Sul calendario di Silvio Berlusconi c’è una data segnata in rosso: 17 novembre. Quel giorno a Roma si terrà l’udienza finale del processo che lo vede imputato per corruzione in atti giudiziari, reato che prevede una pena che va dai sei ai dodici anni. È uno dei quattro procedimenti ancora in corso che lo vedono coinvolto. Il 17 novembre sono previste la requisitoria del pubblico ministero, Roberto Felici, le arringhe della difesa e le giudici potrebbero riunirsi in camera di consiglio per emettere la sentenza.

Nulla è certo visto che i tempi del processo, a causa delle continue istanze di legittimo impedimento, si sono allungati a dismisura. Nel 2019 Berlusconi ha chiesto e ottenuto il rinvio per ragioni politiche, era impegnato nella campagna elettorale per le europee e non poteva partecipare all’udienza in programma il 16 maggio.

Tra il 2020 e il 2021, invece, il suo stato di salute ha avuto un peggioramento a causa del Covid, di una depressione ricorrente, dell’aritmia, dell’umore deflesso. Per l’ex premier, difeso dagli avvocati Franco Coppi e Federico Cecconi, sono stati due anni complicati come ha evidenziato la consulenza medica, depositata nel maggio 2021, che gli ha consentito un ulteriore rinvio.

In corrispondenza di un’udienza l’aumento dei battiti e della tensione, cui sono seguiti malessere e ricoveri, gli hanno impedito di partecipare al dibattimento. Una situazione che, visto che «l’imputato è assolutamente impedito per motivi di salute a comparire a processo» (così aveva spiegato la presidente), aveva portato allo stralcio momentaneo della sua posizione pur di continuare l’istruttoria. E adesso?

Il 17 novembre

Berlusconi ha passato gli ultimi giorni a cercare di mettere in difficoltà Giorgia Meloni. Ha preteso di inserire tra i ministri Licia Ronzulli, la fedelissima di Arcore. Ha chiesto il ministero della Giustizia e quello dello Sviluppo economico, fondamentali per le priorità: i processi e le televisione. Ha parlato con preoccupante disinvoltura dei suoi rapporti con Vladimir Putin e dello scambio di doni. Vodka e Lambrusco.

Insomma sarà complicato presentare una nuova istanza di legittimo impedimento per motivi di salute. Ma l’ex Cavaliere, che è tornato in parlamento da dove era stato cacciato nel 2013 a causa di una condanna a quattro anni per frode fiscale, potrebbe essere aiutato dal calendario del Senato. Nel frattempo dovrà concentrarsi, e non poco, su un’altra battaglia che lo interessa: quella per i posti di sottogoverno e, in particolare, per ottenere un sottosegretario, o un viceministro, al ministero della Giustizia.

Il leader di FI, non è un segreto, vorrebbe eliminare la legge Severino, che ha portato alla sua espulsione dopo la condanna. Il neo guardasigilli Carlo Nordio, però, ha già fatto sapere che non considera questa una priorità.

Le accuse

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Certo, una nuova condanna in primo grado non produrrebbe nuovamente la decadenza di Berlusconi da senatore, ma sarebbe ovviamente meglio evitarla. Tutto è nelle mani delle giudici Anna Maria Pazienza, Barbara Bennato, Maria Rubera, che devono valutare se i soldi versati a Mariano Apicella, il “menestrello” di Arcore, dall’ex premier, siano frutto della magnanimità d’animo del leader di FI oppure un pagamento per la falsa testimonianza che Apicella avrebbe reso nei processi milanesi a carico di Berlusconi, Emilio Fede e Nicole Minetti per le “cene eleganti” a base di bunga bunga.

«Apicella deponendo come testimone dinanzi all’autorità giudiziaria affermava il falso o negava il vero con riferimento alle cene tenutesi nel periodo compreso tra il febbraio 2010 e il gennaio 2011 presso l’abitazione di Silvio Berlusconi sita in Arcore nonché al dopocena svoltosi il 6 gennaio 2011 nella saletta sita al piano seminterrato della stessa (dotata di palo da lap dance, divanetti e angolo bar). Falsamente negava di aver visto alcuna delle ragazze presenti denudarsi totalmente o parzialmente, toccarsi con altre ragazze, farsi toccare da Silvio Berlusconi o Emilio Fede o toccare gli stessi», si legge nell’atto d’accusa firmato anche dall’allora procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone.

I versamenti sono iniziati nel novembre 2011 e si sono prolungati fino al gennaio 2016, anni nei quali Apicella ha ricevuto 3.100 euro al mese «per un ammontare complessivo non inferiore a 157.500 euro», dal conto corrente intestato da Silvio Berlusconi.

Apicella è accusato di falsa testimonianza e, con l’ex Cavaliere, di corruzione in atti giudiziari. Berlusconi avrebbe promesso e corrisposto al cantante, come pubblico ufficiale in quanto testimone nei processi (ammesso con provvedimento del giudice), gli importi citati. Nel processo, tra le persone offese, c’è proprio il ministero della Giustizia, attraverso l’Avvocatura generale dello stato.

Nell’udienza dello scorso 11 luglio la presidente ha chiesto al pubblico ministero di produrre alcuni documenti, citati nel decreto che dispone il giudizio, ma che non erano ancora stati depositati dopo quattro anni di dibattimento. L’ultima udienza si è svolta il 6 settembre con l’acquisizione del materiale di prova richiesto e adesso si attende, il prossimo 17 novembre, la discussione finale.

Gli altri guai

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In campagna elettorale si è molto parlato del “rischio democratura” in caso di vittoria di Meloni ma, a ben vedere, a minare la credibilità interna ed esterna del nuovo esecutivo e del paese, è sempre Berlusconi. In questo momento è indagato per strage a Firenze, insieme con il fido amico Marcello Dell’Utri. Entro l’anno i pubblici ministeri dovranno decidere se inviargli l’avviso di conclusione delle indagini, preludio al rinvio a giudizio, oppure chiedere l’archiviazione (come già successo in passato).

L’indagine mira a chiarire il ruolo di soggetti esterni nella campagna stragista condotta dalla mafia nel 1993 con gli attentati a Firenze, Roma e Milano. Ma si tratta solo di un’indagine. I processi, invece, sono quattro: uno a Milano dove i pubblici ministeri hanno chiesto la condanna a sei anni per corruzione, un altro a Siena (dopo l’assoluzione di primo grado), il terzo a Bari, il quarto, per l’appunto, a Roma. Dove il prossimo 17 novembre si terrà l’udienza decisiva. Salute e Senato permettendo.

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