Su Domani prosegue il Blog mafie, da un'idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l'associazione cosa vostra. In questa serie, seguiamo gli sviluppi del processo Borsellino quater, dopo la strage di via d'Amelio: uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana.

Già si è visto, analizzando l’articolato racconto di Gaspare Spatuzza sulla preparazione della strage di via D’Amelio, come si tratti di dichiarazioni provenienti da una fonte assolutamente credibile, che si è autoaccusata, innanzitutto, della partecipazione ad un eccidio per il quale lo stesso Spatuzza non sarebbe mai stato perseguito (attese le responsabilità già irrevocabilmente accertate nei precedenti processi per questi fatti), dando molteplici spunti all’autorità giudiziaria, per riscontare positivamente le sue dichiarazioni (logiche, coerenti, circostanziate, precise e continue) e mettendo così in discussione una parte di quanto veniva accertato dalle precedenti sentenze irrevocabili sulla strage di via D’Amelio.

Del pari, sono stati diffusamente analizzati i motivi della ritenuta attendibilità delle medesime dichiarazioni, alla luce delle altre risultanze istruttorie di questo processo e di quelli precedenti, contestualmente confutando i rilievi critici avanzati dalla difesa di Vittorio Tutino, in relazione ad alcune apparenti discrasie nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia o contraddizioni rispetto ad ulteriori risultanze (ad esempio: sulla sistemazione dei freni e la chiusura della portiera della Fiat 126; sul possesso della carta di circolazione della medesima automobile, da parte della proprietaria; sulla chiusura del portone d’accesso alla carrozzeria di Giuseppe Orofino; etc…).

Ancora, sono stati singolarmente analizzati e valutati anche gli ulteriori elementi di prova, richiesti dalla legge, a conferma della chiamata in correità di Gaspare Spatuzza, superando (ancora una volta) i rilievi critici della difesa sulla collaborazione di Tullio Cannella (per un suo potenziale interesse all’accusa) e su quelle, sopravvenute nel corso del dibattimento, di Vito Galatolo (per la progressione dichiarativa) e Francesco Raimo (soprattutto per la tardività della sua dichiarazione, fatta ad un anno dalla chiusura del verbale illustrativo).

Inoltre, sono state prese in considerazione anche le dichiarazioni rese dall’imputato, negli esami dibattimentali (come detto, anche in quello del procedimento c.d. Capaci bis, oltre che in questo dibattimento) e nel suo confronto con due dei suoi accusatori (Gaspare Spatuzza e Vito Galatolo).

Il contributo di Tutino all’attentato

[…] la Corte d’Assise ritiene ampiamente comprovato, oltre ogni ragionevole dubbio, il rilevante contributo materiale fornito da Vittorio Tutino alla preparazione della strage del 19 luglio 1992 e -conseguentemente- nella devastazione di autovetture ed immobili, realizzata in via D’Amelio ed, ancora, il suo concorso, di tipo morale, nella detenzione e porto in luogo pubblico dell’ingente quantità di esplosivo stipato nel portabagagli della Fiat 126, appunto procurando quest’ultima autobomba ed una parte del materiale necessario a farla esplodere a distanza (le due batterie e l’antennino), oltre alle targhe da apporre alla stessa (per dissimularne la presenza), con la consapevolezza e la volontà di mettere in pericolo l’incolumità pubblica, accettando anche di devastare tutto quanto si trovasse nei pressi della deflagrazione e, come si vedrà di qui a breve, con la chiara intenzione di uccidere taluno.

[...] vanno evidenziati i seguenti elementi, che fanno concludere -senza alcun ragionevole dubbio- per la piena consapevolezza, da parte dell’imputato, della destinazione dell’autovettura rubata assieme a Gaspare Spatuzza al compimento di un attentato da porre in essere con l’esplosivo e sulla pubblica via, con modalità tali da mettere in pericolo l’incolumità pubblica e con la chiara e precisa intenzione di uccidere taluno, anche devastando quanto presente nei paraggi della deflagrazione.

In tal senso, si deve evidenziare che:

 già nel corso del mese di giugno del 1992, Vittorio Tutino sapeva che si doveva realizzare qualcosa di molto eclatante, proprio in via Mariano D’Amelio, e per tale motivo faceva in modo che i suoi cognati non frequentassero più, come facevano d’abitudine, prima d’allora, il parcheggio gestito dai Galatolo, ad appena 100/200 metri, in linea d’aria, dal luogo dell’esplosione, raccomandando pure a Vito Galatolo di non avere più “niente a che fare in questo posteggio”;

 appunto, dopo aver fatto in modo che i propri cognati non frequentassero più il parcheggio vicino alla via Mariano D’Amelio ed aver consigliato anche a Vito Galatolo di non recarvisi più, Vittorio Tutino, assieme a Gaspare Spatuzza, rubava la Fiat 126, nei primi giorni del mese di luglio 1992 e veniva pure incaricato, nello stesso contesto, di procurare due batterie ed un’antennino, strumenti essenziali per alimentare e collegare i micidiali dispositivi, destinati a far brillare il materiale esplosivo;

 ancora, sabato 18 luglio 1992, dopo aver consegnato le due batterie e l’antennino a Gaspare Spatuzza, Vittorio Tutino andava con lui a rubare delle targhe di un’altra Fiat 126;

 infine, l’imputato veniva anche avvisato di “non passare per strada”, prima della strage di via D’Amelio, come commentava, durante la comune latitanza, con Gaspare Spatuzza (lamentandosi col sodale di non aver nemmeno ricevuto un analogo avvertimento, prima della strage di Capaci).

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