Non si può costruire all’interno di un’area ambientale pregiata e tutelata anche quando chi intende farlo ha acquisito il diritto all’edificazione in maniera del tutto legittima. In una sentenza emessa pochi giorni prima di Natale la Corte costituzionale ha fissato con autorevolezza un principio pesante. Messi a confronto due diritti come quello a edificare sulla base di permessi ottenuti in maniera formalmente corretta e quello del rispetto del territorio pregiato e dell’ambiente, secondo la Consulta alla fine è quest’ultimo che deve prevalere.

La sentenza riguarda un contenzioso aperto da anni tra la regione Lazio da una parte e Dea Capital Real Estate del gruppo De Agostini dall’altra. Per estensione il pronunciamento della Corte interessa molto da vicino, anche se in via indiretta, un altro contenzioso delicato del tutto simile aperto da anni. Anzi, interessa i molti contenziosi avviati (almeno tre) che riguardano il raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino e la costruzione della quarta pista. Il 20 gennaio il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Tar) si riunirà di nuovo ed è previsto emetta una sentenza. Difficile possa ignorare le valutazioni della Consulta.

Il caso Marino

Le due storie hanno parecchi punti in comune. In forza di permessi ottenuti nel 2013 dal comune di Marino, Dea Capital doveva effettuare un grande intervento edilizio che aveva chiamato “eco-quartiere”: 500 alloggi con un investimento di 330 milioni di euro. Su quell’area, però, cinque anni più tardi la regione Lazio guidata dal segretario Pd Nicola Zingaretti ha deciso di effettuare un ampliamento del parco dell’Appia antica. La scelta regionale ha inevitabilmente innescato un braccio di ferro tra interessi legittimi contrapposti, una vertenza risolta in maniera netta a vantaggio della regione dalla Corte costituzionale (redattrice Daria De Petris).

In una nota di commento diffusa dagli uffici della Consulta la faccenda è spiegata in modo limpido: «La regione Lazio non ha violato la Costituzione nell’ampliare il parco dell’Appia antica, impedendo la realizzazione di un programma edilizio già approvato dal comune di Marino e dalla regione stessa». Mentre sempre a giudizio della Corte costituzionale il Tar del Lazio che avrebbe dovuto dirimere il contenzioso ha espresso dubbi infondati sulla legittimità della norma con cui la regione ha effettuato l’ampliamento del parco. Nel dettaglio la sentenza della Consulta fa riferimento all’articolo 9 della Costituzione quello che tutela «il paesaggio e il patrimonio artistico della nazione» e spiega: «Alla realizzazione di questo obiettivo non può opporsi l’eventuale approvazione di un progetto di trasformazione edilizia che, ove realizzata, metterebbe a repentaglio il pregio ambientale dell’area e si porrebbe quindi in contraddizione con l’avvenuto riconoscimento del suo valore».

Volere volare

A Fiumicino il raddoppio dell’aeroporto e la quarta pista sono voluti da Aeroporti di Roma (AdR) società dei Benetton che gestisce lo scalo, e dall’Enac, l’ente per l’aviazione civile. Come a Marino anche a Fiumicino i progetti edificatori insistono quasi per intero su aree tutelate, in questo caso i terreni della riserva statale naturale del litorale romano. E come a Marino pure a Fiumicino una parte della zona interessata dai piani aeroportuali approvati nel 2012 con un decreto del governo, l’anno successivo è stata sottoposta a un cambiamento: una “riperimetrazione” che ha comportato un innalzamento dei vincoli ambientali. Le aree classificate come zona 2, cioè con una tutela del territorio che esclude interventi «di rilevante trasformazione», sono diventate zona 1 che implica un innalzamento massimo della tutela e un divieto per qualsiasi tipo di intervento. Il cambiamento è stato promosso dal comune di Fiumicino e dalla regione Lazio e approvato con decreto dal ministro dell’Ambiente.

I ricorsi avviati al Tar del Lazio dalla società Aeroporti di Roma e dall’ente dell’aviazione puntano a cancellare l’innalzamento della tutela sulla Riserva del litorale con argomentazioni in alcuni casi pittoresche. Come, per esempio, quella per cui il progetto di ampliamento sarebbe stato addirittura concepito prima dell’istituzione della Riserva naturale, cioè addirittura prima del 1996. E che questo primato nell’ideazione sarebbe più forte delle leggi approvate in seguito dal parlamento. O come la tesi per cui l’ampliamento dell’aeroporto con nuove piste, nuova stazione, alberghi, centri commerciali e altro, sparsi su 1.300 ettari, non danneggerebbe la Riserva, ma migliorerebbe l’ambiente.

Le differenze

Tra le storie di Marino e Fiumicino, per la verità, qualche differenza importante c’è. Mentre a Marino il diritto all’edificazione era stato formalmente acquisito da Dea Capital in tutte le sue parti, a Fiumicino no. Il progetto del raddoppio dell’aeroporto ha avuto alla vigilia di Natale del 2012 l’assenso del governo Monti con un decreto della presidenza del Consiglio che però è stato rilasciato senza che fosse stata eseguita una valutazione di impatto ambientale (Via) che è obbligatoria per legge. Anche l’Enac ha dato il suo ok al Masterplan di Fiumicino senza preoccuparsi della Via, salvo poi chiedere la valutazione in un secondo tempo con un cortocircuito logico.

Le azioni legali di AdR ed Enac inseguono passo passo i no istituzionali al raddoppio. Il 25 ottobre 2019 la Commissione tecnica di valutazione dell’impatto ambientale ha bocciato il progetto di Aeroporti di Roma ed Enac. All’inizio del 2020 il commissario ad acta, Vito Consoli, ha varato il decreto per il piano di gestione e il regolamento della Riserva.

Il 21 agosto il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, area Cinque stelle, e il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini (Pd), in un decreto con cui recepivano il parere della Commissione Via hanno espresso un «giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del Masterplan dell’aeroporto di Fiumicino».

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