale, è quella bulgara che ha ripopolato il centro storico. «Sono a tutti gli effetti nostri concittadini – spiega il sindaco – lavorano, escono con noi, i bambini frequentano le attività scolastiche. Tutto questo ha comportato una serie di altre questioni, per esempio qui è stato aperto Thabarwa nature centre, un grosso centro buddista, dicono sia il più grande del Sud, dopo Napoli. Tutto ciò è strettamente legato ad una serie di scelte che abbiamo fatto». La settimana scorsa Cinquefrondi ha dato la cittadinanza onoraria a Zaki, il ricercatore egiziano, prima ancora una sua assessora è partita da Salonicco per una carovana di solidarietà con le donne di Kobane. 

Il futuro di Cinquefrondi è legato alle buone prassi. Le case a un euro e due progetti grossi per il centro storico «con regole certe da cui non si deroga, questa è stata la novità», ripetono i nostri due interlocutori. «Il bando delle case a un euro risale a quasi quattro anni fa ma è stato senza risposte fino all’anno scorso – ricorda il sindaco – finché non è arrivata una giornalista della Cnn che ha fatto un servizio e dopo due ore dalla messa in onda ci siamo ritrovati mail e telefoni intasati e quasi 30mila domande. Ma ci sono regole precise per evitare speculazioni: le prime case verranno assegnate prestissimo, mancano solo i tempi burocratici degli atti notarili».

Da tutto ciò sorgerà il Borgo della multiculturalità: «Ci siamo immaginati un anfiteatro, un albergo diffuso, residenze artistiche nelle case oggi abbandonate e percorsi che partono da una casa confiscata e arrivano alla Casa della cultura, che prima non c’era, passando per la mediateca. La cultura al posto delle manette, facendo società e creando economia per sconfiggere la criminalità – continua Conia –. Non ho mai visto, tranne rarissime eccezioni, qualcuno entrare in carcere anche per sciocchezze, e uscirne meno pericoloso. Un anfiteatro è un’idea più incisiva della costruzione di un carcere. C’è una costante collaborazione con la caserma dei carabinieri ma un atteggiamento repressivo non mi appartiene culturalmente, credo che le iniziative sociali e culturali, con le associazioni, nelle scuole, con i più giovani, funzionino più di una retata o di una passerella di politici. Per questo, il 21 marzo scorso, abbiamo deciso di far leggere i nomi delle oltre mille vittime innocenti di tutte le mafie agli alunni delle scuole proprio per renderli partecipi. Ancora oggi uno striscione con quei nomi campeggia sul portone delle elementari».

«Tutte le scelte, fin dall’inizio, sono sembrate utopistiche a chi voleva criticare la nuova amministrazione ma noi abbiamo applicato il metodo della democrazia partecipata per cui qualunque scelta passa per le assemblee dei cittadini e viene comunicata con tutti i mezzi disponibili, abbiamo un filo diretto». Un metodo che, a settembre 2020, ha permesso la rielezione di Conia con il maggior consenso, il 75 per cento dei voti, nella storia di un comune che, da quando esiste l’elezione diretta del sindaco, non aveva mai assistito a una riconferma del sindaco uscente. «Quindi i cittadini hanno compreso sia le scelte simboliche sia i fatti concreti», dice ancora.

Alcune di queste scelte hanno valso al sindaco minacce di morte, scritte lugubri sui muri e danni all’automobile, «per esempio quando ha emesso l’ordinanza per limitare gli orari di apertura per le slot machine, o già dopo pochi mesi dall’insediamento quando qualcuno ha anche tagliato i tubi dell’acqua alla casa di campagna dei suoi genitori. L’ultima intimidazione 48 ore prima di questa intervista contro l’autovettura di un assessore. Ma la reazione dei cittadini, fin dal primo episodio, ha sempre raggiunto il Palazzo del Comune.

«Dietro tutto questo – riprende Cordiano - c’è una mole di lavoro e di difficoltà. Se da un lato devi proteggere, dall’altro devi includere gli “indigeni”, che all’inizio continuavano a dire no a un progetto di questo tipo e anche tra noi stessi c’è stato qualche momento di frizione».

«La strategia vincente – conclude Conia – è stata quella di essersi ripresi il territorio, aver liberato una serie di spazi che erano abbandonati e averli restituiti alla cittadinanza grazie ai bandi e alla creazione di spazi sociali. Sono convinto che la criminalità la sconfiggi quando la fai indietreggiare. Si sente più forte quanto più è pervasiva e noi on abbiamo mai arretrato di un millimetro». Dopo le minacce di morte Conia è uscito con un post: “Non mi avete fatto niente”, «devi dimostrare di essere forte e di essere unito ai cittadini», dice congedandosi.

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