Il metodo Bergoglio del dialogo fra confessioni differenti per superare conflitti e contrapposizioni, sta facendo scuola anche fra i musulmani. È quanto emerge dalle parole pronunciate dal grande imam di Al Azhar, la prestigiosa università sunnita del Cairo, Ahmed al Tayyeb, in Bahrain, dove si è recato in vista il papa per prendere parte, fra le altre cose, al Forum per il dialogo fra oriente e occidente svoltosi ad Awali. Nell’occasione, al Tayyeb ha proposto al mondo musulmano di aprirsi a un serio dialogo intra islamico per superare visioni settarie e identitarie e affrontare un percorso comune, evitando le strumentalizzazioni politiche della fede. È l’embrione di una sorta di ecumenismo islamico tanto più rilevante perché il religioso sunnita si è rivolto apertamente anche agli sciiti. Un fatto inedito e estremante significativo in un medio oriente scosso da conflitti confessionali e etnici che spesso hanno mascherato lotte di potere e contrapposizioni politiche.

Il dialogo islamico

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Intervenendo al Forum per il dialogo fra oriente e occidente, infatti, al Tayyeb ha affermato: «Rivolgo il mio appello ai miei fratelli, i giuristi musulmani di tutto il mondo, indipendentemente dalle loro sette e scuole, a tenere un dialogo “islamico-islamico” serio, un dialogo a favore dell’unità, del riavvicinamento, un dialogo per la fratellanza religiosa e umana, in cui si respingono le cause della divisione, della sedizione e del conflitto settario e che si concentra sui punti di accordo e di incontro».

«Dovremmo perdonarci – ha aggiunto – e scusarci a vicenda per le cose su cui non concordiamo, e per le conseguenze che da ciò derivano; dovremmo fermare i discorsi di odio, le provocazioni e le infedeltà, tenendo presente la necessità di superare i conflitti storici e contemporanei con tutti i loro problemi e sedimenti».

Il dialogo con gli sciiti

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Poi l’importante appello rivolto agli sciiti: «Rivolgo questo invito a tutti, e in particolare ai nostri compagni musulmani sciiti. Sono pronto, insieme ai giuristi di massima autorità di Al-Azhar e al Consiglio degli anziani musulmani, a tenere un tale incontro con il cuore aperto e le mani tese. Sediamoci insieme allo stesso tavolo per superare le differenze e rafforzare la questione islamica e l’unità delle posizioni realistiche, che soddisfano gli scopi dell'Islam e della sua legge, e vietano ai musulmani di ascoltare gli appelli di divisione e discordia; e per guardarsi dal cadere nelle trappole che causano instabilità nelle nazioni, dall'uso della religione per raggiungere un fine etnico o settario, e dall'interferire negli affari interni per indebolire la sovranità degli stati o per usurparne le terre».

Al Tayyeb e il papa

Va ricordato che il grande imam di Al Azhar, firmò con papa Francesco, il Documento per la fratellanza umana e la pace mondiale ad Abu Dhabi nel 2019, un testo nel quale oltre ai consueti riferimenti al rifiuto della violenza e delle guerre provocate in nome della religione, si toccavano questioni come il rispetto dei diritti umani, il principio di cittadinanza, il pieno riconoscimento dei diritti delle donne, la libertà religiosa, ovunque nel mondo, in occidente come in oriente.

Da rilevare che il Regno del Bahrein, nel golfo Persico, è una monarchia governata dal re del Hamad bin Isa Al Khalifa che ha accolto il papa; la famiglia regnante e i gangli del potere dello stato, sono in mano alla minoranza sunnita mentre gran parte della popolazione è di fede sunnita.

In questo contesto – e più in generale nell’area mediorientale – acquistano particolare peso le parole pronunciate dal papa nella prima tappa del suo viaggio (3-6 novembre), quando di fronte alle autorità politiche e istituzionale del paese ha affermato che le norme relative alla libertà religiosa sono «impegni da tradurre costantemente in pratica, perché la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi. Penso anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata».

D’altro canto, le parole di Francesco e quelle di al Tayyeb, cadono in una regione del mondo – dallo Yemen all’Iraq, dalla Siria al Libano – devastata da conflitti etnico-religiosi, mentre i poteri di turno cercano di conservare i loro privilegi poggiandosi su conflitti interni esasperati da forme di estremismo e fondamentalismo religioso spesso utilizzati come strumenti di dominio.

Sullo sfondo restano Iran e Arabia Saudita che si fronteggiano alimentando o sfruttando ad arte i conflitti locali. Da ricordare che nel marzo 2021, papa Francesco incontrò a Najaf, in Iraq, il grande imam sciita al-Sitstani, storica guida religiosa del paese favorevole all’indipendenza dell’Iraq da ogni ingerenza esterna, compresa quella di Teheran.

Durante l’incontro con i leader islamici in Bahrein il papa, da parte sua ha affermato, ha affermato: «Credo che abbiamo sempre più bisogno di incontrarci, di conoscerci e di prenderci a cuore, di mettere la realtà davanti alle idee e le persone prima delle opinioni, l’apertura al cielo prima delle distanze in terra: un futuro di fraternità davanti a un passato di ostilità, superando i pregiudizi e le incomprensioni della storia in nome di colui che è fonte di pace».

Bartolomeo e l’Ucraina

In Bahrein, inoltre, era presente anche Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli, storico interlocutore ortodosso di Francesco. Un incontro importante quello fra i due leader cristiani, anche per i suoi risvolti relativi al conflitto in Ucraina.

La guerra, infatti, è stata anticipata da uno scisma in senso alle chiese ortodosse ucraine, divise fra fedeltà a Bartolomeo e al patriarca russo Kirill, scisma che ha diviso in modo drammatico l’ortodossia di Mosca da quella di Costantinopoli.

Lo stesso Francesco, tornando a parlare della guerra ha poi affermato: «Un paradosso colpisce: mentre la maggior parte della popolazione mondiale si trova unita dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, nonché da un’ingiustizia planetaria sempre più scandalosa, pochi potenti si concentrano in una lotta risoluta per interessi di parte, riesumando linguaggi obsoleti, ridisegnando zone d’influenza e blocchi contrapposti. Sembra così di assistere a uno scenario drammaticamente infantile: nel giardino dell’umanità, anziché curare l’insieme, si gioca con il fuoco, con missili e bombe, con armi che provocano pianto e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio». Un forte appello per l’apertura di negoziati che fermino il conflitto in corso in Ucraina, è poi venuto dal grande imam di Al Azhar.

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